Il trattato di Nizza ha preparato solo in parte l’Unione europea agli importanti allargamenti del 2004 e del 2007 verso est e verso sud. Di conseguenza, dando seguito alle questioni sollevate nella dichiarazione di Laeken, la Convenzione sul futuro dell’Europa si è adoperata per dotare l’Unione di una nuova base giuridica, elaborando il trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. In seguito all’esito negativo dei referendum tenutisi in due Stati membri, questo trattato non è stato ratificato.
Il trattato è stato firmato il 26 febbraio 2001 ed è entrato in vigore il 1o febbraio 2003.
Conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Helsinki del 1999, entro la fine del 2002 l’Unione europea doveva essere in grado di accogliere come nuovi Stati membri i paesi candidati pronti per l’adesione. Poiché solo due dei paesi candidati avevano una popolazione superiore alla media degli Stati già membri, il peso politico dei paesi meno popolosi sarebbe aumentato in modo considerevole. Il trattato di Nizza mirava dunque a rendere più efficienti e legittime le istituzioni dell’UE e a preparare l’Unione al prossimo grande allargamento.
Le conferenze intergovernative (CIG) di Maastricht e Amsterdam avevano affrontato alcune questioni istituzionali, senza però pervenire a risultati soddisfacenti (le cosiddette questioni lasciate in sospeso dal trattato di Amsterdam). Si trattava, tra l’altro, delle dimensioni e della composizione della Commissione, della ponderazione dei voti in seno al Consiglio e dell’estensione del voto a maggioranza qualificata. Sulla base di una relazione della Presidenza finlandese, alla fine del 1999 il Consiglio europeo di Helsinki ha stabilito la necessità di convocare una conferenza intergovernativa per affrontare tali questioni in sospeso e predisporre tutte le altre modifiche necessarie in vista dell’allargamento.
La conferenza intergovernativa ha avuto inizio il 14 febbraio 2000 e si è conclusa a Nizza il 10 dicembre 2000 con un accordo sulle suddette questioni istituzionali e su una serie di altri punti, tra cui una nuova ripartizione dei seggi al Parlamento europeo, una cooperazione rafforzata più flessibile, il monitoraggio dei diritti e dei valori fondamentali in seno all’Unione e il rafforzamento del sistema giudiziario dell’UE.
Considerando congiuntamente il sistema di votazione in seno al Consiglio, la composizione della Commissione e, in una certa misura, la distribuzione dei seggi al Parlamento, la conferenza intergovernativa ha compreso che l’imperativo principale era la modifica della ponderazione relativa degli Stati membri, un tema che nessun’altra CIG aveva affrontato dopo il trattato di Roma.
Due i metodi prospettati per definire il voto a maggioranza qualificata: una nuova ponderazione dei voti volta a modificare quella in uso o l’applicazione di una doppia maggioranza (di voti e di popolazione), soluzione proposta dalla Commissione e sostenuta dal Parlamento. La CIG ha optato per la prima soluzione. Anche se il numero dei voti è stato aumentato per tutti gli Stati membri, la quota riservata a quelli più popolosi è diminuita: se inizialmente era pari al 55% dei voti, tale quota è passata al 45% con l’adesione dei dieci nuovi membri e il 1o gennaio 2007 è stata quindi portata al 44,5%. Per questo motivo è stata introdotta la «rete di sicurezza» demografica: uno Stato membro può chiedere di verificare che la maggioranza qualificata rappresenti almeno il 62% della popolazione totale dell’Unione. Se questa condizione non è soddisfatta, la misura non può essere adottata.
Dal 2005, la Commissione comprende un commissario per Stato membro. Il Consiglio ha la facoltà di decidere, deliberando all’unanimità, in merito al numero dei commissari e alle disposizioni relative a un sistema di rotazione, a condizione che ogni Commissione rispecchi la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri.
Il trattato di Nizza conferisce al presidente della Commissione la facoltà di ripartire le responsabilità tra i commissari e di ridistribuire tali responsabilità nel corso del mandato, nonché di scegliere i vicepresidenti e di stabilirne il numero.
Il trattato di Amsterdam aveva fissato a 700 il numero massimo dei deputati al Parlamento europeo. A Nizza, il Consiglio europeo ha ritenuto necessario, in vista dell’allargamento, rivedere il numero di deputati per Stato membro. La nuova composizione del Parlamento è stata altresì utilizzata per compensare la ponderazione modificata dei voti in seno al Consiglio. Il numero massimo dei deputati al Parlamento europeo è stato dunque fissato a 732.
Il Parlamento è stato abilitato, come il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri, a presentare ricorso contro gli atti del Consiglio, della Commissione o della Banca centrale europea per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione del trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione, o per sviamento di potere.
Facendo seguito a una proposta della Commissione, l’articolo 191 è divenuto base giuridica operativa, consentendo l’adozione, mediante procedura di codecisione, dei regolamenti che disciplinano i partiti politici a livello europeo e delle norme che regolano il loro finanziamento.
I poteri legislativi del Parlamento sono stati estesi, ampliando leggermente il campo di applicazione della procedura di codecisione e stabilendo la necessità di ottenerne il parere conforme ai fini dell’instaurazione della cooperazione rafforzata negli ambiti oggetto di codecisione. Il Parlamento deve inoltre formulare un parere nei casi in cui il Consiglio si pronunci sul rischio di una grave violazione dei diritti fondamentali in uno Stato membro.
La Corte di giustizia dell’UE ha la possibilità di operare in diverse formazioni: essa può riunirsi in sezioni (composte da tre o cinque giudici), in grande sezione (11 giudici) o in seduta plenaria. Il Consiglio, deliberando all’unanimità, può aumentare il numero degli avvocati generali. Anche se la Corte di giustizia dell’UE continua a essere competente in merito alle questioni pregiudiziali, in base al suo statuto può delegare al Tribunale di primo grado tipi di questioni diversi da quelli elencati all’articolo 225 del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE).
Le competenze del Tribunale (noto come Tribunale di primo grado fino all’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009) sono state estese a determinate categorie di pronunce pregiudiziali. Le camere giurisdizionali possono essere istituite dal Consiglio mediante decisione all’unanimità. Tutte queste disposizioni operative, in particolare le competenze del Tribunale, sono da allora in poi stabilite dal trattato stesso.
Benché un numero considerevole di nuove politiche e disposizioni (27) fosse ora sottoposto al voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, la codecisione è stata estesa soltanto a qualche ambito minore (ex articoli 13, 62, 63, 65, 157, 159 e 191 del trattato CE), mentre il parere conforme è richiesto per le materie attinenti all’ex articolo 161.
Come il trattato di Amsterdam, il trattato di Nizza contiene disposizioni generali, applicabili a tutti i settori della cooperazione rafforzata, e disposizioni specifiche per il pilastro interessato. Tuttavia, mentre il trattato di Amsterdam prevedeva la cooperazione rafforzata solo per il primo e il terzo pilastro, quello di Nizza la contempla per tutti e tre i pilastri.
Il trattato di Nizza ha introdotto ulteriori modifiche: il deferimento al Consiglio europeo non è più possibile ed è stato chiarito il concetto di «termine ragionevole». Il parere conforme del Parlamento è ormai necessario in tutti i settori nei quali la cooperazione rafforzata riguarda una questione sottoposta alla procedura di codecisione.
All’articolo 7 del trattato sull’Unione europea (TUE) è stato aggiunto un paragrafo volto a disciplinare i casi in cui, vi sia un «evidente rischio» di violazione dei diritti fondamentali. Il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri e previa approvazione del Parlamento europeo, determina se un siffatto rischio esista e rivolge adeguate raccomandazioni allo Stato membro interessato. È stata proclamata una Carta dei diritti fondamentali non vincolante.
Come per le precedenti conferenze intergovernative, il Parlamento è stato attivamente coinvolto nella preparazione della CIG del 2000. Nelle risoluzioni del 18 novembre 1999 sulla preparazione della riforma dei trattati e la prossima Conferenza intergovernativa e del 31 maggio 2001 sul trattato di Nizza e il futuro dell’Unione europea, ha espresso il proprio punto di vista sull’ordine del giorno della conferenza e sui suoi progressi e obiettivi. Ha altresì espresso il proprio parere sul contenuto e sugli effetti giuridici della Carta dei diritti fondamentali. Il Parlamento ha soprattutto insistito che la successiva CIG avrebbe dovuto svolgersi in modo trasparente, con la partecipazione dei deputati al Parlamento europeo, dei parlamenti nazionali e della Commissione e tenendo conto dei contributi dei cittadini, e che tale processo avrebbe dovuto concludersi con la stesura di un documento di carattere costituzionale.
La Convenzione sul futuro dell’Europa
Sulla base della dichiarazione n. 23 allegata al trattato di Nizza, il Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001 ha deciso di organizzare una Convenzione che riunisse i principali attori interessati al dibattito sul futuro dell’Unione europea. Tale Convenzione avrebbe avuto l’obiettivo di preparare la successiva CIG nel modo più trasparente possibile, affrontando le quattro grandi questioni legate all’ulteriore sviluppo dell’UE: migliore ripartizione delle competenze, semplificazione degli strumenti operativi dell’Unione, rafforzamento della democrazia, della trasparenza e dell’efficacia; nonché elaborazione di una Costituzione per i cittadini europei.
La Convenzione era composta da un presidente (Valéry Giscard d’Estaing), due vicepresidenti (Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene), quindici rappresentanti dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, trenta membri dei parlamenti nazionali (due per Stato membro), sedici deputati al Parlamento europeo e due membri della Commissione. I paesi candidati all’adesione hanno altresì partecipato al dibattito in condizioni di parità, senza però avere il potere di bloccare un eventuale consenso raggiunto dagli Stati membri. La Convenzione contava quindi un totale di 105 membri.
Oltre al presidente e ai vicepresidenti, il Praesidium comprendeva nove membri della Convenzione e un invitato designato dai paesi candidati. Il Praesidium aveva il compito di dare impulso alla Convenzione e di assicurarle una base di lavoro.
I lavori della Convenzione si sono articolati secondo le fasi seguenti: una «fase di ascolto», durante la quale essa ha cercato di individuare le aspirazioni e le esigenze degli Stati membri e dei cittadini europei, una fase di riflessione, dedicata all’esame delle idee espresse, e una fase di elaborazione di raccomandazioni basate sulla sintesi delle discussioni. Alla fine del 2002, 11 gruppi di lavoro hanno presentato alla Convenzione le proprie conclusioni. Durante il primo semestre del 2003, la Convenzione ha redatto e discusso un testo che è divenuto il progetto di trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.
La parte I del trattato (principi e istituzioni, 59 articoli) e la parte II (Carta dei diritti fondamentali, 54 articoli) sono state presentate al Consiglio europeo di Salonicco il 20 giugno 2003. La parte III (politiche, 338 articoli) e la parte IV (disposizioni finali, 10 articoli) sono state presentate alla Presidenza italiana il 18 luglio 2003. Il Consiglio europeo ha adottato il testo in questione il 18 giugno 2004 apportandovi una serie di modifiche, senza però intervenire sulla struttura di base del progetto di testo proposto dalla Convenzione. Il trattato, approvato dal Parlamento europeo, è stato respinto dalla Francia (29 maggio 2005) e dai Paesi Bassi (1o giugno 2005) nei loro referendum nazionali. In seguito all’esito negativo dei due referendum tenutisi in Francia e nei Paesi Bassi, la procedura di ratifica del trattato che adotta una Costituzione per l’Europa non è stata conclusa.
Secondo la maggior parte degli osservatori, il contributo dei deputati al Parlamento europeo durante i lavori della Convenzione è stato decisivo. Vari aspetti, quali la loro esperienza negoziale in un contesto internazionale e il fatto che la Convenzione si riunisse nelle sedi del Parlamento, hanno consentito ai deputati di influenzare ampiamente i dibattiti e i risultati della Convenzione. I deputati hanno inoltre contribuito attivamente alla formazione delle famiglie politiche, composte da membri del Parlamento europeo e dai loro omologhi dei parlamenti nazionali. Il Parlamento è riuscito dunque a realizzare molti dei suoi obiettivi iniziali, la maggior parte dei quali è oggi inserita nel trattato di Lisbona.
Ina Sokolska fonte@ europarl.europa.eu