Torna il pesce fresco a tavola in tutta Italia con lo stop al fermo pesca che dal 1 ottobre scorso aveva fermato le operazioni nei porti di Liguria, Toscana, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. A darne notizia è Coldiretti Impresapesca nell’annunciare la fine del blocco dal 30 ottobre con la ripresa delle attività delle marinerie da Genova a Livorno, da Napoli a Gioia Tauro, da Palermo a Cagliari.
Via libera dunque lungo tutte le coste a fritture e grigliate a ‘chilometri zero’ realizzate con il pescato locale e meno rischi di ritrovarsi nel piatto, soprattutto al ristorante, prodotto congelato o straniero della stessa specie del nazionale se non addirittura esotico e spacciato per nostrano. Il consiglio è comunque quello di verificare bene le informazioni in etichetta sui banchi di pescherie e supermercati, ma per assicurare reale trasparenza occorrerebbe arrivare all’etichettatura obbligatoria dell’origine anche al ristorante.
Il ritorno all’attività dei pescherecci è comunque complicato, denuncia Coldiretti Impresapesca, dall’impennata del prezzo del gasolio balzato fino a 90 centesimi al litro. Ma a pesare sono anche le nuove linee di indirizzo della Commissione Ue dal nuovo regolamento sui controlli che impone l’obbligo di avere a bordo sistemi di monitoraggio elettronico a distanza, comprese le telecamere a circuito chiuso, fino al divieto del sistema di pesca a strascico e alla restrizione delle aree di pesca con tagli fino al 30% di quelle attuali. Senza dimenticare l’invasione del granchio blu che sta danneggiando gravemente le attività di acquacoltura lungo tutta la Penisola.
Resta poi il problema che l’assetto del fermo pesca 2023 non risponde ancora in tutti gli areali alle esigenze delle aziende né a quelle di sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato di alcune risorse che il fermo vorrebbe tutelare, in una delicata fase di vita, nei 38 anni di fermo pesca non è gran che migliorato nonostante gli sforzi e le restrizioni messe in atto dalla flotta nazionale che ha visto una contrazione perdendo circa il 33% delle unità da pesca e 18000 posti di lavoro.
Il fermo, conclude Coldiretti Impresapesca, non deve essere una mera restrizione dei tempi di pesca, misure già abusate dai regolamenti comunitari, ma deve avere come obiettivo quello di tutelare le risorse target nelle fasi biologiche più importanti quali la nascita e l’ accrescimento dei giovanili, una fase di tutela che non può essere disgiunta dalla attenzione alla sostenibilità economica delle imprese di pesca coinvolte alla misura di fermo e dalla sostenibilità sociale per la tenuta dei territori costieri e delle tante economie collegate alla produzione ittica quali il commercio, la ristorazione, il turismo e la cantieristica. (AGI)