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Occupato un laboratorio di virus: rischio biologico in Sudan. E la tregua regge 

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Distruzione a Khartoum. (25.4.2023)   –  Diritti d’autore  Marwan Ali/Copyright 2023 The AP. All rights reserved.

Di Cristiano Tassinari  & Euronews – Ansa

Un gruppo armato appartenente al gruppo paramilitare sudanese “Rapid Support Forces” (Rsf) ha occupato e sgomberato il personale di un laboratorio dove sono conservati campioni di virus di varie malattie contagiose, che rappresentano un grave rischio biologico, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

Nima Saeed Abid, Rappresentante Oms in Sudan, spiega:
“Hanno occupato tutto e cacciato tutti i tecnici! La situazione è estremamente, estremamente pericolosa, perché in questo laboratorio custodiamo agenti patogeni e abbiamo isolato campioni di poliomielite, morbillo e colera. Quindi, esiste un enorme rischio biologico associato all’occupazione del Central Public Health Lab a Khartoum da parte di una delle fazioni in guerra”.

“La situazione è estremamente pericolosa”:..Screenshot Euronews

La tregua per fuggire

Migliaia di sudanesi stanno approfittando della tregua di 72 ore, decretata dalle due parti in guerra, per fuggire.
E, soprattutto, per abbandonare le zone di combattimento, come Ondurman, nell’area della capitale Khartoum, verso zone più sicure. E, ancora meglio, verso Paesi stranieri, pronti ad accoglierli, come l’Egitto.

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I combattimenti tra l’esercito sudanese e il gruppo paramilitare “Rapid Support Forces” (Rsf) hanno provocato la morte di circa 460 persone e il ferimento di oltre 4.000.

In Sudan, “dopo 10 giorni di combattimenti, la carenza di cibo, acqua, medicinali e carburante sta diventando estremamente acuta, specialmente a Khartoum e nelle aree circostanti”, ha lanciato l’allarme l’Ufficio umanitario delle Nazioni Unite (Ocha).

“Almeno 20 ospedali sono stati costretti a chiudere a causa di danni, uso militare o mancanza di risorse”. È l’ultimo bilancio della situazione in Sudan, riferito al Consiglio di Sicurezza, dall’assistente segretaria generale Onu per gli Affari Umanitari, Joyce Msuya, nota microbiologa tanzaniana.

“Anche prima del 15 aprile, giorno d’inizio dei combattimenti, i bisogni umanitari erano a livelli record:  15,8 milioni di persone avevano bisogno di aiuti umanitari, 4 milioni di bambini e donne in gravidanza e in allattamento erano malnutriti, 3,7 milioni di persone erano sfollati interni. Ma adesso la situazione sta inevitabilmente peggiorando”, ha spiegato Joyce Msuya.

La tregua regge, a fatica

La tregua, in realtà, non è stata pienamente rispettata: nella giornata di martedì, infatti, si sono verificati alcuni sporadici combattimenti.

Khartoum, 25.4.2023.Marwan Ali/Copyright 2023 The AP. All rights reserved.

I paramilitari Rsf hanno accusato l’esercito di aver violato il cessate il fuoco “continuando ad attaccare Khartoum con gli aerei”.
A Omdurman, a nord della capitale, un colpo di artiglieria è finito su un ospedale causando feriti e costringendo all’evacuazione dei pazienti, mentre a Port Sudan l’esercito denuncia il tentativo dei miliziani Rsf di “assaltare le prigioni”.

Trattative in corso?

Il quotidiano egiziano “al Ahram” sostiene che sarebbero in corso negoziati per arrivare a un incontro tra il leader de facto del Sudan, Abdel Fattah al-Burhan, capo delle Forze armate sudanesi, e quello delle Rsf, Mohamed Hamadan Dagalo.

L’Onu afferma che la situazione in Sudan potrebbe portare circa 270.000 persone a cercare rifugio, nei prossimi giorni, in paesi vicini, come il Ciad o il Sud Sudan, oppure in Egitto, destinazione privilegiata dei sudanesi, in quanto tra Il Cairo e Khartoum esiste un accordo di libera circolazione e accoglienza.

La fuga degli stranieri

Sollievo, paura, caos, tristezza. Si sentono i cittadini europei che, dopo la richiesta di lasciare il Sudan devastato dalla guerra, sono stati rimpatriati grazie alle operazioni militari coordinate da vari stati.

Un aereo Air France, a bordo 245 passeggeri, l’ultimo di una serie di voli di emergenza, è atterrato a Parigi. Alcuni di loro hanno raccontato di un terribile calvario nel tentativo di fuggire.”Abbiamo vissuto una settimana di caos e possiamo solo essere felici di essere a casa. Era improbabile che non ci fossero morti. Ci sono alcuni feriti che staranno bene e quindi siamo molto felici che sia finì così”, racconta un cittadino francese.

“La sensazione che ho avuto fin dal primo giorno degli scontri era quella di sentirmi paralizzata, non sapevo cosa fare, non sapevo come scappare. L’aeroporto era chiuso. Non potevamo partire”, sottolinea una donna

La comunità internazionale ha messo in moto una macchina per evacuare tutti stranieri e alcuni cittadini sudanesi insieme al personale della missione Onu nel Paese. Molti sono stati imbarcati su una fregata francese a Port Sudan.

Intanto più di 1.000 sfollati provenienti da 58 paesi diversi sono arrivati alla base navale di Jeddah in Arabia Saudita, tra cui cittadini di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Turchia, Indonesia e Yemen.