di Francesca Socrate – Enciclopedia Italiana
Donna politica inglese, nata a Grantham (Lincolnshire) il 13 ottobre 1925. Proveniente da una famiglia di piccola borghesia commerciale agiata, si laureò in chimica a Oxford (1951), seguendo parallelamente un tirocinio legale per specializzarsi in diritto dei brevetti. Alla fine del 1953 superò l’esame di ammissione all’esercizio dell’avvocatura, cui si dedicò fino al 1961. Fin dagli anni universitari militò nel Partito conservatore e nel 1959 venne eletta per la prima volta alla Camera dei Comuni. Dal 1961 al 1964 ricoprì la carica di segretario parlamentare del ministro delle Pensioni e della Previdenza sociale nel governo conservatore di H. Macmillan, e dal 1964 al 1970 fece parte del governo ombra tory con l’incarico di ministro del Gas, carbone, elettricità ed energia nucleare, poi dei Trasporti e, infine, dell’Istruzione e della Scienza. Ministero, quest’ultimo, che guidò tra il 1970 e il 1974 al ritorno dei conservatori al governo. La sua linea politica si era andata delineando in quegli anni in contrapposizione al tradizionale moderatismo conservatore: secondo la T. era infatti necessaria una svolta di politica economica che puntasse a una drastica riduzione del ruolo assistenziale dello stato, a una privatizzazione delle aziende pubbliche nei settori industriale e dei servizi, a una riduzione del carico fiscale e a una nuova normativa per le attività sindacali al fine di favorire una ripresa dell’iniziativa privata. Su questa linea, nel febbraio 1975, in occasione del congresso del Partito conservatore, conquistò la leadership del partito.
Nel clima di forte tensione sociale dei primi mesi del 1979, sfociato in scioperi prolungati nei settori più diversi − dagli ospedali alla scuola, ai servizi −, la posizione della T. contribuì in maniera determinante al grande successo elettorale ottenuto dai conservatori (maggio 1979: 43,9% dei voti, contro il 36,9% dei laburisti e il 13,8% dei liberali). La T. divenne così la prima donna nella storia del Regno Unito ad assumere il ruolo di capo del governo. Il rigido monetarismo e l’impronta decisamente neoliberista del programma elettorale si tradussero in un’azione di governo che da subito impose forti tagli alla spesa pubblica − pari a un miliardo e mezzo di sterline −, avviò la privatizzazione di una serie di imprese pubbliche − in primo luogo nel settore energetico −, ridusse le aliquote fiscali (l’aliquota marginale più alta fu abbassata dall’83% al 60%), aumentò le imposte indirette, abolì ogni controllo valutario, aumentò il costo del denaro. Nonostante i successi ottenuti di lì a poco dalla T. (il tasso d’inflazione, che nel 1979 aveva raggiunto il 17%, scese nel 1981 all’11%) ci furono contraccolpi: il grave aumento della disoccupazione (che dal 6,1% nel 1980 salì al 9,5% nel 1981 e raggiunse nel 1986 l’11,8%) e il ritardo − fino al 1982 − di una ripresa produttiva provocarono forti tensioni sociali, mentre tra gli stessi conservatori emergevano critiche e preoccupazioni nei confronti di una politica per molti versi estranea alla loro stessa tradizione (la spinta a favore dell’iniziativa privata e dell’innovazione sembrava prescindere da costi e sacrifici, l’appoggio e il richiamo alla nuova classe media emergente si ponevano in contrasto con le gerarchie tradizionali, le quali vedevano anche minacciati gli antichi valori dell’Impero, della Chiesa e della Corona, quasi relegati al fondo di una scala di priorità d’impronta profondamente individualistico-liberista). Ma l’attacco argentino alle isole delle Falkland (aprile 1982), cui il governo britannico rispose con un’immediata e vittoriosa operazione militare, rappresentò per la T. l’opportunità di riconquistare l’appoggio di gran parte dell’opinione pubblica, facendo appello alle propensioni nazionalistiche della maggioranza della popolazione. L’area del consenso attorno alla T. si andò così ridefinendo secondo un profilo nuovo, che vedeva insieme, a suo favore, oltre a una classe media alla ricerca di un rapido arricchimento − concentrata soprattutto nel settore terziario in espansione nell’area londinese e meridionale del paese, a fronte di un Nord industriale sull’orlo di un drammatico impoverimento −, anche strati popolari, tradizionalmente laburisti, che rispondevano positivamente agli appelli xenofobi della T. e, soprattutto, alla sua decisa riaffermazione di difesa degli interessi britannici. Questo nuovo blocco sociale, per certi versi trasversale agli schieramenti tradizionali, costituì, nonostante le forti opposizioni, la base di consenso di cui la T. godette per tutto il decennio del suo governo.
Nominata di nuovo primo ministro nel giugno 1983, dopo la vittoria dei conservatori alle elezioni, con il 42,7% dei voti, la T. avviò un nuovo programma (cui diede il nome di ”capitalismo popolare”) che portò a triplicare, fra il 1979 e il 1987, il numero dei proprietari di azioni, e ad aumentare dal 52% al 66% i proprietari di case, attraverso la vendita agevolata di una significativa parte del patrimonio immobiliare municipale a coloro che vi vivevano in affitto. A questi successi in campo economico − il tasso d’inflazione scese nel 1986 al 3,4%, mentre la crescita media del PIL registrava, a partire dal 1981, una percentuale del 3% −, la T. accompagnò una durissima azione politica contro i sindacati: oltre alle nuove leggi che imponevano ai dirigenti delle Unions di ricorrere al voto degli iscritti prima di decidere iniziative di lotta e che proibivano scioperi di solidarietà, nel marzo 1984 ingaggiò uno scontro durissimo con il sindacato dei minatori (guidato da A. Scargill) che uscì drammaticamente sconfitto dopo un anno di sciopero.
La determinazione dimostrate dalla T. in politica interna (non a caso fu denominata la ”lady di ferro”) segnarono anche la sua linea nelle relazioni internazionali. Rafforzò infatti i legami con gli Stati Uniti di R. Reagan, anche sulla base della comune opzione neoliberista; avviò nuovi e più distesi rapporti con l’URSS di M. Gorbačëv; frappose ostacoli al processo di unificazione europea, non solo per esigenze prettamente economiche (una riduzione del contributo britannico al bilancio comune), ma anche per contrastare il terrorismo internazionale che si sarebbe avvantaggiato, a suo parere, dell’abolizione delle frontiere.
Le elezioni anticipate del 1987, svoltesi in un clima di forte contrapposizione con il nuovo Labour party guidato da N. Kinnock, videro ancora una volta la vittoria del Partito conservatore (con il 42,8% dei voti) e la conferma della T. alla guida del paese. Ma le misure annunciate per il suo terzo mandato (che prevedevano forme di privatizzazione nei settori della sanità, dell’istruzione, delle aziende elettriche, idriche e dei servizi professionali), nonché alcuni suoi interventi censori sulla stampa e sui mezzi di comunicazione incontrarono una dura opposizione nel paese e aprirono una fase critica per la sua leadership. Inoltre, mentre gli indicatori economici segnalavano un’inversione di tendenza, un’altra crisi − questa volta all’interno dello stesso Partito conservatore − si apriva sulla duplice questione dell’adesione al Sistema monetario europeo, da lei avversata contro la posizione di una parte del partito e dello stesso governo (luglio 1989, dimissioni del ministro degli Esteri G. Howe), e della politica monetaria (nell’ottobre 1989 si dimise il cancelliere dello Scacchiere N. Lawson, sostituito dal più thatcheriano J. Major).
Le reali avvisaglie di una recessione economica in corso nella seconda metà del 1990, il rovesciamento del rapporto di forza tra conservatori e laburisti nelle elezioni europee svoltesi nel giugno 1989 (45 seggi andarono al Labour party contro 32 ai conservatori) e l’opposizione nel paese all’adozione di una nuova tassa comunale sulla persona (poll tax) portarono, il 22 novembre 1990, alle dimissioni della T. da primo ministro e alla sua sostituzione con J. Major.
Bibl.: H. Harris, A. Seldon, Welfare without the State. A quarter-century of suppressed public choice, Londra 1987; D. Kavanagh, Thatcherism and British politics. The end of consensus?, Oxford 1987; Thatcherism: personality and politics, a cura di K. Minogue e M. Bidiss, Londra 1987; A. Gamble, The free economy and the strong state. The politics of Thatcherism, ivi 1988; S. Hall, The hard road to renewal: Thatcherism and the crisis of the Left, ivi 1988; K. Harris, Thatcher, ivi 1988; P. Jenkins, Mrs Thatcher’s revolution: the ending of the socialist era, Harvard 1988; P. Riddell, The Thatcher decade. How Britain has changed during the 1980’s, Oxford 1989; H. Young, The Iron Lady. A biography of Margaret Thatcher, New York 1989; B. Geelhoed, Margaret Thatcher: in victory and downfall, 1987-1990, New York-Londra 1992; H. Norpoth, Confidence regained: economics. Mrs. Thatcher, and the British voter, Ann Arbor 1992; S. Letwin, The anatomy of Thatcherism, New Brunswick (N.J.) 1993.