Di Vittorio Beonio Brocchieri fonte@enciclopediadelledonne
Amelia Earthart nacque in una famiglia benestante di Atchison, nel Kansas, ma trascorse gran parte della sua infanzia e della giovinezza spostandosi in varie città degli Stati Uniti e del Canada, in seguito alle traversie economiche e personali dei genitori.
Il 28 dicembre 1920, a Long Beach, fece il suo primo volo come passeggera. Un’esperienza che avrebbe per sempre cambiato la sua vita: «Quando raggiunsi la quota di due o trecento piedi, seppi che dovevo volare». Amelia si diede da fare con vari lavori per raccogliere la somma necessaria alle lezioni di volo che le verranno impartite da Anita Snook, un’altra pioniera dell’aereonautica, e il 15 maggio 1923 divenne la sedicesima donna al mondo a conseguire il brevetto di pilota. La svolta nella sua carriera di aviatrice arrivò però solo nel 1928, un anno dopo la prima trasvolata atlantica in solitaria di Charles Lindbergh. Amelia, con Wilmer Sturz e Louis Gordon, a bordo di un Fokker, fu la prima donna ad attraversare l’Atlantico. In questa trasvolata il suo ruolo era stato secondario, come lei stessa riconobbe: «Wilmer pilotò per quasi tutto il tempo. Io ero solo un bagaglio, venni trasportata come un sacco di patate». L’impresa fece comunque di Amelia un’eroina nazionale, la nuova “Regina dell’aria”. Grazie ai proventi delle conferenze, delle campagne pubblicitarie, dei suoi scritti e dei numerosi incarichi che ebbe in compagnie aeree, Amelia negli anni successivi poté non solo dedicarsi alla sua passione per il volo, anche agonistico, ma anche promuovere l’aviazione, in particolare, le donne aviatrici.
Nel 1931 sposò George Putnam, scrittore ed editore (aveva pubblicato il libro in cui Lindbergh raccontava la sua trasvolata) e organizzatore delle prime imprese della stessa Amelia. L’anno seguente Amelia riuscì a concretizzare, finalmente, il sogno di essere la prima donna ad attraversare in volo l’Atlantico in solitaria. Il 20 maggio partì da Harbour Grace, a Terranova, ai comandi di un Lockheed Vega e, dopo un volo di quasi quindici ore, atterrò a Culmore, in Irlanda del Nord. L’impresa la consacrò definitivamente come la più nota eroina della fase pionieristica della storia dell’aviazione. Amelia ricevette, tra gli altri riconoscimenti, la Legion d’Onore e la Distiguished Flying Cross dal Congresso degli Stati Uniti.
Dopo aver compiuto altri voli in solitaria – dalle Hawai alla California, da Los Angels a Città del Messico – Amelia Earhart si dedicò alla pianificazione di una nuova grande impresa, la circumnavigazione aerea del globo seguendo la rotta equatoriale, la più lunga. L’aereo prescelto fu un bimotore Lockheed Electra e Fred Noonan avrebbe dovuto accompagnarla come navigatore. Amelia e Fred decollarono da Miami il 1 giugno 1937 facendo rotta verso est. Fecero varie tappe in Sud America, Africa, India e Indocina, arrivando a Lae, in Nuova Guinea, il 29 dello stesso mese. Avevano percorso circa 35000 chilometri e dovevano ora affrontare l’ultimo balzo attraverso l’Oceano Pacifico. Il 2 giugno decollarono da Lae alla volta di Howland Island – a oltre 4000 chilometri – dove avrebbero dovuto fare tappa. Le tracce del Lockheed Electra si persero però circa 1000 chilometri dopo Lae e nonostante una mobilitazione senza precedenti di navi e aerei di soccorso, Amelia e Fred Noonan non vennero mai ritrovati.
Sulle cause e il luogo dell’incidente, sono state avanzate numerose ipotesi, alcune decisamente fantasiose. Si pensò persino che, costretti ad un atterraggio di emergenza, la Earhart e Noonan fossero stati catturati e giustiziati come spie dai Giapponesi, oppure che Amelia avesse fatto volontariamente perdere le proprie tracce, rifacendosi una vita altrove. In realtà la causa del disastro fu con ogni probabilità un guasto meccanico o l’esaurimento imprevisto del carburante per un calcolo di navigazione errato.
Il mistero della tragica scomparsa ha del resto contribuito ad alimentare il mito di Amelia Earthrt, facendone, soprattutto negli Stati Uniti, non solo un’eroina dell’aviazione ma un’icona del femminismo. Su di lei sono stati scritti centinaia di articoli e libri, che si aggiungono a quelli di cui lei stessa fu autrice, come 20 Hrs, 40 Min, sulla prima trasvolata atlantica, The fun of it e Last Flight, (pubblicato postumo dal marito) che raccoglie i diari dell’ultimo volo.