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All’Onu passa (con il no di Ue e Usa) la risoluzione dei Paesi africani per riscrivere le regole fiscali globali e combattere i paradisi

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L’assemblea delle Nazioni Unite ha votato a larga maggioranza, con 125 favorevoli, 48 contrari e 9 astenuti, una risoluzione promossa dai Paesi africani che chiede di creare una convenzione quadro sulla tassazione globale per riscrivere le regole attuali e renderle “inclusive ed efficaci”. L’obiettivo è combattere paradisi fiscali e abusi di super ricchi e multinazionali. Una svolta che era stata auspicata dall’economista Premio Nobel Joseph Stiglitz, co presidente dell’Independent commission for the reform of international corporate taxation, secondo cui la nuova architettura fiscale globale negoziata da 140 Paesi in sede Ocse e concordata due anni fa a livello del G7 e del G20 è inefficace e iniqua perché porterà scarsissimi vantaggi ai Paesi poveri e in via di sviluppo.
L’Italia ha votato contro come il resto d’Europa, dove l’anno prossimo entrerà in vigore la tassa minima del 15% sulle multinazionali fortemente indebolita dalle esenzioni e scappatoie inserite in corsa. Contrari anche gli Stati Uniti, che non hanno ratificato l’accordo Ocse, e il Regno Unito. La Cina ha votato a favore.
“Questa è una vittoria storica dei paesi del Sud del mondo a beneficio delle persone di tutto il mondo”, ha commentato Alex Cobham, amministratore delegato del Tax Justice Network. “I paradisi fiscali e i lobbisti aziendali hanno esercitato per troppo tempo troppa influenza sulla politica fiscale globale dell’Ocse. Oggi iniziamo a riprendere il potere sulle norme fiscali globali che riguardano tutti noi”. Secondo l‘Unione africana “la lotta decennale dei paesi del Sud del mondo per istituire un processo pienamente inclusivo presso le Nazioni Unite per partecipare alla definizione dell’agenda e alla definizione delle norme sulla tassazione internazionale è ora una realtà”.