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1980 – Lech Wałęsa guida gli scioperi nei cantieri navali di Danzica, in Polonia

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1980: nasce Solidarnosc

 

Lech Wałesa

Gli scioperi e le occupazioni erano state anche stavolta provocate degli aumenti dei prezzi, decisi alla fine di giugno, dal parlamento per far fronte alla crisi economica, e a un indebitamento con l’estero di 19 miliardi di dollari. Ma le richieste degli scioperanti, guidati dal carismatico elettricista Lech Wałȩsa, furono più generali. La loro piattaforma (in 21 punti) prevedeva: diritto di fondare un sindacato libero e indipendente; libertà di coscienza e di professione di fede religiosa; libertà di parola e di accesso ai mass-media.
Il 20 agosto, 62 intellettuali, tra i quali alcuni membri del POUP, sottoscrissero un appello in favore dei sindacati liberi. Il Primate, cardinal Wyszyński, pur facendo appello alla moderazione, finì con l’appoggiare apertamente le richieste operaie.

Lettera da Danzica

Il potere fu costretto a cedere. Il 30 agosto, a Stettino, vennero firmati gli accordi tra i rappresentati del governo e gli scioperanti. Questa mossa fu concordata con i dirigenti sovietici per prendere tempo e riorganizzare quanto prima un “ristabilimento dell’ordine”. Per sedici mesi sembrò che la Polonia avesse veramente voltato, pur tra mille contraddizioni, pagina.Il sindacato indipendente Solidarność (anche il suo nome lasciava capire che si trattava di un’organizzazione di tutta la “società civile”) conobbe, durante i 500 giorni della sua esistenza legale, tre fasi: la coscienza di classe prevaleva sul sentimento nazionale (agosto 1980 – novembre 1980); un sostanziale equilibrio tra le iniziative sindacali e quelle politiche (novembre 1980 – marzo 1981); un prevalere del sentimento nazionale e della convinzione che fosse necessario trasformarsi in un movimento politico (marzo 1981-dicembre 1981).

 

 

Il colpo di stato

Lo Stato di Guerra in Polonia

Dopo il suo riconoscimento ufficiale (10 novembre 1980), Solidarność fu un’organizzazione politico-sociale con dieci milioni di aderenti, divisa per regioni, che faceva fatica a non invadere il campo della politica. Così, il confronto, e lo scontro, con il potere comunista andò accentuandosi, fino al Colpo di stato militare (13 dicembre 1981), guidato dal generale Jaruzelski, che lo giustificò col pericolo (dai documenti risultato inesistente) di un intervento esterno delle truppe del patto di Varsavia.
Quel breve periodo di libertà e democrazia non fu però cancellato dall’intervento militare e dalla repressione (16 morti, centinaia di feriti, 4.000 persone arrestate).

Il sindacato indipendente continuò ad agire clandestinamente (guidato da Zbigniew Bujak e poi da Bohdan Borusewicz) e la società polacca attuò la sua battaglia per la democrazia in varie forme (centinaia furono, ad esempio, le pubblicazioni clandestine), con migliaia di persone che scendevano in piazza, sfidando le cariche della polizia, ad ogni anniversario.

La “tavola rotonda” e la fine del regime

Nel 1986, le pressioni internazionali, costrinsero il governo polacco ad un’amnistia generale.
Il tempo di riorganizzarsi e, tra maggio e agosto del 1988, scoppiarono nuovi scioperi e occupazioni, che costrinsero il potere a rimettere in moto i meccanismi del dialogo con i lavoratori e la società che portarono, il 6 febbraio 1989, all’incontro tra due delegazioni paritarie, attorno a una “tavola rotonda”, alla quale parteciparono i dirigenti sindacali di Solidarność, intellettuali (come Tadeusz Mazowiecki, Bronislaw Geremek, Władysław Bartoszewski) e dissidenti (come Jacek Kuron, Karol Modzelewski e Adam Michnik). In quell’occasione, in un compromesso con i militari e l’ala più aperta del POUP, si posero le basi della democrazia in Polonia.

 

La parabola di Solidarnosc

Proprio nel momento in cui il suo leader operaio diventava (nel 1990) Presidente della Repubblica, il sindacato iniziava una parabola che lo ha portato alla scomparsa. Nel 1991, Solidarność è già frammentata in 150 tra partiti, associazioni e movimenti.
Marian Krzaklewski, alla guida di Solidarność dal 1991, nel 1996, riuscì a unificare la destra post-Solidarność sotto le bandiere di “Azione elettorale Solidarność” (AWS) e a vincere di larga misura, con l’appoggio della Chiesa, le elezioni parlamentari del 1997. L’ingegnere Jerzy Bużek, di confessione protestante, fu il primo ministro di questo raggruppamento che si richiamava allo “spirito di Solidarność”, ma anche ad un aperto liberismo economico e una decisa politica di privatizzazioni, ai valori tradizionali e al filoeuropeismo. Troppe direzioni diverse per tenere in vita una coalizione politico-sindacale in un panorama politico sempre più dominato dalla corruzione e dalle discrepanze sociali. In poco tempo “Azione elettorale Solidarność” si disintegrò. Da essa nacque  un partito di centro/centro-sinistra con una particolare vocazione europeista, Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska; abbreviato in PO), fondato da Andrzej Olechowski, Maciej Płażyński e Donald Tusk. Quest’ultimo vinse le elezioni del 2007 e fu Primo Ministro dal 2007 al 2011.

L’incidente di Katyn

La destra di Solidarność si riorganizzò invece attorno a Lech Kaczyński (ex braccio destro di Wałȩsa nel sindacato indipendente e intransigente ex Ministro della giustizia del governo Bużek) e suo fratello gemello Jarosław (eletto Sindaco di Varsavia, nel 2002, poi Presidente della Repubblica nel 2005 e poi Presidente della Repubblica e morto nell’incidente aereo del 10 aprile 2010. Il loro partito, Diritto e Giustizia (PiS) ha vinto le elezioni parlamentari del settembre 2005 e quelle per la Presidenza, un mese dopo.

 

Nazionalisti polacchi con striscioni “L’Europa sarà bianca o deserta”, 11 novembre 2017.

Comprendere la Polonia di oggi

Europa e democrazia: no ai veti sovranisti di Polonia e Ungheria

Diritto e Giustizia è tornato al potere nel 2015, vincendo sia le elezioni parlamentari che quelle presidenziali, e da allora governa il Paese, attirandosi critiche internazionali e numerose proteste interne, per aver smantellato i controlli e gli equilibri del sistema democratico e assumendo sempre più i caratteri di un potere illiberale e autoritario. Il potere ha provocato e incoraggiato un crescente nazionalismo e ostilità verso l’Europa e i suoi valori, di odio verso gli stranieri, gli omosessuali e i diritti della donne. L’11 novembre del 2017, anniversario dell’Indipendenza, a Varsavia hanno sfilato sessantamila persone, intonando slogan come «Dio, Onore, Patria», «Gloria ai nostri eroi», «Polonia pura, Polonia bianca», «Fuori i rifugiati».

Chi era Pawel Adamowicz

In questo clima, il 14 gennaio 2019, è stato assassinato a Danzica, durante un concerto di beneficenza, l’avvocato Paweł Bogdan Adamowicz, esponente di “Piattaforma Civica”, sindaco di Danzica ininterrottamente dal 2002, politico moderno e molto popolare.
Come negli altri Paesi dell’Europa postcomunista, anche in Polonia c’è una spaccatura profonda tra città, provincia e campagna, tra classi privilegiate e garantite e ampie fasce della popolazione che si sono sempre più impoverite che guardano all’Europa come causa della loro condizione, e sono sensibili alla propaganda nazionalista, ultrareligiosa e populista.

Soprattutto il movimento femminista e LGBT, e le donne legate alle organizzazioni democratiche ed ecologiste, che si battono con le loro variopinte bandiere, contro le ulteriori restrizioni della Legge sull’aborto e le discriminazioni degli omosessuali, sembrano essere la base di una forte opposizione alla deriva nazionalista, antidemocratica e oscurantista che minaccia il Paese che per primo ha abbattuto, pacificamente, il muro dei regimi totalitari comunisti.

 

Fonte: https://it.gariwo.net/