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L’ANALISI = Niger: dopo Mali Ecowas pronto al ‘pugno duro’

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(AGI) – Roma, 3 ago. – “Nessuno si aspettava un’escalation così rapida in Niger e il colpo di stato a Niamey ha colto di sorpresa persino chi conosce bene il Paese. Anche i vicini dell’ECOWAS, Nigeria in primis, già messi a dura prova dai precedenti golpe in Mali e Burkina Faso. Ora optano per una risposta dai toni duri che, a questo punto, non sembra più escludere del tutto la possibilità di un intervento militare, davvero impensabile fino a pochi giorni fa”.
Ad analizzare per l’AGI lo scenario imprevedibile e complesso creatosi nell’instabile regione dell’Africa occidentale, a una settimana dal colpo di stato a Niamey, è Edoardo Baldaro, ricercatore di politica internazionale dell’Université libre de Bruxelles. In effetti da dichiarazioni giunte ieri da Abuja, capitale della Nigeria, dove si è svolta una riunione dei capi militari dell’ECOWAS, è emerso che il blocco ritiene l’intervento militare in Niger come “l’ultima risorsa, l’ultima opzione sul tavolo”, sottolineando tuttavia che “dobbiamo prepararci all’eventualità”.
Un potenziale intervento motivato dalla volontà di ripristinare il presidente democraticamente eletto, Mohamed Bazoum, destituito la scorsa settimana dal golpe militare. “I colpi di stato in Mali e Burkina Faso rappresentano dei precedenti pesanti per l’ECOWAS e per le sue potenze, che ora sembrano reagire con maggiore fermezza, diversamente da altre volte. Un segnale potrebbe arrivare da alcune segnalazioni di truppe nigeriane che si starebbero parzialmente mobilitando al confine col Niger, lasciando presagire un ipotetico intervento militare”, prospetta l’analista.
Del resto la Nigeria sarebbe l’unico Paese dell’organizzazione regionale a poter comandare un’operazione militare in Niger, sia per una questione di numeri che di preparazione. “La sensazione è che in Niger e nella regione stanno succedendo cose che nessuno voleva e che in pochi – o forse nessuno – avevano ipotizzato, eppure sta accadendo. Di fatto l’escalation conseguente a dinamiche di potere e rivalità interne al Niger è stata così rapida che risulta davvero difficile fare grandi previsioni, anche a breve e medio termine”, sottolinea Baldaro.

In merito alle dinamiche regionali che possono crearsi sulla scia del golpe a Niamey, l’esperto di Sahel prospetta il ripetersi di uno scenario già visto e attuato dalle giunte militari al potere a Bamako e Ouagadougou, che ora potrebbero formare un asse con quella di Niamey. “Sarebbe una specie di alleanza funzionale alle singole giunte per rafforzarsi al potere, attuando ancora una volta una dinamica di scontro contro l’Ecowas e una forte retorica populista, anti francese, anti Occidente, che fa leva sull’identità panafricana e sulla propria indipendenza. Le svolte autoritarie poi portano allo stesso tipo di sanzioni da parte dei donors, ovvero l’interruzione della cooperazione, ai danni come sempre della popolazione”, prosegue Baldaro. “Cercare l’escalation per rafforzarsi al potere è la linea tracciata da queste giunte con tante conseguenze imprevedibili, ma neanche loro si immaginano fin dove potersi spingere”, dice ancora  l’analista, curatore con un ex collega della Sant’Anna di Pisa, Luca Raineri, del libro “Jihad in Africa: Terrorismo e Controterrorismo nel Sahel”, pubblicato alle edizioni Mulino, con contributi di studiosi, esperti e ricercatori tutti italiani.
Nel caso del Niger, l’azione dei militari non fa però l’unanimità: se Niamey è storicamente la capitale dell’opposizione al partito al potere, nel resto del Paese il malcontento è palpabile e nei giorni scorsi ci sono state alcune manifestazioni pro Bazoum. Ad ogni modo, quanto accaduto a Niamey è “potenzialmente un disastro” per la strategia militare dei Paesi occidentali, Francia in primis, quindi anche per l’Italia, nella lotta al jihadismo nel Sahel. In effetti, dopo l’uscita di scena delle missioni militari occidentali dal Mali e dal Burkina Faso, tutti gli uomini e i mezzi sono stati ridispiegati in Niger, ultimo alleato rimasto nella regione. “L’Unione europea sta dispiegando una missione di nuova generazione e ha consegnato del materiale militare al Niger, davvero un’eccezione in quanto Bruxelles lo ha fatto solo per l’Ucraina. L’investimento e l’impegno europeo nel Paese africano sono davvero significativi”, fa notare lo studioso. “A Parigi come a Bruxelles passando per Roma, i governanti considerano Bazoum come un ‘enfant chéri’, una figura autorevole e affidabile in Africa occidentale. Per questo motivo e per l’impegno economico e militare dispiegato è difficile pensare che possano mollare il Niger e prima di andarsene, se accadrà, passerà un bel po’ di tempo”, valuta Baldaro.

Per giunta il Niger doveva essere una “success story” in una regione caotica, ma ora c’è anche il rischio concreto che i singoli Stati attuino strategie diverse. Per la Francia, ad esempio, c’è un grave danno di immagine e una perdita di influenza in un’area storica di presenza di Parigi, nel cuore dell’Africa. “Per l’Italia invece la priorità è fermare i flussi di migranti, non più nel Sahel ma nel Nord Africa, in particolare in Tunisia”, fa notare lo studioso italiano.
Invece sulla presenza di nuovi attori in Niger e nel Sahel e sul loro peso specifico, Baldaro spiega che ci vuole una certa prudenza nelle analisi, anche perché la rapidissima sequenza di eventi inattesi complica ulteriormente la lettura dello scenario e delle dinamiche di potere. “Mentre Burkina e Mali hanno un certo tipo di rapporto con la Wagner, del Niger non si può dire lo stesso. Non credo che i militari golpisti nigerini abbiano pensato inizialmente a rivolgersi ai mercenari russi. Per giunta Mosca ufficialmente vuole Bazoum al potere e propende, nelle dichiarazioni ufficiali, per il negoziato, il dialogo tra le parti”, fa notare l’analista. “Non è chiaro a chi il Niger si rivolgerà per chiedere aiuto, ma è invece evidente che l’Africa sia finita al centro della lotta di potere interna alla Russia tra il governo di Putin e il capo di Wagner, Pevgeny Prigozhin, il cui legame si è spezzato due mesi fa”, conclude l’interlocutore, autore di “Sahel: geopolitiche di una crisi”. (AGI)