Di Enrico Morando
Quando un partito di sinistra entra in una profonda crisi politica, molti dirigenti e militanti cedono alla tentazione di attribuire le difficoltà del presente allo smarrimento -o addirittura al consapevole (e dunque colpevole) abbandono- dell’”identità”. “Chi siamo“ è la domanda dominante in un partito incerto di sé. E la risposta finisce per rinchiudersi dentro l’affermazione di antiche (o la ricerca di nuove) “diversità”. Una ricerca che trasforma il partito di sinistra da partito che ha a cuore le minoranze a partito delle minoranze (E. Kennedy-1985), strutturalmente incapace di fornire una credibile offerta di governo al Paese.
Nel saggio che pubblichiamo come omaggio ad un gigante del riformismo italiano che oggi ci ha lasciato (il saggio è scaricabile da questo link: napolitano_identità), Giorgio Napolitano -nei primi mesi del fatidico 1989- si sforza di dimostrare la sterilità di questo approccio, riferendosi alla crisi politica del PCI, che di lì a poco sarebbe sboccata nella svolta che portò alla nascita del PDS. E lo fa ripercorrendo i tornanti del lungo percorso compiuto in quel partito per giungere -col Congresso del 1986- a dichiararsi “parte integrante della sinistra europea“. Un percorso cui lo stesso Napolitano, proseguendo lo sforzo di innovazione di Giorgio Amendola, aveva dato un contributo determinante, anche impegnandosi in una dura battaglia politica interna al PCI stesso.
Il PCI non c’è più da più di trenta anni e i fattori di crisi della sinistra di governo italiana sono molto diversi da quelli che Giorgio prende di petto in quei primi mesi del 1989? Lo sappiamo. Ma è difficile non vedere che anche nell’odierno PD riemerge la tentazione di tirare il filo dell’identità per ritrovare capacità di rappresentanza e funzione di guida del campo progressista. Come ha scritto Mark Lilla (L’identità non è di sinistra), non sarà questa la ricerca che ci condurrà fuori dal labirinto della nostra crisi, perché le priorità sono altre: “la priorità della politica istituzionale su quella dei movimenti. La priorità della persuasione democratica sull’autoespressione senza costrutto…“.
Dobbiamo essere infinitamente grati a Giorgio Napolitano per averci insegnato a riconoscerle e a perseguirle con coerenza e fiducia nel successo… Anche quando quest’ultimo appariva (come appare) molto lontano. Grazie, Giorgio