Zaia: i dati degli arrivi inquietano. Hanno ragione i sindaci
Di Marco Cremonesi
La mala parata si vedeva già due mesi fa Il documento mio e di Mario Conte chiedeva e chiede di investire il più possibile sull’ospitalità diffusa Per evitare altre tendopoli Io dico che l’Italia è stata troppo disponibile, il mio Veneto non ce la fa più e tutta l’Africa in Italia non ci può stare Questo sarà un grande banco di prova per il governo
La sua proposta di «accoglienza diffusa» per i migranti ha provocato critiche dalla Lega. Il governatore del Veneto Luca Zaia replica: «Qualcuno confonde i ruoli, io devo pormi il problema».
«Non si può pensare di svuotare il mare con un secchio…». Luca Zaia esordisce così, senza mandarle a dire, lui leghista, neppure al governo di centrodestra. La proposta di «accoglienza diffusa» del governatore veneto, messa a punto con il sindaco di Treviso e presidente regionale Anci Mario Conte, a sua volta leghista, è stata bene accolta da Confindustria Est e da Confapi. Ma non è invece piaciuta ad alcuni parlamentari del suo stesso partito, a partire dal segretario regionale della Lega Alberto Stefani.
Presidente, questo non l’ha stupita? Le critiche dal suo stesso partito…
«Ho l’impressione, nel seguire il dibattito, che qualcuno abbia fatto un po’ di confusione rispetto ai ruoli delle istituzioni…».
Perché lo dice?
«Lo scorso 11 aprile il governo ha dichiarato l’emergenza immigrazione su tutto il territorio nazionale. Poi, cinque giorni dopo, è stato nominato Valerio Valenti commissario per questa emergenza. Con i prefetti di tutte le città capoluogo regionale come soggetti attuatori delle politiche sull’argomento. Dunque, io ricordo la precisa filiera delle decisioni: governo, ministro dell’Interno, commissario, prefetti. Questa è, non un’altra…».
Ma, appunto, c’è anche la proposta sua e del sindaco Conte per «l’accoglienza diffusa».
«Premesso che, come le dicevo, la Regione non ha alcuna competenza e il flusso è gestito da Roma tramite le prefetture, penso sia del tutto legittimo che un paio di mesi fa con Conte, ci si sia posti il problema di pensare a un documento di principio».
Che cosa vi preoccupava?
«La mala parata si vedeva bene già allora, con l’arrivo di 150 o 200 immigrati al giorno. Il documento chiedeva e chiede di investire il più possibile sull’ospitalità diffusa. Per scongiurare situazioni come quella di Cona o la realizzazioni di altre tendopoli».
Oggi come giudica la situazione?
«I dati sono inquietanti. L’anno scorso ci sono stai 105 mila arrivi. Oggi, a metà luglio, sono già oltre i 72 mila. Direi che le nostre frontiere sono diventate un colabrodo e siamo diventati il ventre molle dell’Europa. Ma ci sono numeri particolarmente preoccupanti».
Quali?
«Su 100 arrivi, il 12% ottiene lo status di rifugiato, il 13% è soggetto alla Protezione sussidiaria, il 21% alla protezione speciale. Ma chi non ha alcun titolo è il 53%. La domanda è: che fine fanno queste persone? Riusciremo a rimpatriarle tutte?».
Sembra dubitarne…
«Ma certo! Dovremmo riuscire a rimpatriare la metà degli arrivi con un sistema che fa acqua da tutte le parti? Io penso che la misura sia già colma».
E dunque?
«Io dico che l’Italia è stata troppo disponibile, il mio Veneto non ce la fa più e tutta l’Africa in Italia non ci può stare. E viviamo nell’imbarazzo di un’Unione Europea totalmente latitante. Con Lampedusa vissuta come confine dell’Italia e non dell’Europa».
Detto tutto questo, come mai i parlamentari anche leghisti si lamentano?
«Si lamentano a ragione per quello che è accaduto nel vicentino con la prefettura, fatto inaccettabile (migranti lasciati dalle prefetture di fronte ai Comuni con poco o nulla preavviso). Per quel che riguarda me, ricordo che il livello delle responsabilità istituzionali è diverso da quello politico… Comunque, vedendo la determinazione e la passione con la quale alcuni sono intervenuti sul tema, magari capiterà anche che non arriverà più nessun migrante in Veneto…».
Ma come giudica l’azione del governo sul tema?
«Il risultato è sul territorio. È lì che abbiamo i migranti. Mi rendo conto che è una congiuntura internazionale che va oltre le dinamiche di scelta di un Paese. Ma è altrettanto vero che questo sarà un grande banco di prova per il governo. Anche perché i cittadini su questo tema nutrono molte aspettative».
Fonte: Corriere