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Anna Frank e quel diario scritto per resistere

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Di Ilaria Romeo

Quando compie tredici anni, Anna riceve un quaderno sul quale racconterà la sua breve vita costretta a nascondersi dai nazisti. A quelle pagine affiderà la storia della sua famiglia, la speranza per un domani migliore. Diventerà l’emblema delle persecuzioni contro gli ebrei

Il 12 giugno 1942, giorno del suo tredicesimo compleanno, Anna Frank riceve in regalo un quaderno a quadretti dalla copertina rossa, Kitty, al quale la ragazzina decide di raccontare come a una persona reale le sue riflessioni e i suoi pensieri. Vi racconterà la sua interiorità di adolescente, gli screzi con i compagni di prigionia, i suoi sogni e le sue speranze di diventare una scrittrice.

“Spero che ti potrò confidare tutto – scriveva – come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che sarai per me un gran sostegno”.  Il diario, ritrovato dal padre Otto, unico della famiglia sopravvissuto ai campi di concentramento e di sterminio, sarà pubblicato e tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, diventando un’importante testimonianza della Shoah.

“Il diario di Anna Frank –  scriveva scriveva Natalia Ginzburg nella prefazione alla edizione del 1959 (Arnoldo Mondadori editore, traduzione di Arrigo Vita) – ha inizio nel giugno 1942. Nel giugno ‘42, la sua vita presenta ancora qualche rassomiglianza con la vita d’una qualunque ragazzina dell’età sua. Ma siamo ad Amsterdam, l’Olanda è in mano ai tedeschi da due anni; e le S.S. vanno per le case cercando gli ebrei. A tredici anni appena compiuti Anna conosce e parla con estrema naturalezza il linguaggio dei perseguitati: sa che lei e i suoi debbono portare la stella giudaica, che non possono frequentare locali pubblici, che non possono prendere il tram”.

Il 4 agosto 1944 Anna viene scoperta insieme agli altri clandestini dagli agenti di polizia e portata via. Destinazione Auschwitz. Il viaggio in treno dura tre giorni, che Anna e più di mille altre persone trascorrono stipati in vagoni per il trasporto di bestiame, senza cibo né acqua. All’arrivo ad Auschwitz i medici nazisti selezionano chi può eseguire il pesante lavoro forzato e chi no. Circa 350 persone dal convoglio di Anna vengono uccise nelle camere a gas subito dopo il loro arrivo. Anna e la sorella Margot vengono selezionate per i lavori forzati e trasferite pochi mesi dopo a Bergen-Belsen dove contraggono il tifo esantematico. Muoiono entrambe nel febbraio del 1945, prima Margot, poco dopo Anna.

Liliana Segre ha la stessa età di Anna Frank quando è rinchiusa e deportata nel campo di concentramento. Come Anna Frank vive l’inferno di Auschwitz, ma con una differenza fondamentale: lei riesce a tornare viva da quell’inferno. “Ho partecipato a tante mostre su Anna Frank – diceva qualche tempo fa – Quanti ricordi, quanti discorsi. Sono una sopravvissuta, una testimone, sono come sarebbe stata lei oggi se fosse stata risparmiata. Anna Frank è morta prima di diventare quella donna che sarebbe stata. Non ha potuto diventare sposa, mamma e non ha potuto diventare nonna. È rimasta la ragazza del rifugio segreto, nel cuore di tutti”.

“È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili – scriveva Anna pochi giorni prima che i tedeschi irrompessero nell’alloggio segreto – Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità”.

In fondo, Anna, noi lo speriamo ancora. Nonostante tutto.

 

Fonte: collettiva.it