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Rischio boomerang sul rientro dei cervelli

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Il governo ha proposto modifiche alla misura che favorisce il rientro dei cervelli. Alcune sono positive, altre rischiano di vanificare l’investimento degli ultimi anni. Come convincere chi è tornato a rimanere in Italia dopo la scadenza degli incentivi.

Il costo “contabile” degli incentivi

In questi giorni si discute della proposta del governo di modificare gli incentivi fiscali per il rientro del capitale umano, un’inversione di tendenza rispetto ai precedenti interventi che avevano rafforzato gli sgravi. Ma quanto costano questi incentivi? E quali benefici portano?

Secondo le stime del ministero dell’Economia e delle Finanze, nell’ultimo anno per cui sono disponibili dati, gli incentivi sono costati 674 milioni. Il valore “contabile” si ottiene moltiplicando il numero di beneficiari per il reddito medio lordo e applicando la riduzione dell’aliquota media generata dallo sgravio. Analizziamo quindi queste componenti.

Il numero di beneficiari è più che quadruplicato negli ultimi anni, raggiungendo le 20 mila unità nel 2021, come mostra la figura 1. L’aumento è concentrato nel triennio 2019-2021, dopo che il Dl Crescita del primo governo Conte (aprile 2019) ha ampliato la platea dei beneficiari e reso più generosi gli incentivi. Nello specifico, il decreto ha alzato la percentuale di esenzione dal 50 al 70 per cento (90 per cento per chi si trasferisce al Sud) ed esteso la durata massima degli incentivi (quella minima è sempre di 5 anni) da 5 anni a 13 per gli impatriati con figli che acquistano la prima casa (premiando quindi il radicamento).

La figura 1 mostra anche il reddito medio lordo dichiarato dagli impatriati, che in media ammonta a 120 mila euro. Mettendo insieme questi dati, possiamo quindi interpretare la figura 2, che indica il costo degli incentivi stimato dal Mef. Il costo complessivo è triplicato con l’entrata in vigore del decreto Crescita nel 2020, raggiungendo 674 milioni nel 2020 (e probabilmente oltre un miliardo dal 2021). La crescita è dovuta non tanto al graduale aumento dei beneficiari (figura 1), quanto alla maggiore generosità del decreto: la linea mostra infatti come il costo medio per beneficiario sia raddoppiato nel 2020, da 22 a 44 mila euro a persona.

Il costo “economico” degli incentivi e i benefici futuri

Tuttavia, è bene sottolineare che questi valori sovrastimano il costo economico, poiché assumono che tutti i beneficiari sarebbero tornati in ogni caso, anche senza gli incentivi. Se ipotizziamo il caso opposto nel quale tutti i beneficiari tornano grazie agli incentivi (altrimenti non rientrano), il costo economico è zero, poiché si tratta di nuovi contribuenti.

Come avevo spiegato in un precedente articolo, basato su uno studio con Jacopo Bassetto, gli incentivi fiscali introdotti nel 2010 con la legge Controesodo sono stati efficaci nell’attrarre espatriati che senza gli incentivi non sarebbero rientrati. Le nostre stime dicono che senza quella misura circa un impatriato su cinque (il 20 per cento) non sarebbe tornato. Se assumiamo che la percentuale sia rimasta invariata, il costo effettivo sarebbe l’80 per cento del totale. Se poi consideriamo il contributo fiscale di questo 20 per cento – ridotto durante gli incentivi e integrale dopo la loro scadenza – il costo effettivo si riduce ulteriormente.

Nel caso del decreto Controesodo, con gli incentivi limitati a 5 anni e ai giovani, il gettito futuro proveniente da quel 20 per cento è teoricamente sufficiente a compensare la perdita sull’80 per cento. Questo perché i giovani hanno un orizzonte contributivo ampio: 35 anni (età media dei “controesodati”) più 5 di incentivi significa 25 anni di tasse prima della pensione, a patto che la maggioranza rimanga in Italia oltre la scadenza degli incentivi. Senza contare che queste persone rientrano con un bagaglio di conoscenze che contribuiscono alla produttività e alla crescita delle imprese che li assumono, nonché ad attrarre altri espatriati e colleghi dall’estero instaurando un circolo virtuoso. In altre parole, gli incentivi ben disegnati sono un investimento: comportano costi nel breve termine, ma generano benefici sostanziali nel medio-lungo termine.

I cambiamenti annunciati dal governo Meloni

In questa ottica, alcuni cambiamenti annunciati dal governo il 16 ottobre vanno nella giusta direzione perché limiterebbero la durata dell’incentivo (a 5 anni), la percentuale di esenzione (al 50 per cento per laureati e lavoratori qualificati, 90 per cento per professori e ricercatori) e introdurrebbero un tetto massimo a 600 mila euro, che limiterebbe l’effetto regressivo delle misure.

Tuttavia, l’incertezza causata da una comunicazione poco chiara – ad esempio su cosa significhi “lavoratori qualificati” -, nonché dalla prospettiva che le misure possano cambiare ancora in futuro, rischia di vanificare gli sforzi (e i costi) di un decennio di incentivi fiscali e di penalizzare ingiustamente chi ha deciso di rientrare nei prossimi mesi.

Per evitare invece che chi è rientrato grazie agli sgravi se ne vada al loro scadere – cosa che sostanzialmente vanifica i benefici –, si potrebbe introdurre un décalage, ad esempio prevedendo una riduzione graduale della percentuale di esenzione dopo i 5 anni. Inoltre, si potrebbe riconsiderare un limite di età (come nella legge Controesodo) o prevedere incentivi più generosi per i giovani.

Invece mantenere invariato il regime per gli sportivi professionisti (molti dei quali guadagnano certamente più di 600 mila euro) – introdotto anch’esso con il Dl Crescita – significa continuare a sussidiare le società calcistiche che assumono giocatori dall’estero, una distorsione che non ha alcuna giustificazione né di efficienza né di equità.

In conclusione, gli incentivi per il rientro del capitale umano sono un buon investimento (un costo oggi con dei benefici domani) se disegnati per attrarre e trattenere espatriati e stranieri che altrimenti non si sarebbero trasferiti in Italia. Ma rimangono pur sempre un palliativo, poiché non affrontano le cause strutturali che spingono così tanti a lasciare il paese.

Fonte: Lavoce.info