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Meno parlamentari meno rappresentatività dai territori?

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I nuovi confini dei collegi sono stati stabiliti in base al numero degli elettori residenti e ad altri criteri geografici, con l’obiettivo di aver creato porzioni di territorio equilibrate e omogenee dal punto di vista della popolazione. Il risultato è una mappa dell’Italia divisa in zone di grandezza anche molto variabile, ma con al loro interno un numero simile di abitanti

di redazione

Sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2020 è stata pubblicata la rimodulazione dei collegi elettorali resasi necessaria a seguito del taglio dei parlamentari, passati da 945 a 600 (400 alla Camera e 200 al Senato).

Alle elezioni politiche del 25 settembre si voterà ancora con il “Rosalettum”, la legge elettorale usata alle ultime elezioni del 2018. Ma dopo l’approvazione nel 2020 del referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari si è reso ha resa necessaria una modifica dei collegi elettorali, che sono sostanzialmente le porzioni di territorio in cui viene suddivisa l’Italia per eleggere i rappresentanti in parlamento, a ognuna delle quali è associato un certo numero di seggi.

I nuovi collegi prevedono il 36% dei seggi assegnato col sistema maggioritario (collegi uninominali in cui viene eletto solo il candidato più votato), e il 64% ripartito proporzionalmente tra i collegi plurinominali (i partiti presentano un listino bloccato e i seggi sono assegnati, in base ai voti ottenuti da ciascuna forza politica, seguendo l’ordine di presentazione nella lista).

Per quanto riguarda Montecitorio i deputati eletti nei collegi plurinominali (cioè con il sistema proporzionale) si riducono da 386 a 245, mentre quelli eletti con il maggioritario passano da 232 a 147. Scendono da 12 a 8 i deputati eletti all’estero.

A Palazzo Madama si scende da 193 a 122 senatori nei collegi plurinominali e da 116 a 74 in quelli uninominali. I senatori eletti all’estero calano da 6 a 4.

La riduzione dei parlamentari, però, ha imposto un allargamento dei collegi.

Il voto delle grandi città sarà determinante nelle elezioni del 25 settembre.

Ad esempio, le uniche città in grado di scegliere da sole un proprio rappresentante all’uninominale per Palazzo Madama sono Milano, Napoli e Torino, cui si aggiunge Roma (che ne eleggerà tre). Tutte le altre dovranno mescolare le proprie preferenze con quelle di un territorio circostante più o meno vasto.

Il Sole 24 Ore ha analizzato in particolare i 221 seggi attribuiti con il metodo maggioritario, in base al quale viene eletto il candidato che prende un voto più degli altri. Come detto, pesano per circa il 37% dei posti alla Camera e al Senato, e saranno probabilmente decisivi per la formazione di una chiara maggioranza parlamentare.

La nuova geografia elettorale discende dalla proposta approvata il 13 novembre 2020 dalla commissione di esperti incaricata dal Governo di ridisegnare i collegi dopo il taglio dei parlamentari (legge costituzionale 1/2020: riduzione dei deputati da 630 a 400 e dei sentori elettivi da 315 a 200).

Se si guarda alle 14 città metropolitane oggi esistenti in Italia – compresa Roma Capitale – si nota una certa differenza tra Camera e Senato.

Siccome Montecitorio ha il doppio dei parlamentari di Palazzo Madama, per eleggerne uno bastano 300-400mila abitanti, anziché 900mila o un milione. Questo fa sì che, su 24 deputati eletti alla Camera con il contributo delle città metropolitane, 14 siano espressione diretta del Comune capoluogo o di una parte di esso: Bologna, Firenze e Palermo sceglieranno un proprio deputato all’uninominale; Napoli e Torino ne esprimeranno due; Milano tre e Roma addirittura sei (di cui tre eletti interamente in collegi che ricadono nel perimetro cittadino e tre che includono Comuni del circondario, ma in cui Roma pesa per oltre l’80% degli abitanti, di fatto schiacciando i centri minori).

I nuovi confini dei collegi sono stati stabiliti in base al numero degli elettori residenti e ad altri criteri geografici, con l’obiettivo di aver creato porzioni di territorio equilibrate e omogenee dal punto di vista della popolazione. Il risultato è una mappa dell’Italia divisa in zone di grandezza anche molto variabile, ma con al loro interno un numero simile di abitanti.

Questo funzionamento comporta la formazione di quattro diverse mappe per la suddivisione dei collegi: due per la Camera e due per il Senato, con ciascuna camera che ne avrà una per i collegi uninominali e una per i collegi plurinominali.

Il governo ha affidato il compito di ridisegnare i collegi elettorali alla stessa “commissione di esperti” (viene chiamata così nei documenti ufficiali) che aveva elaborato il disegno dei collegi elettorali prima delle elezioni del 2018. La commissione è presieduta da Gian Carlo Blangiardo, che è il presidente dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), e comprende dieci esperti, tra cui professori universitari di statistica, demografia, geografia economica, diritto costituzionale e altri ancora. La commissione aveva iniziato a lavorare già da prima che fosse approvato il referendum, a dicembre del 2019, e ha finito poco meno di un anno dopo, a referendum avvenuto.

In conclusione, resta il dubbio amletico se una riduzione dei parlamentari non coincida con una minore rappresentatività e la creazione di una élite o casta che una volta conquistato il potere sarà difficile destituire.