Descrizione storico-architettonica
Il Teatro Olimpico, situato all’interno del complesso del palazzo del Territorio, è composto da una cavea semiellittica inscritta in un rettangolo, e da un imponente proscenio rettangolare di minore larghezza che la fronteggia, dai cui ingressi si dipartono a raggiera sette scene lignee prospettiche.
La cavea lignea è cinta alla sommità da una loggia corinzia, che al centro e agli estremi del circuito semiellittico si appoggia ai muri perimetrali, formando nicchie ornate da statue. Sculture sono poste anche sulla balaustra che corona in sommità la loggia. L’intero spazio della cavea è coperto da un soffitto piano.
Il grandioso proscenio del teatro è suddiviso in sette campate da due ordini architettonici corinzi e soprastante attico a pilastrini, ed è aperto al centro da un’ampia apertura centinata (“porta regia”), il cui arco irrompe nel secondo ordine, e da due porte laterali più strette (“hospitalia”), la cui altezza è invece contenuta nell’ordine inferiore. Anche nelle versure (pareti laterali della scena) si aprono piccole porte. L’intera superficie è impreziosita dalla plasticità delle nicchie a edicola e dalla ricchezza della decorazione scultorea. Il proscenio è coperto da un soffitto ligneo a cassettoni.
Dalle cinque aperture del proscenio si irradiano le scene che rappresentano le sette vie di Tebe, costituite da finte quinte architettoniche classicheggianti riprodotte in forte prospettiva, in modo da accentuarne visivamente la profondità.
Committente dell’opera fu l’Accademia Olimpica, cenacolo culturale di nobili e artisti, sorto a Vicenza nel 1555 sotto l’egida di Giangiorgio Trissino, scopritore negli anni Trenta del Palladio. Per l’Accademia Palladio aveva già realizzato allestimenti teatrali effimeri, forte dei suoi studi dei teatri romani antichi.
Solo nel 1580 si concretizzava, finalmente, l’occasione di costruire un teatro stabile, che compiva l’aspirazione rinascimentale, a lungo perseguita ma mai fino ad allora attuata, di realizzare uno spazio ispirato alle grandi strutture teatrali dell’antichità classica. In quell’anno, infatti, l’Accademia ottenne dal Comune la disponibilità dell’area dentro il Palazzo del Territorio, nel settore prima occupato dalle prigioni; tuttavia, Palladio morì appena sei mesi dopo.
I lavori, già dal 1581, proseguirono sotto la supervisione del figlio Silla; entro il 1583 erano già completati la cavea e il proscenio. Frattanto, nel 1582 il Comune concedeva all’Accademia un’altra fascia di terreno per realizzarvi le scene in prospettiva. L’ideazione, dopo che nel 1583 si era deciso di inaugurare il teatro con la rappresentazione dell’Edipo Re di Sofocle, veniva affidata nel maggio 1584 all’architetto Vincenzo Scamozzi, che le realizzava agli inizi del 1585, in tempo per lo spettacolo inaugurale del 3 marzo.
Abbastanza controversa risulta essere la questione della copertura delle varie parti del teatro. In alcune stampe del Seicento il palcoscenico appariva coperto da un soffitto a cassettoni con riquadri dipinti, mentre sulla cavea e sulle scene centrali era rappresentato un “finto aere”. Nel corso dell’Ottocento furono elaborate diverse soluzioni, finché nel 1914, su progetto di Marco Dondi Dall’Orologio, si realizzava sopra il proscenio l’attuale soffitto a cassettoni, con decorazioni di Umberto Brambilla e dipinti di Ludovico Pogliaghi. Contemporaneamente sul soffitto della cavea veniva dipinto un finto cielo a opera di Ferdinando Bialetti.
Durante la seconda guerra mondiale le scene scamozziane furono smontate e poste in un luogo sicuro; il rimontaggio avvenne nel 1948.
Nel corso dei restauri del 1959-60 venne ricavata sotto la gradinata della cavea una nuova galleria di distribuzione con annessi servizi, e si praticarono alle estremità della base della cavea due aperture di accesso.
Nell’ultimo decennio del Novecento sono stati compiuti alcuni interventi conservativi e di adeguamento impiantistico.
(fonte: Guida al sito UNESCO edito da Ufficio Unesco Vicenza)