Sotto il suo governo, l’Unione Sovietica conobbe una fase di grande libertà culturale e intellettuale. Ma in che cosa consiste la glasnost’ promossa da Gorbačëv?
Di Caterina Cantoni fonte@ frammentirivista.it/
Il 30 agosto 2022 è morto l’ultimo leader dell’Unione Sovietica, colui il quale aveva anzi portato alla sua dissoluzione: Michail Sergeevič Gorbačëv. Subito dopo, sul web ha iniziato a spopolare una pubblicità della catena americana Pizza Hut che mostra dei moscoviti discutere della perestrojka. All’uomo più anziano che ne deplora la crisi economica, un giovane risponde: «Grazie a lui, abbiamo opportunità e libertà!». La nuova fama di questo video non deve stupire, in quanto è rappresentativo di quella personalità bonaria e gioviale, così lontana dallo stereotipo dell’austero uomo sovietico, che lo ha distinto da chiunque altro. Vediamo come la glasnost’ promossa da Gorbačëv abbia rivitalizzato la libertà culturale, configurandosi come un cambiamento epocale.
Gorbačëv e la glasnost’: una nuova voce
La prima mossa di Gorbačëv, una volta salito al governo, fu quella di dare una scossa a un paese che era sull’orlo della fossilizzazione: con la perestrojka, inaugurò una ricostruzione tanto urgente quanto radicale. Le fondamenta solide che occorrevano per questa ricostruzione vennero fornite proprio dalla glasnost’. Contrariamente alla credenza popolare che vuole tradurre glasnost’ con “trasparenza” (forse per un influsso dell’inglese glass), in russo il termine significa “pubblicità”, ovvero la qualità di essere pubblico e diffuso. L’antico slavo ecclesiastico, da cui deriva la radice glas-, parla chiaro: glasu era la “voce”.
La glasnost’ gorbačëviana viene così a inquadrarsi come la libertà d’informazione e di parola, il diritto di ogni cittadino sovietico di esprimere la propria voce. Il Partito non era più il solo depositario della verità e tutto ciò che era di dominio pubblico poteva essere criticato, contestato, rifiutato. La denuncia allo stalinismo che era stata tiepidamente intrapresa da Nikita Sergeevič Chruščëv era ora convinta, e il suo fronte asserragliato. Non solo il passato, tuttavia, era oggetto di rimproveri: Gorbačëv incoraggiò lo scrutinio e l’ammissione dei problemi del governo, qualificando la glasnost’ come una «sana critica delle insufficienze».
La letteratura rinnegata diventa ufficiale
Con Iosif Stalin, qualsiasi opera letteraria che non rispettava i canoni del realismo socialista era da considerarsi opinioni da malelingue, invenzioni denigratorie. Più tardi, con Leonid Il’ič Brežnev, un inaridimento della cultura ufficiale implicò il rigoglìo di sottoculture e sottocorrenti. In particolare, i movimenti del Samizdat e del Tamizdat contribuirono alla tacita diffusione di testi proibiti dal Glavlit, l’organo preposto alla censura letteraria. Già nei primi anni del governo di Gorbačëv la libertà culturale aumentò e la censura s’indebolì notevolmente, finché non si sgretolò, giungendo alla pubblicazione di opere fino a quel momento vietate.
Una delle riscoperte più fulgenti fu Il Dottor Živago di Boris Pasternak, il grande romanzo che mostrò la faccia sanguinaria e fratricida della guerra civile degli anni Venti. Nel 1956, Pasternak aveva rischiato l’espulsione dall’URSS e fu costretto da Chruščëv a rifiutare il Nobel per la letteratura; nel 1988, quella stessa rivista che lo aveva ripudiato pubblicò l’intero romanzo a puntate.
Un altro esempio che vale la pena citare è Arcipelago Gulag di Aleksandr Solženicyn, una delle denunce più intense ai campi di concentramento di epoca staliniana. L’autore, che aveva trascorso diversi anni in un gulag come prigioniere politico, arricchì la sua narrazione con interviste e documenti ufficiali. Tuttavia, l’inchiesta ebbe risonanza mondiale solo quando la rivista Novyj Mir la pubblicò nel 1989 – prima di quel momento in Russia aveva circolato silenziosamente solo in Samizdat.
L’emancipazione del cinema
Non fu solo la parola scritta a beneficiare di questa nuova emancipazione: anche la settima arte poté respirare aria nuova. Nel maggio del 1986, il Congresso dell’Unione dei Cineasti si ribellò al Goskino (l’ente di censura cinematografica), al suo attaccamento alla tradizione e al nepotismo dilagante nelle scuole di regia. Ci si batté per un rinnovamento stilistico e soprattutto tematico, e i risultati furono rivoluzionari. Questi anni videro l’uscita di La fredda estate del 1953, che narrava le vicende di alcuni criminali rilasciati dai gulag dopo un’amnistia; Intergirl, che aveva come protagonista una prostituta ed era ricco di scene osé; Il corriere, una sorta di Laureato sovietico. Su tutti, però, trionfa Pentimento, pellicola del regista georgiano Tengiz Abuladze uscita nel 1986 (sebbene girata due anni prima). Stendardo della critica antistalinista, è la storia di una donna che denuncia i crimini di un despota dalle fattezze vagamente familiari…
Un poster di “Pentimento” di Tengiz Abuladze, 1986
L’uomo sovietico e lo spirito critico
Sul versante scolastico, dopo secoli di anti-intellettualismo venne promosso il libero pensiero. «Tutti devono imparare a criticare» aveva affermato Gorbačëv. Fu così che ai bambini venne insegnato come pensare da soli, poiché il nuovo uomo sovietico doveva essere dotato di spirito critico. Grazie a questa nuova ottica poté fiorire anche la publicistika, ossia quel ramo della saggistica che si occupa di riflettere su argomenti sociali, politici, economici e storici. In molti si impegnarono nella condanna allo stalinismo, nonché all’ammissione degli errori di quel regime comunista che fino a quel momento era stato considerato inappuntabile. C’era chi invece concentrava il proprio sguardo sull’attualità, constatando le carenze della perestrojka che stava vivendo in prima persona.
La glasnost’ dopo Gorbačëv
È innegabile che la glasnost’ abbia rappresentato un passo verso il diritto inalienabile di espressione. Eppure, questa parola, per molti associata alla perestrojka, ricorda loro anche i lati più oscuri di quel periodo: l’inflazione in perenne crescita, il settore agricolo in affanno, la catastrofe di Černobyl’, la disastrosa campagna contro l’alcol. A questo elenco numerosi russi aggiungerebbero, non da ultima, la disgregazione dell’URSS. Benché la disfatta dell’Unione sia stata accolta con entusiasmo in Occidente – e a maggior ragione da paesi quali Ucraina, Polonia, Lituania ed Estonia – è anche corretto da parte nostra sforzarci a uno sguardo d’insieme: la perestrojka non fu affatto un’era impeccabile, ma fu comunque un tentativo. L’assenza di Vladimir Putin dai funerali di Gorbačëv, qualche settimana fa, è il segnale che questo tentativo è stato ormai troncato e rinnegato. È una tacita dichiarazione: la glasnost’ è sottoterra, insieme a colui che l’ha creata.