Per il colonnello «è il momento di avere un europeo dell’Est come segretario del Patto atlantico, esteso dall’Asia all’Africa»
MAURIZIO STEFANINI
Il vertice di Vilnius e il futuro della Nato: ne parliamo con Orio Giorgio Stirpe. Colonnello della riserva, analista militare indipendente dopo esserlo stato per 12 anni presso il Comando Nato Nrdc Italy di Solbiate Olona, e autore per Mimesis Edizioni di un libro sulla guerra in Ucraina di prossima pubblicazione.
«Il successore di Stoltenberg non potrà essere un altro scandinavo, perché ce ne sono già stati due di seguito. Sappiamo che non può essere un americano, gli inglesi sperano di portare avanti il loro candidato, però la Ue pensa che è venuto il suo turno. Potrebbe dunque essere la volta buona di uno dell’Europa Orientale, potrebbe facilmente uscirne un polacco o un baltico, oppure potrebbe perfino essere un italiano».
Tra l’ingresso di Svezia e Finlandia e il sempre maggior ruolo dei Paesi dell’Est, non ’è piuttosto la sensazione che l’Italia e il Mediterraneo possano essere marginalizzati?
«È un dubbio che in Italia piace tanto menzionare, ma io francamente non lo vedo, anche perché recentemente tutto sommato il nostro ruolo militare nell’ambito della Nato non è diminuito. È aumentato, anzi, sia dal punto di vista qualitativo che dal punto di vista dell’impegno. Agli italiani piace tantissimo lamentare la mancata attenzione della Nato al fianco sud, ma è un falso problema, perché non esiste una minaccia militare a Sud. Non c’è nessunissima nazione al Sud del Mediterraneo con la
capacità di proiettare una minaccia militare verso l’Europa, e peraltro in questo momento l’Italia ha la Marina più potente che abbia mai avuto. Neanche in era fascista abbiamo avuto una Marina di questo livello. A livello europeo, come Marina siamo all’altezza del Regno Unito: non era mai avvenuto. A livello aviazione siamo addirittura superiori agli inglesi. In realtà, a Sud non c’è una minaccia militare, ma un problema immigrazione clandestina. Ma l’immigrazione clandestina non è un fattore che può essere affrontato dalla Nato. L’Unione Europea ha gli strumenti per affrontare il problema, se riuscisse a mettersi d’accordo. Che gli fa la Nato? Decidiamo di affondarli mentre passano il mare? Non c’è bisogno della Nato per farlo. Decidiamo di invadere i Paesi del
Nord Africa? È il modo migliore per avere ancora più gente che viene. La Nato ha il suo problema a Est, non a Sud. Si potrà poi discutere addirittura se vogliamo espandere il discorso verso il Pacifico.
La Nato si sta proiettando addirittura verso l’Asia in questo momento?
«Secondo me a lungo termine sì, la cosa diventerà inevitabile. Dal punto di vista strettamente militare, con questo conflitto noi andiamo
di fronte a una riduzione drastica della minaccia militare della Russia, perché le capacità militari convenzionali della Russia sono decadute in maniera impressionante. Non è sbagliato dire che Putin è un servo della Nato; nessuno avrebbe potuto fare un lavoro migliore di lui per ridurre il potenziale militare russo. Quindi il problema sarà non tanto difenderci dalla Russia, quanto difenderci in Russia, perché la Russia sarà in pericolo lei. Dal suo Sud, e soprattutto dal suo Est. Quando la Russia sarà troppo debole, non solo per minacciare gli altri ma anche per proteggere sé stessa, sarà l’equivalente di quello che era l’Impero Ottomano nell’800. Il malato d’Europa. Sarà un malato che se la dovrà vedere con la pressione soprattutto cinese. Se in qualche modo la Nato sarà coinvolta nel supporto dell’integrità territoriale russa, significa che l’avversario di riferimento diventerà la Cina. Non so se bisognerà cambiare nome alla Nato, che più che atlantica diventerà intercontinentale. Io mi vedo chiaramente una associazione di Giappone e Corea del Sud molto probabile».
Andiamo verso una saldatura tra Nato e Quad?
«Avrebbe un senso, anche se non sappiamo se avremmo un allargamento della Nato o appunto un collegamento con quel Quad dove stanno Stati Uniti, l’India, l’Australia, Giappone e a quanto sembra adesso anche la Corea del Sud».
E di fatto Taiwan…
«Potenzialmente io ci vedo anche il Vietnam. Probabilmente la chiave sarà l’India. Non a caso sia la Germania che l’Italia stanno avendo molte attenzioni con le esportazioni militari e industriali in India.
E l’Ucraina entrerà nella Nato?
«Dopo la fine della guerra sì. Sicuramente. A guerra durante non è previsto proprio dalle regole del trattato».
Motivo per cui la Russia potrebbe cercare un quadro di tipo coreano in cui di fatto la guerra non finisce mai…
«Scenario coreano mi sembra una definizione impropria. La Corea era un’unica nazione divisa in due, non aveva un confine definito, e la guerra si è conclusa con un armistizio. Semmai potrebbe andare a somigliare un pochino alla situazione del Golan, o del Kashmir. Una linea di controllo grosso modo dove il conflitto si congela ma che sarebbe destinato a ricominciare comunque. Non lo vedo perché è una situazione che non conviene a nessuno tranne che alla Russia. Per la Russia è l’unica possibile soluzione positiva. Ma non conviene all’Ucraina perché non potrebbe smobilitare, e l’Ucraina ha bisogno di smobilitare per potersi ricostruire. E non conviene all’Occidente perché dovrebbe continuare ad alimentare artificialmente l’Ucraina in eterno».
Ma è possibile arrivare alla sconfitta della Russia senza innescare quel crollo che porterebbe alle conseguenze intraviste col caso Prigozhin?
«Infatti, bisogna cercare di fare le cose con calma. In modo chirurgico, un po’ per volta. Semplicemente buttarla fuori dal territorio ucraino senza farla crollare. E in questo senso è una cosa positiva che si rafforzi il ministero della Difesa russo».
Fonte: Libero