Qualcuno, nel governo, parla di errore. Ma il termine più appropriato probabilmente è “pasticcio”. Il rischio è quello di lasciare che un aiuto, considerato importante dalle imprese, rimanga solo sulla carta. Lo sgravio in questione è quello concesso dal governo alle imprese per il caro-energia. Tema, insomma, di scottante attualità, con i prezzi del gas e dell’elettricità balzati anche del 600%. Proprio per fronteggiare questa emergenza, il governo ha introdotto un doppio credito di imposta: uno per le imprese cosiddette “energivore” e una per quelle che invece hanno consumi elettrici e di gas, per così dire, “normali”. In entrambi i casi le norme hanno introdotto un credito di imposta per compensare i maggiori oneri sostenuti per l’energia elettrica acquistata ed impiegata nell’attività economica durante i mesi di aprile, maggio e giugno 2022. Un bonus del 25 per cento per le imprese “energivore” e “gasivore”, e del 15 per cento per le altre imprese. Per poter ottenere l’aiuto, le aziende devono certificare di aver subito un incremento del costo per chilowattora superiore al 30IL MECCANISMO
Ma perché questo aiuto rischia di rimanere solo sulla carta? Perché in sede di conversione del decreto aiuti, nell’articolo 2 che ha modificato la norma sui crediti di imposta contro il caro-energia, è stato inserito un comma che fa riferimento ai cosiddetti «de minimis». Questione apparentemente tecnica, ma molto di sostanza. In pratica l’aiuto alle imprese per fronteggiare l’impennata dei costi delle bollette è stato riportato nelle norme degli aiuti di Stato. Norme che impongono il rispetto di un preciso tetto agli aiuti. In pratica nessuna impresa potrà ottenere una somma superiore a 200 mila euro di aiuto. Ma attenzione, nel calcolo di questo tetto di 200 mila euro, rientrano tutti gli aiuti ottenuti dall’impresa, o da una qualsiasi impresa rientrante nello stesso gruppo, negli ultimi tre anni. Difficile non notare che gli ultimi tre anni comprendono il periodo più buio della pandemia, durante il quale sul sistema imprenditoriale sono piovuti decine di miliardi di aiuti. Non ci vuole un indovino, insomma, a capire che così facendo molte imprese rimarranno escluse dall’aiuto pubblico contro il caro bollette. per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019. Condizione abbastanza ovvia di questi tempi. Ovviamente la norma non è passata inosservata tra gli imprenditori. «Inaccettabile che il decreto aiuti tagli, o in alcuni casi azzeri, il credito di imposta precedentemente concesso alle imprese danneggiate dal caro gas ed energia», ha detto Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. «Viene improvvisamente introdotto un tetto massimo di 200.000 euro», ha aggiunto Scordamaglia, «cifra assolutamente inadeguata a coprire l’esplosione di costi energetici di oltre il 600% che le imprese italiane stanno subendo senza considerare inoltre che questo plafond era già ampiamente colmato da altri contributi ed aiuti». Sulla stessa linea il vice presidente di Confindustria Brescia Fabio Astori, che ha parlato di «un grave errore, a cui va posto rimedio quanto prima» in quanto «migliaia di aziende rischiano infatti, in questo modo, di non poter beneficiare delle misure adottate dal governo per contrastare il caro energia».
Fonte: il Messaggero