Il governo studia nuovi metodi per il ritiro dal lavoro nel 2024. Il nuovo meccanismo
Una pensione anticipata a 64 anni con 20 di contributi. Soltanto per le donne. Il governo Meloni studia un’altra soluzione per il ritiro. Diversa dall’Ape social al femminile e da Opzione Donna. Che costituirà un anticipo di Quota 84, ovvero la regola generale per chi si trova nel sistema interamente contributivo. Con alcune correzioni: non sarà necessario aver raggiunto un emolumento pari almeno a 2,8 volte quella minima. Ma con lo scivolo ci sarà il ricalcolo con il metodo contributivo. E che secondo le simulazioni dovrebbe avere una ricaduta più contenuta rispetto a Opzione Donna. Che decurtava l’assegno del 20-30% a seconda delle situazioni. Mentre rimane in piedi l’idea del part time negli ultimi due anni di lavoro con l’assunzione di giovani. E l’aumento delle pensioni minime.
I metodi per il ritiro dal lavoro nel 2024
Il Messaggero spiega oggi che nel 2022 le donne avevano la possibilità di uscire dal lavoro anticipatamente con calcolo contributivo dell’assegno. L’opzione prevedeva un’età di uscita di 58 anni per le lavoratrici dipendenti e di 59 per le autonome. In entrambi i casi con almeno 35 anni di contributi maturati. Nel 2023 si sono aggiunte le agevolazioni per le donne con 35 anni di contributi che sono invalide civili almeno al 74% o che assistono un parente invalido. Per il 2024 adesso le ipotesi sul tavolo sono due. La prima prevede la pensione tra i 60 e i 63 anni di età con 35 di contributi. La seconda invece l’età di 63 anni e 20 di contributi con ricalcolo contributivo dell’assegno. Sul fronte si attende anche il riconoscimento dello 0,8% di conguaglio per allineare gli assegni 2023 all’inflazione effettiva. Non si esclude poi l’ipotesi di una revisione – forse un’ulteriore stretta – del meccanismo di adeguamento (in misura piena solo per quelle più basse) introdotto con la scorsa manovra, che è in vigore per due anni.
Come funziona
Proprio le pensioni, da quanto emerge dalla Nadef, rappresentano una fetta notevole della spesa pubblica, con un impatto sul Pil destinato a crescere nei prossimi anni. Nel medio periodo al 2036, presupponendo una crescita media annua del Pil di circa l’1% la spesa pensionistica è stimata in aumento di 1,9 punti (al 17,3%) rispetto al 2024. Il nuovo meccanismo invece sarebbe più o meno un’Ape sociale dedicata solo alle donne. Il prepensionamento avverrebbe a 63 anni. Ma una volta lasciato il lavoro si percepirebbe un assegno fisso per 12 mensilità con un importo massimo di 1.500 euro, senza rivalutazione. Una volta raggiunta l’età della pensione si passerebbe all’assegno. Ma questo metodo potrebbe avere anche un correttivo.
L’Ape sociale e Opzione Donna
Ovvero la partenza a 60 anni di età invece di 63. Ma, avverte il quotidiano, l’Ape sociale e Opzione Donna valgono soltanto per caregiver e invalide. Quota 84 invece avrebbe un’applicazione più generale. Dal fronte della Legge di Bilancio si registra comunque l’intenzione di confermare Quota 103. Ovvero il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 41 di contributi. Un meccanismo che non favorisce le donne, visto che a quell’età di solito i loro contributi ammontano a 28 anni. Nella contribuzione sarà possibile conteggiare il riscatto della laurea, le agevolazioni delle aziende e la rendita da pensione integrativa. Intanto il governo annuncia un decreto per spendere gli spazi in deficit per 3,2 miliardi nel 2023. L’esecutivo lo farà «attraverso un provvedimento d’urgenza. Saranno destinate, in particolare, al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per i trattamenti pensionistici previsto per l’anno 2024, a misure per il personale delle pubbliche amministrazioni e alla gestione dei flussi migratori», si legge nella Nadef.
Fonte: https://www.open.online/