E’ ormai assodato che il gioco del baseball ha un’origine incerta.
Addirittura dall’epoca degli Antichi Egizi esistono testimonianze di giochi effettuati con l’uso di mazze e palle. Nel British Museum sarebbe conservata una palla di pelle usata, come scrive M.A. Marcucci “con tutta probabilità 2000 anni a.C. da giovani egiziane che, come alcuni graffiti testimoniano, giocano proprio con mazza e palla”.
Un vecchio gioco popolare inglese si chiamava ‘base’, ma in realtà aveva poco a che fare col moderno baseball, visto che non prevedeva l’uso di mazze e palline.
Comunque è proprio l’Inghilterra il paese dove il gioco si sviluppa.
Nel 1300 nell’isola è piuttosto popolare lo ‘StoolBall’, un gioco che prevede che un battitore difenda un bersaglio da un lanciatore che cerca di colpirlo con una palla. Alla luce di questo, si presume che lo ‘StoolBall’ sia il pro genitore del ‘Cricket’, sport molto popolare in Inghilterra fin dalla metà del sedicesimo secolo, più che del baseball.
Un altro gioco popolare che può ricordare il baseball, e che i bambini inglesi praticano anche oggi, è il ‘Rounders’, nel quale un giocatore deve coprire un percorso delimitato da 4 pali per segnare un punto (rounders) dopo aver colpito la palla con una corta mazza che viene impugnata ad una mano sola. A ‘Rounders’ in Inghilterra si giocava già nel 1600, anche se le regole sono state pubblicate in Inghilterra nel 1829 e in America nel 1834.
Nei primi anni del 1700 appaiono in Inghilterra tracce inequivocabili dell’esistenza di un gioco chiamato ‘Baseball’. Thomas Wilson in un suo scritto lo disapprova completamente. Nel 1744 John Newbry pubblica un libro chiamato A little pocket book e che contiene una poesia che inneggia a questo gioco. Il volume stampato nella Madre Patria arriva nelle Colonie d’America nel 1762. Nel 1748 anche il Principe di Galles Frederick accorda la propria preferenza al gioco.
Il baseball sbarca sul Continente nel 1810. In Francia viene pubblicato Les yeux des jeunes garçons, che contiene le regole per un gioco da praticarsi con mazze e palline e che prevede la corsa sulle basi.
Nel 1818 una citazione per il baseball appare addirittura nel libro di Jane Austen Northanger Abbey. Pubblicato postumo, il romanzo è stato scritto in realtà nel 1798.
La prima partita disputata nel Continente Americano si sarebbe svolta in Canada, precisamente a Beachville (Ontario) nel 1838. E’ quanto sostengono gli storici canadesi e l’ipotesi per forza di cose non è particolarmente sostenuta dai loro colleghi statunitensi.
Chiunque negli Stati Uniti è convinto che il baseball sia stato inventato da Abner Doubleday (che sarebbe successivamente diventato un eroe nelle guerre contro il Messico e gli Indiani Seminoles) nel 1839 a Cooperstown (New York), città non a caso sede della ‘Hall of Fame’ del baseball americano. A Doubleday sono riconosciute la primogenitura del ‘diamante’, l’invenzione dei ruoli e delle regole.
L’ipotesi è accettata fin dai primi anni del ‘900 sulla base di una ricerca condotta da Al Spalding (leggendario produttore di articoli sportivi e giocatore professionista). Il dubbio è che quella di Spalding non sia una ricerca della verità, ma della “storia perfetta” (un eroe di guerra che inventa il gioco in una città abitata solo da persone nate negli Stati Uniti), con lo scopo di dimostrare che il baseball è in effetti “figlio dell’America”. Doubleday, morto nel 1893, non ha purtroppo mai potuto confermare né smentire il proprio ruolo nella storia del baseball.
Le regole del gioco vengono comunque pubblicate solo nel 1845 a Manhattan dal padre riconosciuto del baseball moderno: Alexander Cartwright. Il manuale prevede 4 basi distanziate tra loro di 90 piedi e regolamenta i concetti di ‘foul ball’, inning e out. Il battitore è detto ‘striker’ e i punti sono chiamati ‘aces’. Il baseball di Cartwright, applicato da una squadra chiamata Knickerbockers, non prevede un arbitro che chiami lo ‘strike’ o il ‘ball’ e decreta l’out anche se la palla è colta dal difensore al primo rimbalzo.
Le regole vengono corrette negli anni successivi. Nel 1857 nascono le partite di 9 inning e un anno dopo l’arbitro inizia a chiamare ‘strike’ e ‘ball’. Nel 1858 nasce la ‘National Association of Baseball Players’, di fatto la prima lega della storia.
Durante la Guerra Civile (1861-1865) il baseball si diffonde enormemente e al termine del conflitto si contano non meno di 100 squadre. In quegli anni cade in disuso la regola che decreta l’eliminazione sulla palla raccolta al primo rimbalzo.
Nel 1869 nascono i Cincinnati Red Stockings, la prima squadra professionistica di baseball. Sono anni nei quali il potere dei giocatori è enorme. Sono loro a gestire i campionati e a dettare le regole.
Nel 1875 si impone però il concetto di ‘Club’. Nasce la National League, che come primo atto decide di proibire il gioco del baseball professionistico a chi non è bianco.
La neo nata lega trova dei concorrenti. Nel 1881 nasce l’American Association (chiuderà 10 anni dopo), i cui Campioni affrontano a fine stagione i Vincitori della National League. Si sta facendo strada l’idea delle odierne ‘World Series’.
Durano invece un solo anno le concorrenti Union Association e Players League.
Nel frattempo il baseball sbarca in Estremo Oriente. La prima partita disputata in Giappone data 1873 e l’organizzazione professionistica del Sol Levante vede la luce nel 1930. Le prime Japan Series si giocano comunque solo nel 1950 e le vincono i Manichi Orions.
A Taiwan i coloni giapponesi introducono il gioco bel 1895 e un’organizzazione nel 1920.
Sulle ceneri della Western League, una lega minore nata nel 1893, vede la luce nel 1900 l’American League, che nel 1901 assume lo status di Lega Maggiore e nel 1903 raggiunge un accordo con la National League per disputare le prime World Series.
I primi anni del nuovo secolo sono conosciuti come Dead Ball Era, sia per il dominio dei lanciatori sui battitori (è l’epoca di Cy Young, il più celebre dei lanciatori), che per il fatto che il costo sproporzionato di una pallina (3 dollari) induce le squadre ad acquistarne pochissime. Non sono in effetti rari i casi di gare iniziate e finite con la stessa pallina in campo.
Trai battitori qualcuno riesce comunque a primeggiare: è il caso del leggendario Ty Cobb, l’uomo che introdusse la scivolata nel baseball e fu capace di chiudere la carriera con l’impressionante media vita di .366.
Sono anni di grande fermento in America e nel mondo. Nel 1904 il baseball fa la sua prima apparizione in un’Olimpiade a St. Louis. Prima di approdare ai Giochi il baseball dovrà compiere un lungo percorso.
Nel frattempo (1906) il baseball sbarca in Corea, dove non vedrà per altro la luce un’organizzazione professionistica fino al 1982.
Un’epoca finisce improvvisamente nel 1919 per una drammatica serie di eventi.
Il primo è il celebre scandalo di Chicago. A causa delle scommesse, 8 giocatori dei White Sox (ribattezzati Black Sox in senso spregiativo), trai quali la stella ‘Shoeless’ Joe Jackson, vengono squalificati a vita.
Le leghe decidono d’urgenza di impedire che i lanciatori possano ‘lavorare’ (lo facevano con saliva o grasso) la pallina in seguito al dramma di Ray Chapman, che muore in ospedale 2 giorni dopo essere stato colpito alla tempia da un lancio di Carl Mays. Il drammatico incidente è l’amara conferma del fatto che la spasmodica ricerca di traiettorie particolari impedisce ai pitcher di controllare i loro lanci. Gli arbitri sono invitati a cambiare spesso la palla della partita.
E’ l’epoca di Babe Ruth, l’uomo che crea il mito del battitore di potenza. ‘The Babe’ si rivela come grande lanciatore a Boston ma allo stesso tempo è anche il detentore del record di fuoricampo (11). Dopo il cambio delle regole realizza un’impressionante escalation: 29 fuoricampo nel suo ultimo anno a Boston (1919), 54 l’anno dopo a New York, 59 nel 1921 fino ad arrivare ai 60 del 1927, record che resisterà per oltre 30 anni. Ruth chiude la carriera con 714 fuoricampo.
Nel 1920 nascono le cosiddette Negro Leagues, una prima risposta al divieto per chi non è bianco di giocare baseball professionistico. Nel 1947 l’epoca delle Negro Leagues termina quando Jackie Robinson approda alla National League e Larry Doby gioca nell’American League.
Il baseball organizzato è ormai diffuso in 4 dei 5 continenti. Nel 1922 debutta infatti una lega in Olanda (vincitori del primo campionato gli Amsterdam Quicks) e nel 1934 nasce il campionato d’Australia, paese nel quale le prime partite di baseball risalgono comunque agli ultimi anni del secolo precedente.
Nel 1938 nasce l’International Baseball Federation (IBF), la Federazione Mondiale. Fin da subito il nuovo organismo, che i professionisti degli Stati Uniti interpretano come una risposta dell’America Latina alla loro organizzazione, si propone di organizzare un Mondiale. La prima versione è di fatto una sfida tra Inghilterra e Stati Uniti, che i britannici sorprendentemente vincono. Il primo vero Mondiale, con la partecipazione di 9 squadre, si gioca comunque nel 1939. Cuba, paese organizzatore, inizia la sua lunga serie di vittorie.
La storia della Federazione Mondiale passa attraverso diversi cambi di denominazione.
Negli Stati Uniti le leghe professionistiche passano anni difficili durante la Seconda Guerra Mondiale. Il campionato non viene mai sospeso, ma parecchi dei migliori giocatori sono costretti a lasciare le rispettive squadre per servire la Patria. Di quegli anni è però un primato che resiste ancora oggi. Nel 1941 la stella dei Boston Red Sox Ted Williams chiude la stagione con una media battuta superiore a .400.
Il 1947 segna invece l’inizio del rapporto tra il baseball e la televisione. Quelle giocate a New York tra gli Yankees e i Brroklyn Dodgers sono le prime “World Series” ad approdare sul piccolo schermo.
Dopo la Guerra si inizia a giocare anche in Italia. Nel 1948 5 squadre disputano il primo Campionato, vinto dalla Libertas Bologna.
Dopo essersi organizzato a livello Mondiale, per il baseball è ormai il momento di darsi una struttura anche in Europa. Vede così la luce nel 1953 a Parigi la Confederation Europeenne de Baseball (CEB), la prima Federazione Europea.
I primi paesi membri sono Italia, Spagna, Belgio, Francia e Germania.
Gli anni ‘50 segnano una svolta epocale anche in America. Nel 1958 2 delle storiche squadre dell’area di New York (i Giants e i Dodgers) si spostano in California, rispettivamente a San Francisco e Los Angeles.
Il decennio successivo inizia con la celebre vicenda di Roger Maris, che nel 1961 infrange il record dei 60 fuoricampo di Babe Ruth battendone 61. La stagione prevede più partite di quella del 1927 e il primato di Maris viene osteggiato da una nazione intera. Il record verrà riconosciuto solo dopo la morte del giocatore.
Il 1966 stabilisce una nuova pietra miliare nella storia del baseball. Grazie all’impegno di superstar come Sandy Koufax nasce la ‘Player Association’, il Sindacato dei giocatori di baseball.
Sono anni particolari. Il dominio dei lanciatori rende poco interessanti le partite. Nel 1968 a Yastrzemsky basta una media di .301 per essere il miglior battitore della stagione. Nello stesso anno Mc Lain vince il numero record di 31 partite. Le Leghe decidono di abbassare il monte di lancio e di ridurre l’area dello strike.
Nel 1973 l’American League fa un passo fondamentale nella lotta allo strapotere dei lanciatori e introduce la regola del ‘Battitore Designato’.
Nel 1974 crolla un primato storico. Hank Aaron batte il fuoricampo numero 715 della sua carriera, superando il record di Babe Ruth.
Il 1975 segna un’altra svolta epocale nella storia del baseball professionistico. Andy Messersmith e Dave Mc Nally giocano un intero campionato senza contratto e a fine stagione si dichiarano ‘Free Agents’. E’ il primo passo verso l’abolizione del vincolo e l’introduzione dell’arbitrato sui salari. Il potere dei giocatori torna ai livelli della fine del 1800.
Non sarà una svolta indolore. I rapporti tesi tra società e atleti portano a ben 2 scioperi (1981 e 1994) il secondo dei quali provoca addirittura la cancellazione delle World Series dopo 90 anni.
Per risollevare la popolarità del ‘Vecchio Gioco’ servono i muscoli, precisamente quelli di Mark Mc Gwire, che nel 1998 infrange il record di Roger Maris battendo 70 fuoricampo.
Sembra un limite invalicabile, invece dura solo 3 anni. Nel 2001 il primato viene portato a 73 fuoricampo da Barry Bonds.
Il baseball è tornato il passatempo preferito degli Americani, tanto che sia le Grandi Leghe che le Minor Leagues polverizzano i record di presenze allo stadio.
Fonte: povigliobaseball.it/