Con le scale mobili e parcheggi a rete, con il traffico limitato e il centro storico libero da macchine Perugia era esempio di città moderna. Un giornale nazionale d’allora etichettò corso Vannucci con le piazze circostanti “uno dei bei salotto d’Italia”, dove le persone erano libere di passeggiare, d’incontrarsi e sedersi per conversare.
Di questo sistema di mobilità in area urbana storica non solo se ne discusse a punto d’essere studiato ovunque in Italia, ma anche in Europa arrivò notizia di tale opera. Se la memoria non inganna, funzionari del Principato di Monaco vennero ad analizzare la Mobilità a Perugia per una possibile fattibilità nel loro piccolo territorio.
Il turista visitava Perugia per le sue bellezze storiche indubbiamente, ma, sotto sotto, per godere la facilità del parcheggio, e andare a piedi su “tapis roulant”.
A definire la nostra città ‘tecnologicamente’ fu un’altra impresa, la prima di quel tempo: il Minimetrò. Un’opera moto dibattuta e controversa, essendo emersi da subito non tanto i molteplici fatto che l’avrebbero resa vantaggiosa; ma al contrario talune perplessità, a partire dall’enorme peso finanziario per finire alla difficile sostenibilità della gestione privata. Di certo, si era sottovalutata la complessità del progetto. Equilibrare costi e ricavi annuali con gestione privata era pressoché impossibile; finalizzare per il percorso unicamente ‘dentro le mura’ risultava errato.
Per dirla in breve, oggi il Minimetrò così come è non è adeguato! Se si completasse, però, con nuove tratte, allora entreremmo nel futuro prossimo di Perugia, e chissà, nella sua storia.
Resta l’orgoglio d’essere definiti “città tecnologica e innovativa”.
Tratto dal libro “Perugia e l’Umbria ‘nere’ per caso” di Enzo Cimino e Wladimiro boccali