L’occupazione delle fabbriche o delle scuole, manifestazioni politiche o sportive non autorizzate: tutto può ricadere nella nuova norma del governo Meloni. Criminalizzare il dissenso, una tentazione irresistibile
Alessio Scandurra*
* Associazione Antigone
Lunedì 31 ottobre si è svolto il primo Consiglio dei Ministri del Governo Meloni. Sono stati nominati i sottosegretari e sono state adottate alcune importanti misure che avrebbero meritato grande attenzione.
È stato infatti varato un decreto che modifica la disciplina dell’ergastolo ostativo, giudicata dalla Corte Costituzionale in parziale contrasto con l’Art. 27 della Costituzione e con la finalità rieducativa della pena. Ma le nuove norme appaiono addirittura più restrittive di quelle abrogate. È stata inoltre rinviata al 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore della riforma della Giustizia penale approvata dal precedente Governo, che prevedeva misure importanti che la nostra giustizia malata aspetta da tempo.
Ma tutto questo è stato inaspettatamente messo in ombra dall’introduzione del nuovo reato sui “raduni illegali”.
La norma, che sarebbe stata introdotta per contrastare i rave party, parla invece genericamente della “invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. In barba al principio di tassatività è di fatto assai difficile capire i confini di questa norma, che in effetti sembra potersi applicare ad ogni manifestazione non autorizzata che occupi spazi pubblici o privati. Basta che siano presenti più di 50 persone e che le forze dell’ordine ritengono, in base ad informazioni di polizia (vai a dimostrare il contrario) che il raduno fosse in qualche modo pericoloso. Dall’occupazione delle fabbriche da parte dei lavoratori a quella delle scuole da parte degli studenti, dall’occupazione di strade o binari nel corso ogni genere di manifestazione non autorizzata, di carattere politico o sportivo, tutto da oggi può ricadere nella norma.
E gli organizzatori di queste manifestazioni, come ad esempio quelle dei no vax viste di recente, da oggi sarebbero puniti con la reclusione fino a sei anni. Una pena esorbitante se si pensa che le stesse condotte, fino a ieri, potevano essere punite con pene fino a 6 mesi di reclusione. Ma quale sarebbe l’emergenza a cui con questa norma si risponde? Il rave di Modena? Risoltosi senza problemi con le norme previgenti? Questo dichiarano la Presidente del Consiglio ed il Ministro degli Interni, ma la cosa appare francamente improbabile.
Il nuovo reato appare invece, nella migliore delle ipotesi, un pasticcio figlio di norme mal scritte e della volontà, nel primo Consiglio dei ministri, di prendere iniziative mirate più a compiacere il proprio elettorato che a rispondere con norme adeguate ad un problema concreto. Ma questa è la migliore delle ipotesi, non l’unica. In questi anni gli alleati storici in Europa delle principali forze politiche che formano questo governo hanno indiscutibilmente imposto restrizioni pesantissime alla libertà di espressione e di manifestazione del dissenso politico nei propri paesi. Oggi, con riferimento all’Ungheria e alla Polonia, si parla correntemente di un deterioramento degli standard dello stato di diritto, di democrazia illiberale, e la tensione tra le istituzioni europee e questi due paesi è sempre più forte. L’atteggiamento tenuto da Giorgia Meloni durante l’ultima campagna elettorale sembrava alludere all’intenzione di imboccare una strada diversa da quella dei leader populisti di Ungheria e Polonia. Le iniziative del primo Consiglio dei Ministri del suo Governo paiono andare invece in quella medesima, pericolosa direzione. E appare forse inconscia, ma irresistibile, la tentazione di lasciarsi andare verso forme di criminalizzazione del dissenso e verso il restringimento dello spazio civico e democratico, tra l’altro attraverso un ricorso entusiasta allo strumento penale. Come se le nostre carceri non fossero già troppo affollate e la condizione di chi ci (soprav)vive non fosse abbastanza disumana. Più pene per tutti? Speriamo davvero di no, ma non è inutile ricordare che l’Ungheria di Orban è anche l’unico paese europeo in cui negli ultimi 10 anni la popolazione detenuta è aumentata anziché diminuire. Ci auguriamo davvero che questo nuovo governo non ci voglia portare in questa medesima catastrofica direzione.
Fonte: Il Riformista