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Helmut Newton. Legacy tra sogni erotici e surrealismo

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L’arte fotografica di un maestro dell’immagine, tra i più amati e celebrati del mondo, a cento anni dalla nascita, arriva nel Museo dell’Ara Pacis di Roma, che ospita, dal 18 ottobre al 10 marzo 2023, l’ampia retrospettiva Helmut Newton. Legacy, ideata per celebrare il fotografo (Berlino, 1920 – Los Angeles, 2004) e posticipata a causa della pandemia.

Un viaggio nella sua vita attraverso oltre 200 scatti, in parte inediti, riviste e documenti, per raccontare con un nuovo sguardo l’unicità e lo stile di un protagonista del Novecento. La mostra, curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti, direttore artistico de Le Stanze della Fotografia di Venezia, è promossa da Roma Capitale, assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Marsilio Arte, organizzata da Zètema Progetto Cultura e Marsilio Arte, in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino. Presenti alla conferenza stampa di presentazione della mostra Matthias Harder, Denis Curti, Federica Pirani, responsabile del settore mostre della sovrintendenza capitolina, Chiara Giudice, responsabile mostre di Marsilio Arte. “Newton ha stravolto l’immaginario collettivo con le sue donne nude, potenti, forti, aggressive – commenta Federica Pirani -. Ma le sue opere sono collegate anche alla storia dell’arte, a Velasquez e a Goya, alla sua Maja desnuda e alla Maja vestida. C’è anche del surrealismo nelle sue immagini, basta guadare la sua campagna per una nota griffe del lusso: mani femminili ingioiellate che tagliano un pollo arrosto”. “In questa mostra sono presenti anche alcune foto inedite – annuncia Harder – alcune scattate a Roma e altre in diverse località italiane”. Harder accenna quindi alla carriera di Newton che comincia in Germania, a Berlino, nello studio di Yva, ritrattista di nudi e fotografa di moda, dove il 16enne Helmut fa il suo apprendistato dal ’36 al ’38. Ma “Per capire davvero Newton – afferma Harder – bisogna ricordare che lui era nato a Berlino nel 1920 da una famiglia ebrea e già a 16 anni lavorava come apprendista da Yva. Nel 1938 fu costretto a lasciare la Germania a causa delle persecuzioni antisemite e dopo un passaggio a Trieste, s’imbarcò verso l’Australia. Negli anni ’60 lavorava per la moda a Parigi e negli anni ’70 si dedicò ai ritratti. Ha creato una narrazione incredibile collegata anche al cinema di Truffaut, di Linch, di Fellini”. “Newton gioca in una settore, la moda – aggiunge Denis Curti – dove ci sono fuoriclasse come Avedon, Richard Cline. Ma per lui la moda esprime un desiderio che induce a pensare ‘voglio essere come quella lì’. Lui inventa un elemento che non esisteva fino ad allora, lo storytelling, il racconto. Prende una modella e la fotografa come una donna che viene fermata alla frontiera. Tutto inventato, anche se per anni lui ha lavorato con la cronaca come fotoreporter. Poi erotizza tutto. Ci fa vedere un mondo proibito dal buco della serratura. La sua prima foto di nudo è del 73. Doveva fotografare degli impermeabili e uno era trasparente. Non perse l’occasione”. Sono 80 le fotografie esposte per la prima volta nella rassegna. Sei i capitoli cronologici che raccontano il suo percorso. Comprendono la serie Big Nudes; gli scatti dedicati alle creazioni di André Courrèges, realizzati per la rivista britannica Queen (1964), le collaborazioni con Yves Saint Laurent, Karl Lagerfeld, Thierry Mugler, Chanel. Un focus è dedicato ai servizi legati al cinema e ai film di Alfred Hitchcock, Francois Truffaut e Federico Fellini. Una sezione è per la ritrattistica con le immagini di Gianni Versace, Andy Warhol, Charlotte Rampling, Romy Schneider, Catherine Deneuve, Mick Jagger, Nastassja Kinski, David Bowie, Elizabeth Taylor, Arthur Miller. Infine, spazio al rapporto di Newton con l’Italia e gli scatti a Montecatini, Firenze, Milano, Capri, Venezia e Roma, come raccontano otto foto della nota serie “Paparazzi”.