Il Consiglio Europeo che si riunirà oggi e domani a Bruxelles, avrà sul tavolo prima di tutto l’economia, e in secondo piano gli affari esteri. I capi di Stato e di governo parleranno anche di migrazioni, ma nessuno si attende grosse novità, anche perché la strategia da seguire su questa materia è già stata ampiamente discussa, e messa nero su bianco nelle conclusioni, nel Consiglio straordinario del 9 febbraio scorso.
Come spiega un alto funzionario Ue, “quello che conta è che abbiamo fissato una linea di azione; ora bisogna attuarla”. Non vuol dire che venga messa nel cassetto: “Manteniamo la pressione”, nel senso che la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e la presidenza svedese aggiorneranno i leader su quello che è stato fatto dal 9 febbraio ad oggi. Von der Leyen lo ha già spiegato in una dettagliatissima lettera diffusa lunedì sera. “La stessa cosa avverrà nel Consiglio Europeo di giugno – continua la fonte – l’intenzione non è quello di riaprire la discussione ogni volta, ma di attuare quello che si è già deciso”.
Per l’Italia, negli aggiornamenti forniti da von der Leyen, ci sono vari aspetti che vengono registrati con soddisfazione, a partire dal fatto che il 26 e 27 marzo il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni sarà a Tunisi, segno che anche a livello Ue si è finalmente compresa l’urgenza di stabilizzare la Tunisia. E’ probabile, a proposito, che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, rimarchi la necessità di sbloccare il prestito del Fondo Monetario Internazionale a Tunisi, tuttora in sospeso.
Il Consiglio Europeo di oggi sarà il primo ordinario del 2023 e verrà seguito dall’Eurosummit in formato allargato, a 27 il giorno successivo. Il summit inizierà prima del solito, alle 11.30 (i prevertici dei grandi partiti europei si svolgeranno di prima mattina: è attesa anche la segretaria del Pd Elly Schlein) per un pranzo di lavoro con il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, con il quale ci sarà uno scambio “sulle principali questioni geopolitiche e sulle sfide globali”, come ha spiegato il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.
Dopo il consueto intervento della presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, il primo tema in agenda è la guerra in Ucraina. All’inizio della riunione, il presidente Volodymyr Zelenskyy sarà collegato in videoconferenza. “Come sempre – ha confermato Michel – ribadiremo il nostro fermo impegno ad assistere” Kiev, impegno che include il lavoro sulle “responsabilità” per i crimini di guerra, sull’uso dei beni russi congelati dalle sanzioni e il sostegno all’ordine internazionale basato sulle regole, quello che gli americani chiamano l’American-led order.
Dal Consiglio straordinario del 9 febbraio, l’Ue ha lavorato per “aumentare urgentemente la produzione e la consegna di munizioni all’Ucraina”, nota Michel. Il problema è che in pochi, in Europa, si attendevano una guerra lunga di attrito, con un enorme dispendio di munizioni da entrambe le parti. E l’apparato militare-industriale europeo, frammentato in tanti piccoli feudi nazionali, ha delle difficoltà (anche gli Usa, in verità, hanno problemi di produzione): “Il nostro obiettivo è fornire all’Ucraina 1 milione di munizioni entro i prossimi 12 mesi e garantire finanziamenti adeguati”, dice Michel.
Lo schema adottato su proposta di Josep Borrell, con acquisti congiunti tramite la European Defence Agency, comporta tempi lunghi: i primi ordini di munizioni da 155 mm, bene che vada, saranno piazzati entro fine maggio. I tempi di consegna medi dell’industria Ue per questi proiettili da mezzo quintale sono di 12 mesi. Nel frattempo, si rifinanzierà la European Peace Facility per rimborsare gli Stati che scelgano di dirottare verso Kiev munizioni rivenienti dagli stock o da ordini già in corso.
Anche se le consistenze delle scorte sono “informazioni classificate”, come dice un alto funzionario Ue, lo stato degli arsenali europei è ben lontano dall’essere ottimale, dopo anni e anni di austerità e di tagli alle spese per la difesa: come hanno spiegato recentemente Max Bergmann e Sophia Besch su Foreign Affairs, le forze armate tedesche hanno scorte di munizioni sufficienti per una guerra di “qualche ora”, al massimo “qualche giorno”. Nonostante questi limiti, fonti dell’Eliseo salutano con soddisfazione l’accordo, che i leader ‘endorseranno’ nelle conclusioni, anche perché circoscrive gli acquisti congiunti di munizioni “all’industria europea, più la Norvegia”.
Ora, davanti alla Russia che ha gridato “alt”, con i cannoni, all’espansione dell’Ue, è chiara la necessità di aumentare la produzione di armi in Europa: “Dovremo adottare misure per potenziare la capacità produttiva dell’industria europea della difesa”, scrive Michel. Si vedrà quanto rapida sarà l’espansione della base produttiva di armamenti, ma nessuno pensa che si possa realizzare in poche settimane. Un problema simile l’Ue lo ha sperimentato con i vaccini anti-Covid, la cui produzione di massa, che ha consentito all’Ue di domare la pandemia, è avvenuta esclusivamente grazie al colosso del Big Pharma made in Usa Pfizer.
“Faremo tutto il possibile” per aiutare l’Ucraina, spiega un alto funzionario Ue, che però non arriva a dirsi “ottimista” sul fatto che le scorte e gli ordini di munizioni esistenti possano bastare a rifornire l’Ucraina in misura sufficiente ad arrivare al momento in cui l’industria Ue sarà in grado di produrre armamenti in misura sufficiente. Ci sono però anche gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che sostengono l’Ucraina in maniera cospicua.
Oltre all’Ucraina, i leader discuteranno della “competitività a lungo termine dell’Ue e dell’ulteriore approfondimento del mercato unico”. Per Michel, “è il momento di sfruttare appieno i nostri punti di forza e affrontare le nostre carenze”. Le conclusioni del Consiglio in materia sono lunghe e riguardano, riassume Michel, “l’esame dei modi per potenziare la capacità di innovazione dell’Ue e rafforzare la nostra Unione dei mercati dei capitali”, per “stimolare gli investimenti per rafforzare la nostra base tecnologica e realizzare le nostre transizioni verde e digitale”. I leader avranno anche un “approfondito scambio di opinioni” sulla politica commerciale, alla luce del contesto geopolitico.
Per quanto riguarda l’energia, la priorità, scrive Michel, “continua ad essere quella di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento a prezzi accessibili”. I leader discuteranno i modi per “raggiungere questo obiettivo”. Nella bozza delle conclusioni, si invitano la Commissione e gli Stati membri a prepararsi e a predisporre piani di emergenza in vista della “nuova stagione” di riempimento delle scorte di gas, che sarà senza gas russo, o quantomeno con molto meno gas russo rispetto all’anno scorso. Si esortano tutti gli “stakeholder”, i portatori di interesse, a fare “pieno uso” della piattaforma Ue per gli acquisti congiunti di gas “a prezzi sostenibili”. Per quanto riguarda l’Italia, si guarda con soddisfazione al fatto che il passaggio sulla riforma del mercato elettrico è stato reso temporalmente più stringente: si invitano esplicitamente i colegislatori ad avanzare “senza ritardo”, in modo da assicurarne l’approvazione “entro la fine del 2023”.
E’ prevista anche una discussione sulla politica commerciale, che potrebbe tenersi o nella nottata di oggi di o nella mattinata di domani. L’accordo con il Mercosur, che pone problemi a diversi Paesi tra cui l’Italia, sarà probabilmente uno dei punti focali del dibattito. Non è in agenda, né è stata preparata in Coreper, una discussione sul regolamento in materia delle emissioni degli autoveicoli (ma non è detto che non se ne parli), la cui approvazione finale è stata fermata in Coreper da una minoranza di blocco formata da Italia, Polonia, Bulgaria e Germania. Il Parlamento non ha alcuna intenzione di riaprire il testo, che è stato chiuso in trilogo: il lavoro legislativo è concluso, le difficoltà sono nel Consiglio e devono vedersela loro, è la sostanza del ragionamento che si fa in place du Luxembourg.
La Germania è l’ago della bilancia e la Commissione, con Frans Timmermans, sta trattando sui carburanti sintetici con Berlino, dove i Liberali dell’Fdp, in difficoltà in una coalizione a trazione sinistra con Spd e Verdi, cercano di incidere su diversi dossier, per recuperare consensi in patria. “Sono dinamiche di politica interna tedesche – conferma una fonte diplomatica Ue – tutti abbiamo una nostra politica interna”. La trattativa, per ora, è solo tra Commissione e Germania, come ha confermato anche l’eurodeputato di Fi Massimiliano Salini. Sui biocarburanti, cari all’Italia, per ora non si registrano aperture. A prescindere da come finirà, il nostro Paese voterà comunque contro il regolamento, come ha detto chiaramente il ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso, anche per dare “un segnale”.
E’ molto probabile che questo “segnale” venga ribadito anche dalla premier, forse anche nel Consiglio Europeo di oggi. Ci si aspetta che Giorgia Meloni sottolinei la posizione critica dell’Italia in merito a diversi aspetti del Green Deal che, d’altra parte, è stato concepito sulla base dell’assunzione che i prezzi dell’energia sarebbero andati calando, dopo la fine della pandemia di Covid-19. Così non è stato, perché Vladimir Putin ha attaccato l’Ucraina.
Dal regolamento sulle emissioni delle auto a quello sulle case green, sono diversi i provvedimenti legislativi che creano difficoltà ad un Paese manifatturiero, i cui cittadini sono molto propensi ad investire negli immobili i propri risparmi. Al di là delle diverse sfumature, che ogni partito politico declina a suo modo, l’Italia non ha mai avuto governi ultra-ecologisti. Lo stesso fondatore dell’Ulivo Romano Prodi si è espresso in termini assai critici nei confronti del regolamento sulle emissioni delle auto, cuore dell’industria meccanica del Nord Italia. Domani, invece, sarà il giorno dell’Eurosummit, a 27, con Christine Lagarde, presidente della Bce, e Paschal Donohoe per l’Eurogruppo, per fare il punto sulla situazione economica e finanziaria. Non dovrebbe essere un Eurosummit rituale: “Affronteremo anche il coordinamento delle nostre politiche di bilancio, scambieremo opinioni sulla governance economica e faremo il punto sull’architettura finanziaria della nostra Unione economica e monetaria”, sintetizza Michel.
Tra crisi bancarie negli Usa e in Svizzera e riforma del patto di stabilità, gli argomenti di discussione di sicuro non mancano: un alto funzionario Ue spiega che “i leader saranno ansiosi di sentire da Lagarde” spiegazioni su quello che sta accadendo. “Per esperienza, le discussioni con Lagarde e Donohoe sono davvero impegnative”. Si prevedono dunque “domande molto dettagliate su cosa verrà fatto” per evitare l’allargarsi al resto d’Europa delle crisi bancarie esplose negli Usa e poi in Svizzera, con il salvataggio di Credit Suisse ad opera di Ubs, grazie alle casse dello Stato. La discussione tra i leader domani “potrà essere lunga, ma non perché c’è una crisi”. E la presidente Lagarde “è molto brava rispondere a domande dettagliate”.
Sulla riforma del patto di stabilità, diverse delegazioni vorrebbero una discussione approfondita, dopo le conclusioni dell’Ecofin, ma più fonti sono concordi nell’indicare che la volontà della presidenza è di averla, a livello di leader, solo una volta che sarà sul tavolo la proposta legislativa della Commissione, che fonti dell’Eliseo prevedono arrivi “nella seconda metà di aprile, a priori”, quindi probabilmente prima dell’Eurogruppo-Ecofin informale che si riunirà a Stoccolma ill 28-29 aprile. Una discussione tra i leader senza avere ancora sul tavolo una proposta legislativa, nota una fonte diplomatica Ue, “non darebbe alcun valore aggiunto”. Certo, nulla impedisce che qualche leader sollevi la questione, ma la volontà della presidenza è di evitare una discussione approfondita su un argomento tuttora divisivo. Almeno in questa fase.