di Ignazio Burgio.
Chi si trova sulle scalinate che sovrastano la fontana “a cascata” di Largo Paisiello, a Catania, potrà accorgersi che nel sottostante e adiacente slargo circolare si trova disegnata sulla sua pavimentazione la figura di un labirinto, di forma perfettamente ottagonale. Di colore bianco sullo sfondo rossastro delle altre mattonelle, è grande quasi come l’intera piazzetta, con un diametro di più di 23 metri. E, come può accorgersi bene chi è appassionato di tale simbolo (ad es. chi sta scrivendo), possiede caratteristiche uniche fra tutti i labirinti – ottagonali e non – presenti in Italia.
Nel nostro Paese infatti, pur esistendo molti labirinti di tutte le epoche – preistorici, romani, medievali, rinascimentali, ecc. compresi gli straordinari giardini-labirinti – quelli disegnati sui pavimenti delle piazze sono veramente rari. Quasi tutti sono correlati ad architetture religiose e si trovano sui sagrati di chiese e santuari (come quello della chiesa di Sant’Andrea in Antognano, a Parma, del 1994), o sulla pavimentazione delle piazze immediatamente antistanti l’edificio religioso (come il labirinto della chiesa di Santa Cristina (Bz), del 2014, o quello del santuario della Madonna dei Miracoli a Casalbordino, provincia di Chieti, del 2001).
Il labirinto ottagonale di Catania – a quel che è dato finora sapere – è l’unico in Italia ad essere stato realizzato in un contesto urbano civile e laico. È vero, per essere precisi, che ad una cinquantina di metri in linea d’aria si trova il monastero dei domenicani con annessa chiesa (quest’ultima dalla parte opposta del monastero, a più di 200 mt. rispetto alla piazzetta), ma in base alla storia urbanistica si può escludere qualsiasi collegamento fra labirinto ed edifici religiosi. Resta da vedere semmai se la scelta fu casuale, dettata da motivazioni esclusivamente decorative, o meno.
La sua costruzione risale alla metà degli anni ‘50 del secolo scorso. Fino a quella data sul luogo dove oggi vi è il Largo Paisiello e nelle aree circostanti, sorgevano alcune strutture cinematografiche, quali l’Arena Giardino, l’Arena Pacini e il grande anfiteatro Gangi. Un progetto urbanistico denominato “Nuovo Centro Cittadino” realizzò al loro posto il grande piazzale dell’attuale Largo Paisiello, comprendente sia la multicolore fontana con l’acqua che forma una cascata – progettata dall’artista Dino Caruso – sia le grandi scalinate ai due lati che si congiungono sopra la medesima fontana, e che conducono alla sovrastante piazza S. Domenico. All’interno del medesimo progetto urbanistico venne edificato nel 1957 anche lo spiazzo laterale col labirinto (alla destra di chi sale la scalinata).
Secondo ciò che riporta uno storico dell’urbanistica di Catania (G. Margani, Il centro cittadino di Catania, 2005, p. 53), la piazzetta venne realizzata a cura dell’I.N.A. (il vecchio Istituto Nazionale delle Assicurazioni) da architetti e professionisti romani, con l’intenzione di farne in primo luogo un ulteriore ingresso alla prospiciente Villa Bellini (al di là dell’attuale Via Cimarosa) oltre che adibirlo come giardino pensile per finalità ricreative. Ma per vari motivi, tecnici, burocratici e quant’altro, non se ne fece poi nulla, e la piazzetta, ribattezzata dai giovani “Squibb”, dal nome di un emporio nelle vicinanze, finì per essere abbandonata a se stessa: utilizzata prima dai ragazzini per giocarvi a pallone, in tempi più recenti è diventata raduno di “graffitari” (o “writers”, con eufemistica terminologia anglosassone), di cui se ne vedono ancora oggi i segni, specie sui muretti. In questi ultimi anni fortunatamente il Comune ha provveduto a ripulirlo, perlomeno da detriti e cartacce, facendo così riapparire il labirinto con tutto il suo disegno completo.
Dal punto di vista artistico, il labirinto ottagonale è suddiviso in otto settori triangolari (o “spicchi”, se si vuole) composti da cinque serie di corridoi concentrici. Questi si devono percorrere alternativamente da quello più esterno al più interno, o viceversa, prima di passare a un altro settore, l’ultimo dei quali presenta anche lo sbocco verso il centro. Da qui poi si torna verso l’uscita ripetendo il percorso all’inverso. Il labirinto è infatti caratterizzato da un unico percorso, dall’ingresso/uscita fino al centro: niente vicoli ciechi, niente falsi percorsi, niente giri a vuoto (contrariamente a quanto, nell’immaginario collettivo, secondo un vecchio luogo comune, dovrebbe essere ogni labirinto).
Come già detto altrove in questo stesso sito web – a proposito ad es. del Labirinto d’Arianna a Fiumara d’Arte (Me) o del labirinto nel Parco del Castello di Donnafugata (Rg) – i labirinti “in cui ci si smarrisce” nacquero solo a partire dal XVI secolo, probabilmente già alla corte dei Gonzaga a Mantova, intorno al 1525, e sicuramente in Spagna, nell’Alcazar di Siviglia (1540). Tutti i labirinti pre-rinascimentali finora conosciuti – da quelli preistorici in Spagna fino a quelli tardo-medievali in tutta Europa – presentano un solo percorso, dall’esterno fino al centro, unico punto cieco, da cui si può solo invertire la marcia per uscire.
Sono di questo genere ad es. i grandi labirinti presenti sui pavimenti di molte cattedrali gotiche in Francia, come nella ben nota cattedrale di Chartres. Di solito questi ultimi hanno forma circolare, ma ne esistono anche di forma ottagonale come quelli sui pavimenti delle cattedrali di Amiens, Genainville, Selestat, ecc. Il labirinto di Catania non assomiglia tuttavia a nessuno di questi, in primo luogo perché ha solo cinque serie di corridoi concentrici (anche se percorribili a sezioni), poi perché – altra caratteristica praticamente unica – il suo ingresso/uscita si trova in corrispondenza di uno degli angoli o spigoli, cosa non riscontrabile – sui database fin qui consultati – in nessun tipo di labirinto ottagonale attualmente esistente. Tutti infatti presentano l’apertura al centro di uno dei lati. Sembra insomma che chi realizzò il labirinto non prese a modello qualcuno di quelli esistenti, ma forse lo progettò ex-novo, con caratteristiche uniche e originali.
L’unico labirinto che può venire in qualche modo paragonato a quello di Catania è quello ottagonale romano nella Domus Flavia (seconda metà del I sec. d. C.). È costituito anch’esso da cinque corridoi concentrici, ma il percorso è differente, e l’ingresso si trova, anche qui, al centro di uno dei lati. La sua importanza deriva dal fatto che è il primo esempio di labirinto ottagonale nella storia, e risulta quasi perfettamente orientato ai punti cardinali (con un errore di soli 4,5 gradi), il che fa sospettare che avesse anche un significato magico-astrologico. La forma ottagonale nell’antichità simboleggiava infatti l’eternità, poiché si rifaceva ai sette punti dell’orizzonte toccati dal sole al solstizio estivo (da nord-est all’alba, fino a nord-ovest al tramonto), più il nord dove si trovano le stelle circumpolari che non tramontano mai (anche se visibili solo di notte). Similmente – ma non per lo stesso motivo – nel medioevo cristiano l’ottagono simboleggiò la resurrezione e la vita eterna. Per inciso, il labirinto di Catania non sembra sia orientato ai punti cardinali, perlomeno non esattamente, ma in ogni caso è poco probabile che chi lo progettò avesse una tale intenzione.
A distanza di quasi settant’anni, insomma, gli appassionati di labirinti, come chi sta scrivendo, non possono fare a meno di porsi una serie di domande: perché chi progettò la piazzetta decise di inserirvi proprio un labirinto, in un’epoca tra l’altro in cui né in Italia, né in Europa, vi era ancora grande interesse nei confronti di questo simbolo, come dalla fine del secolo scorso in poi? E perché proprio di forma ottagonale? E, ancora, perché invece di prendere a modello uno dei tanti labirinti ottagonali, se ne progettò uno ex-novo? Vi era un intento preciso, come lasciare un’originalissima firma, o lanciare un “messaggio” simbolico-spirituale solo a chi conoscesse i labirinti e il loro linguaggio? O forse intendeva essere un omaggio ad un altro labirinto che, secondo le cronache antiche, doveva esistere fino all’Ottocento nella vicina Villa Bellini (ma che, in base agli scavi effettuati, doveva trattarsi in realtà di un “giardino ermetico”)? Oppure al contrario fu solo il frutto del caso, l’inserimento nel progetto di una decorazione suggestiva copiata magari, chissà, da una rivista di enigmistica? Forse all’epoca della realizzazione della piazzetta l’intento del labirinto era noto negli ambienti comunali (e senza alcunchè di misterioso) per poi venire dimenticato insieme all’esistenza del simbolo, scambiato da quel momento in poi per una comune decorazione geometrica.
Anche se si venisse a conoscere il nome del progettista, è poco probabile tuttavia che dopo tantissimo tempo – ammesso che, ormai ultracentenario, godesse ancora di buona salute (glielo si augura volentieri, perché no?) – sia ancora in grado di ricordare tanti dettagli. Il suo labirinto ottagonale – simbolica metafora della vita, con tutti i suoi periodi di crisi, da cui non bisogna mai disperare di uscirne fuori con tenacia e pazienza – dev’essere in ogni caso considerato come un importante regalo artistico-culturale alla nostra città, da curare e tutelare, anche perché, per molti versi, unico e originale, perlomeno qui in Italia.
A differenza che nel nostro Paese, in molti altri luoghi d’Europa e del mondo – Svizzera, Germania, USA, ecc. – si trovano spesso labirinti (di solito circolari) disegnati sui pavimenti delle piazze. I giovani, sin da bambini, nelle belle giornate si divertono a percorrerli coi pattini o con gli skateboard, ed imparano a conoscerne storia, mitologia, forme e “messaggi esistenziali”, oltre che i loro nomi nelle diverse lingue: labyrinth, maze, irrgarten, e via dicendo. Dal momento che la città di Catania in questi ultimi anni – pandemia a parte – è meta di grande afflusso turistico da ogni parte del mondo, il labirinto ottagonale di Piazzetta Paisiello (o “Piazzetta Squibb”, se si preferisce) può costituire un ulteriore elemento d’interesse storico e artistico, per di più piacevolmente familiare, anche agli occhi di tanti stranieri.
Nota. La piazzetta col labirinto ottagonale si trova tra via Cimarosa e Largo Paisiello a Catania. Attualmente è chiusa al pubblico, ma può essere vista dall’alto della scalinata sopra la monumentale fontana di Dino Caruso.
Testo di Ignazio Burgio. Si ringrazia il dott. Franz Cannizzo per aver fornito la foto (nella gallery) dall’alto del grattacielo antistante Largo Paisiello. Le immagini satellitari sono tratte da Google Maps. (N. B. L’immagine satellitare del labirinto di Catania, fra il testo, è stata leggermente modificata in larghezza per esigenze di impaginazione). Le altre immagini sono dell’autore. Articolo pubblicato il 6 febbraio 2023.
Bibliografia:
Giuseppe Margani, Il centro cittadino di Catania, Dipartimento di Architettura e Urbanistica, Università di Catania, Il Lunario editore, in: www.academia.edu
Giancarlo Pavat, Guida curiosa ai labirinti d’Italia, Newton Compton editore.
Herman Kern, Labirinti. Forme e interpretazioni, Feltrinelli editore.
Fonte: www.siciliasconosciuta.com