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Sospeso l’accorso tra Mosca e Kiev per esportare il cereale

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La Russia revoca il divieto alle esportazioni via mare di diesel a condizione che il produttore fornisca almeno il 50% del gasolio raffinato al mercato interno. Il Parlamento russo potrebbe revocare la ratifica del trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari. Confagricoltura chiede all’Ue di avviare un dialogo con i Brics sul grano

Dalla Russia, in guerra con l’Ucraina, arrivano una buona e una cattiva notizia. Il Paese guidato da Vladimir Putin ha revocato il divieto alle esportazioni via mare di diesel, ritirando la maggior parte delle restrizioni a condizione che il produttore fornisca almeno il 50% del gasolio raffinato al mercato interno. Le limitazioni all’export di benzina, invece, rimangono ancora in vigore. Il diesel è il prodotto più venduto all’estero dalla Russia, che nel 2022 ne ha ceduto circa 35 milioni di tonnellate, di cui quasi i tre quarti attraverso oleodotto.

Mosca ha anche esportato 4,8 milioni di tonnellate di benzina. Dopo l’annuncio il prezzo del petrolio si è mosso verso il basso e alle 14:00 del 6 ottobre è piatto. Le restrizioni russe sulle esportazioni di carburante avevano sostenuto il costo del greggio, insieme ai tagli alla produzione annunciati con l’Arabia Saudita. Adesso il prezzo del Brent si aggira su 84 dollari e quello del Wti intorno a 82 dollari al barile. E dopo la decisione della Russia potrebbe ripiegare ancora verso il basso.

Torna in auge la retorica nucleare

Qui finiscono le buone notizie. La cattiva ha a che fare con l’atomica: la presidenza del Parlamento russo potrebbe revocare la ratifica del trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (Ctbt). Lo rivela il presidente del Parlamento (Duma), Vyacheslav Volodin, che si esprime sul tema dopo le dichiarazioni di Putin sul super missile atomico. Il 5 ottobre il leader del Cremlino ha spiegato che la Russia potrebbe riprendere i test nucleari e ha sottolineato che il Senato americano non ha ancora ratificato il Ctbt.

Un’altra conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina è la guerra del grano. L’accordo tra Mosca e Kiev per esportare il cereale sul Mar Nero è sospeso, con le tensioni che si sono estese anche a livello europeo. Alcuni Stati membri dell’Ue hanno limitato le importazioni ucraine. La decisione ha spinto Kiev a presentare un ricorso formale all’Organizzazione mondiale del commercio contro Polonia, Slovacchia e Ungheria. Di recente, il transito di prodotti ucraini sul territorio polacco è ripreso, ma solo verso gli altri Stati.

Fuori dalla Ue la situazione è in continua evoluzione. In Cina è stoccato oltre il 50% delle giacenze mondiali di grano. Per il mais si sale fino al 68%. Dopo il mancato rinnovo dell’accordo sul grano le esportazioni russe incideranno per il 25% sul totale degli scambi internazionali. Non va poi dimenticato che il Brasile è il primo produttore mondiale di soia e nel 2023 ha conquistato la prima posizione anche per il mais. Inoltre, il 40% della domanda mondiale di riso è coperta dall’India.

In questo scenario, secondo Confagricoltura, «l’Unione Europea dovrebbe avviare un dialogo con i Brics per assicurare con una responsabilità comune la sicurezza alimentare mondiale. Il cibo non deve essere utilizzato come un’arma». Si tratterebbe di un’iniziativa complessa e che in ogni caso richiederà tempo. «Intanto», aggiunge Confagricoltura, «l’Ue dovrebbe assicurare la salvaguardia del proprio potenziale produttivo agricolo, perché in un quadro segnato da grandi incertezze, l’indipendenza alimentare è un fattore di sicurezza».

 

di Luca Carrello – fonte: https://www.milanofinanza.it/