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1995: lo shuttle Atlantis attracca alla MIR

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Tra gli avvenimenti della nostra era in grado di emozionarci e stupirci a ogni loro compimento, vi sono di certo le missioni spaziali. Tali eventi ci portano ogni volta un passo più vicini a quel luogo ancora inesplorato per l’umanità che è lo spazio e hanno rappresentato, di volta in volta, un progresso significativo per le ricerche scientifiche e tecnologiche (oltre a farci sognare esplorazioni remote a bordo di mitiche astronavi). Il 29 giugno ricorre l’anniversario di una di queste missioni, compiuta con successo unendo in un obiettivo comune due potenze contrapposte per lungo tempo, gli Stati Uniti e la Russia. Si tratta dell’attracco dello statunitense Space Shuttle Atlantis alla stazione spaziale Mir, lanciata in orbita attorno alla Terra dalla Russia, avvenuto il 29 giugno 1995.

Nel 1995 l’impresa ha tenuto col fiato sospeso il mondo intero, mentre si assisteva in diretta alle complesse manovre di attracco che hanno permesso il collegamento dell’Atlantis alla Mir. Per quanti lo ricordano ancora vividamente, per chi c’era ma non ne serba memoria e per coloro che all’epoca non erano ancora nati, ci accingiamo a raccontare qui i dettagli dell’emozionante missione compiuta 26 anni fa.

Il punto di partenza e di attracco: la Mir

L’importanza dei programmi spaziali russi è aumentata esponenzialmente nel tempo, grazie a missioni di tale portata da essere descritte oggi nei libri di storia. Dal lancio del primo satellite artificiale in orbita nel 1957, lo Sputnik 1, inviato addirittura in anticipo rispetto alla controparte avversaria, gli Stati Uniti, che pur vantavano in quegli anni dei programmi altamente tecnologici e sembrava dovessero essere i veri pionieri dei cieli. Al primo uomo inviato in volo nello spazio nel 1961, Jurij Gagarin, battendo anche in questo caso l’America sul tempo, che intanto si stava comunque mobilitando per raggiungere lo stesso obiettivo. Nel 1986 il lancio della stazione spaziale Mir ha rappresentato un altro punto di svolta per la Russia in questa corsa allo spazio, con una struttura orbitante divenuta leggenda.

Il nome Mir può essere tradotto dal russo sia come “pace” che come “mondo” e identifica una stazione spaziale definita modulare, poichè la sua costruzione è stata condotta per mezzo di moduli lanciati di volta in volta nello spazio per l’assemblamento. Quest’ultimo, è stato portato avanti per oltre un decennio, facendo tesoro tuttavia degli insegnamenti appresi a seguito del precedente programma Saljut nell’allestire una stazione spaziale migliore e più tecnologica. Il programma Saljut (“salve“, “saluto“) è stato avviato infatti il 19 aprile 1971 con il lancio della Saljut 1, prima stazione spaziale al mondo ad essere spedita in orbita (anche qui, con due anni d’anticipo rispetto agli Stati Uniti); attraverso gli studi per la permanenza nello spazio condotti grazie al Saljut, è stato possibile quindi progettare la Mir, rendendola di fatto il più importante (e unico) avamposto umano orbitante di quegli anni, costantemente abitato e attivo nelle ricerche scientifiche.

La realizzazione della Mir ha subito dei grossi ritardi e la sua costruzione è stata addirittura interrotta nel 1984: le risorse economiche destinate al progetto erano state infatti destinate a un altro programma, quello dedicato allo space shuttle sovietico Buran. Grazie a un avvicendamento tra le alte sfere del programma Mir, la nomina a responsabile di Valentin Gluško ha fatto sì che i finanziamenti tornassero a fluire verso tale progetto, rendendone possibile il lancio il 20 febbraio 1986. Con il “taglio del nastro”, il modulo centrale e cuore dell’avamposto è stato spedito in orbita: esso conteneva l’area principale di lavoro dell’equipaggio e gli alloggiamenti ed era strutturato in modo da consentire l’aggancio di altri moduli nel corso del tempo, grazie a 6 congegni d’attracco che hanno permesso così l’ampliamento della stazione.

Al “core module“, sono stati agganciati così negli anni successivi diversi altri moduli: i Kvant-1 e Kvant-2, contenenti laboratori di ricerca sui minerali e supporti avanzati per le missioni extraveicolari; il Kristall, per le ricerche di geofisica e astrofisica, e il Docking Module a esso collegato, per l’attracco degli shuttle; lo Spektr, contenente una zona abitabile per gli astronauti provenienti da altri programmi spaziali e una zona di ricerca per l’osservazione della Terra; e infine, il Priroda, utile a condurre osservazioni sulla Terra e ultimo modulo agganciato nel 1996 a quella che era la Mir. “Era”, perché nel 2001 è rientrata in orbita per la sua distruzione programmata, ma nei suoi 15 anni di servizio è stata un fondamentale centro di ricerca spaziale, unico avamposto umano nello spazio fino al lancio della ISS e un porto che ha visto l’attracco di più di 100 velivoli, ospitando astronauti in missione da tutto il mondo.

Space Shuttle Atlantis: la sua storia

Tra gli attracchi più importanti per la Mir, vi è sicuramente quello dello Space Shuttle Atlantis il 29 giugno 1995: primo aggancio nella storia di un velivolo a una stazione spaziale in orbita attorno alla Terra. La portata di tale evento risiede anche nell’importanza dell’Atlantis, velivolo della NASA che dal 1985 ha compiuto molte missioni spaziali fornendo un significativo contributo alle ricerche e all’esplorazione dei cieli: ad oggi, si contano 33 missioni e 26 anni di onorata carriera per il quarto Space Shuttle operativo della NASA rimasto in volo fino al 2011.

Si tratta di uno dei cinque Space Shuttle costruiti dall’agenzia spaziale statunitense e la sua realizzazione risale al 1980, quando i lavori per l’assemblaggio sono stati ufficialmente avviati sulla base dei progetti dei suoi predecessori: il prototipo Enterprise e gli Shuttle Columbia e Challenger. La sua costruzione è stata ultimata nell’aprile del 1984, ma in proporzione è stata impiegata la metà del tempo per assemblarlo rispetto a quello utilizzato per la realizzazione del primo Shuttle operativo, il Columbia. L’Atlantis pesava, inoltre, circa 3,5 tonnellate in meno rispetto al predecessore. Al termine dell’assemblaggio, lo Space Shuttle è stato testato per circa un anno, fino al suo primo lancio avvenuto il 3 ottobre 1985, in occasione della missione STS 51-J con un carico classificato per il DoD, ovvero una missione militare per il Department of Defense. In seguito, l’Atlantis è stato utilizzato anche per trasportare in orbita le sonde spaziali Magellano e Galileo.

Il nome Atlantis è stato assegnato allo Space Shuttle della NASA in omaggio all’omonimo vascello che dal 1931 al 1964 ha compiuto ricerche oceanografiche per il Woods Hole Oceanographic Institution del Massachusetts. Questo è stato il primo vascello statunitense costruito allo scopo specifico di condurre ricerche inerenti alla biologia marina, alla geologia e alla fisica oceanica. L’Atlantis ha solcato i mari per circa 300 crociere, ospitando a bordo un laboratorio che ha permesso numerose ricerche dei fondali marini e la loro mappatura: non stupisce che lo Space Shuttle Atlantis dedicato a navigare i “mari spaziali” sia stato battezzato allo stesso modo. Oggi, è possibile ammirare il velivolo spaziale al John F. Kennedy Space Center in Florida, dove si trova in esposizione per i visitatori del museo.

Il 29 giugno 1995 l’Atlantis è stato messo in volo per compiere una delle sue missioni più complesse: l’attracco alla stazione spaziale Mir. Dalla storia che abbiamo appreso, possiamo considerare la stazione orbitante russa come l’antenata dell’odierna ISS e ha rappresentato per 15 anni l’unico, grande avamposto umano in orbita, all’interno del quale era possibile compiere innumerevoli ricerche scientifiche. Non c’è da sorprendersi, quindi, se l’aver ospitato per la prima volta uno Space Shuttle statunitense abbia rappresentato un avvenimento seguito in tutto il mondo.

La missione, chiamata ufficialmente STS-71, ha visto il lancio dell’Atlantis dal Kennedy Space Center il 27 giugno 1995, con a bordo un equipaggio composto dal comandante Robert L. “Hoot” Gibson, il pilota Charles J. Precourt, gli specialisti Gregory J. Harbaugh e Bonnie J. Dunbar e il comandante al “payload” Ellen S. Baker, oltre al comandante russo Anatoly Y. Solovyev e l’ingegnere di volo Nikolai M. Budarin. Giunto nei pressi della Mir, l’Atlantis è stato pilotato dal comandante Gibson, alla manovra di un velivolo di oltre 100 tonnellate da agganciare a una stazione spaziale nel raggio di pochi centimetri. Le complesse operazioni di attracco sono state compiute quindi con successo nell’arco di quasi 2 ore, utilizzando circa 90 chili in meno di carburante rispetto a quanto precedentemente calcolato.

In seguito all’aggancio, l’equipaggio dell’Atlantis è salito a bordo della Mir in uno scambio di doni tra i rappresentanti dei rispettivi paesi. L’equipaggio della NASA è stato quindi ospitato dalla stazione spaziale russa per 5 giorni, compiendo importanti ricerche scientifiche e tecnologiche, esperimenti biomedici, test e misurazioni riguardanti gli effetti biologici di una permanenza prolungata in orbita, oltre a significativi trasferimenti di attrezzature tra i due veicoli spaziali. Gli ambiti di ricerca coperti all’interno dei laboratori della Mir dall’equipaggio dell’Atlantis hanno interessato soprattutto neuroscienza e funzioni biologiche, igiene, radiazioni, osservazioni comportamentali e ricerche sulla microgravità.

Il 3 luglio 1995 i membri dei rispettivi veicoli si sono quindi salutati, non senza prima aver compiuto un importante scambio di equipaggio: i due astronauti russi partiti a bordo dell’Atlantis sono infatti rimasti sulla Mir, mentre tre componenti di quest’ultima sono tornati sulla Terra a bordo dello Space Shuttle, ovvero il comandante Vladimir N. Dezhurov, l’ingegnere di volo Gennady M. Strekalov e lo specialista Norman E. Thagard. Da questo significativo evento si comprende quindi quanto l’aggancio dell’Atlantis alla Mir sia stato fondamentale. Non solo per essere stato il primo a interessare uno Space Shuttle e una stazione spaziale, creando di fatto la più grande struttura orbitante della storia; e non soltanto perché ha rappresentato la 100esima missione di lancio umano nello spazio. Ma anche e soprattutto per l’importante scambio culturale, scientifico e tecnologico tra due superpotenze che nella storia hanno sempre dimostrato grande ostilità.