“I sardi non si sentono isolani ma isolati, emarginati dal resto d’Italia, per l’assenza totale di trasporti interni ed esterni. La stessa carenza che 150 anni fa reclamava a Montecitorio Giorgio Asproni, deputato sardo del Regno d’Italia”. A denunciarlo è oggi Francesco Nicola Maria Petricone, professore ordinario di Sociologia dei fenomeni politici e giuridici della Lumsa Università, nel corso della diffusione dei dati della ricerca sociologica ‘Isola Oggi – Sardegna’ da lui diretta e presentata oggi a Roma all’Istituto Luigi Sturzo, a un anno esatto dall’approvazione della legge costituzionale sull’insularità. “La Sardegna ha grandi potenzialità ma la carenza di infrastrutture per la mobilità regionale e con il resto d’Italia – aggiunge il professor, anche consigliere di Giorgia Meloni per le politiche sociali – è considerata un fattore di depressione economica assoluta dal 94 per cento dei sardi che hanno risposto al questionario”.
Cosa si può fare? Petricone risponde che “ci aspettiamo che a seguito di questa prima diffusione dei dati alla società civile e alle istituzioni si possano individuare le linee direttrici anche per gli interventi normativi da adottare, grazie all’introduzione in Costituzione del principio dell’insularità”. Anche perché – spiega ancora – le persone che hanno risposto alle nostre domande sono assolutamente certe: vivere in Sardegna oggi è assolutamente svantaggioso. Lo sostiene l’85,5 per cento di chi risponde”.
Come emerge dalla ricerca, poi, si tratta sì di un isolamento economico, ma anche di una emarginazione culturale che porta a “rinunciare a occasioni formative” e “limita le opportunità”, con un “disagio in tutta la propria quotidianità” perché “per andare a curarti e moltissime altre cose devi recarti nel continente e sono spese e sono sacrifici”. “Potremmo dire che i sardi non viaggiano per divertimento ma per sopravvivere: oltre la metà di chi risponde al nostro questionario, esattamente il 52,9 per cento, dichiara che durante l’anno fa fino a cinque viaggi fuori dall’isola, con un costo di almeno 5000 euro a persona”, chiarisce Perticone.
Ma non sono solo i trasporti a essere reclamati e richiesti. “È significativo che al secondo posto compaia la sanità con oltre il 90 per cento, e soprattutto il turismo, per oltre il 65 per cento perché da ottobre a maggio i sardi denunciano che i prezzi di navi, traghetti e aerei crescono fino a dieci volte, con un numero di corse che diminuisce invece ben oltre la metà”, spiega ancora il consigliere della presidente del Consiglio. A farne le spese sono soprattutto imprenditori e artigiani. Per quasi tre persone su quattro tra quelle che rispondono – il 71,8 per cento – sono proprio queste, infatti, le categorie a subire il maggior danno dall’insularità. Che, però, può anche rappresentare una vera e propria risorsa economica, capace di attrarre lavoro e ricchezza. “E infatti chi risponde – precisa Petricone – è convinto che il principio di insularità potrebbe portare alla creazione di una migliore rete di servizi e che il Pnrr con capacità di spesa dei comuni limitata, quindi somme difficilmente spendibili, dovrebbe essere reso più funzionale alle esigenze dell’isola”.
Ma cosa chiedono i sardi, nello specifico? “Agevolazioni e detrazioni fiscali, che secondo quasi l’83 per cento di chi risponde potrebbero essere utili a compensare i costi dell’insularità”. Fiscalità, dunque, grazie alla riforma costituzionale, ma non solo: “Il riconoscimento costituzionale è una conquista importantissima e i sardi auspicano che con questo governo si possa arrivare presto a un miglioramento della qualità della loro vita, cominciando dal richiamare l’attenzione sulle necessità da risolvere”, conclude il professore.