Prendendo spunto da una notizia recentemente apparsa sulla stampa, cogliamo l’occasione per richiamare alla memoria una vicenda di particolare interesse per la storia del giornalismo e della vita politica e culturale italiana.
La Biblioteca del Senato annovera tra le proprie collezioni il quotidiano “Il Popolo” (Giorn. 133), organo del Partito popolare di don Luigi Sturzo, pubblicato a Roma tra il 1923 e il 1925, anno in cui fu costretto a interrompere le pubblicazioni a causa della sua aperta opposizione al regime fascista. Fu infatti anche dalle colonne di questo giornale – e non solo del “Mondo”, come si ritiene comunemente – che il 1° maggio 1925 Benedetto Croce, insieme a un gruppo di politici e intellettuali tra i quali Giovanni Amendola (ispiratore dell’iniziativa), Roberto Bracco, Sem Benelli, Emilio Cecchi, Luigi Einaudi, Giustino Fortunato, Matilde Serao, replicò al Manifesto degli intellettuali aderenti al fascismo comparso sul “Popolo d’Italia” il precedente 21 aprile, in occasione del Natale di Roma, promosso da Giovanni Gentile, con l’adesione – fra gli altri – di Luigi Pirandello, Curzio Malaparte, Giuseppe Ungaretti, Gioacchino Volpe, Luigi Barzini, in esito al Convegno per la cultura fascista tenutosi a Bologna il 29 e 30 marzo del 1925. Se in tale documento si difendevano le posizioni del regime e se ne sosteneva l’unità di intenti con il mondo culturale dell’epoca, nel Manifesto di Croce si affermavano invece le ragioni degli intellettuali antifascisti, i quali rivendicavano la preminenza della libertà come “forza e garanzia di ogni avanzamento”.
Mentre il Manifesto di Gentile trovò un’ampia diffusione su tutti gli organi di stampa, che gli tributarono immediatamente vasta eco, non così avvenne per quello sottoscritto da Croce, che comparve, come si è detto, unicamente su due giornali; tuttavia la circostanza della sua pubblicazione sul “Popolo” (spesso oggetto di sequestro da parte delle autorità per via delle posizioni politiche assunte, e dunque di difficile reperibilità soprattutto per quanto riguarda il periodo successivo al delitto Matteotti, aspramente stigmatizzato dal quotidiano) finì per essere pressoché dimenticata, affermandosi l’idea che solo “Il Mondo” – anch’esso presente nel catalogo della Biblioteca (Giorn. 128) – avesse accolto l’accorato appello degli intellettuali antifascisti. I due testi, pur identici, come anche gli elenchi dei firmatari, differiscono peraltro lievemente nel titolo: quello pubblicato dal “Mondo” – in prima pagina – recita: “Una risposta di scrittori, professori e pubblicisti italiani al manifesto degl’intellettuali fascisti”, mentre quello comparso sul “Popolo”, ma in terza pagina, reca: “La replica degli intellettuali non fascisti al manifesto di Giovanni Gentile”, con un esplicito riferimento alla paternità ideologica del filosofo siciliano.
Il fatto che anche il quotidiano di Sturzo abbia ospitato il documento crociano appare assai indicativo del ruolo svolto dalla stampa cattolica nel dibattito politico e culturale dell’epoca e rappresenta un elemento utile ad approfondire la temperie storica che contraddistinse i primi anni del regime fascista e in generale gli avvenimenti che segnarono le vicende italiane del Novecento; in tale ottica si inquadra il contributo offerto dalle collezioni di giornali della Biblioteca del Senato, a disposizione di cittadini e studiosi interessati a ricostruire gli eventi del nostro passato per meglio comprendere la realtà del presente.
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