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L'ultimo rapporto dell'Onu sul clima è più catastrofico che mai

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AGI – Brutta pagella e monito dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO/OMM): nel suo “Stato del clima globale 2021” documenta livelli allarmanti per quattro indicatori chiave del cambiamento climatico oltre ad un costante deteriorarsi di altri parametri altrettanto importanti quali il buco dell’ozono, gli ecosistemi e la criosfera. Tutti danni al pianeta che si stanno manifestando con condizioni meteo sempre più estreme che causano ulteriori danni all’umanità in termini di incolumità, di sicurezza alimentare, costringendola a migrare.

Un circolo vizioso di distruzioni e deteriorarsi dello stato di salute del pianeta causato proprio dall’uomo, che ne è anche la prima vittima diretta e lo sarà sempre di più  se non dovesse attuare provvedimenti urgenti, cambiare stile di vita e sistema produttivo.  

Gli autori dello studio

Alla stesura del rapporto hanno contribuito decine di esperti degli 191 Stati membri di servizi meteorologici e idrologici nazionali, di centri mondiali di raccolta e analisi dati, del Programma mondiale di ricerca sul clima, del servizio Copernicus di sorveglianza del cambiamento climatico dell’Unione europea. Hanno anche collaborato altre istituzioni ed organizzazioni del sistema Onu, tra cui il Programma alimentare mondiale, il Programma per l’ambiente, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, l’Unesco e l’Alto commissariato Onu per i rifugiati.

Il rapporto è diffuso alla vigilia del meeting annuale del Forum economico mondiale 2022, al quale parteciperanno oltre 2 mila leader ed esperti di tutto il mondo sul tema “La storia a un bivio: politiche di governo e strategie commerciali”.

La mobilitazione dell’azione pubblico-privato per raggiungere gli obiettivi climatici globali cruciali per il 2030 e il 2050 sarà un argomento chiave all’ordine del giorno. Per giunta sarà uno dei documenti ufficiali durante i negoziati delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terranno in Egitto quest’anno nell’ambito della COP27. Il rapporto della WMO sullo stato del clima globale integra il sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC/GIEC) che copre il periodo terminato nel 2019.  Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale sono diversi gli indicatori più allarmanti, le ripercussioni dirette sulle vite umane e le soluzioni da attuare al più presto: 

Temperature record

Il rapporto annuo dell’organizzazione Onu, con sede a Ginevra, conferma che i 7 ultimi anni, in particolare dal 2015 al 2019, sono stati i più caldi di sempre. Nel 2021 la temperatura media del pianeta è stata superiore di circa 1,11 grado centigrado rispetto al valore preindustriale, con un ‘raffreddamento’ soltanto temporaneo causato dal fenomeno della Niña, quindi non in grado di invertire il trend generale di un costante aumento.

A battere un record di riscaldamento lo scorso anno, oltre alle temperature terrestri, sono state quelle degli oceani che hanno continuato a diventare più alte fino a 2 mila metri di profondità. La tendenza al riscaldamento oceanico particolarmente netta negli ultimi due decenni sta provocando un cambiamento irreversibile per diversi secoli, addirittura millenni. Se buona parte della superficie oceanica ha subito almeno una forte ondata di calore nel corso del 2021, a destare maggiore preoccupazione è il fatto che il caldo penetri a livelli sempre più profondi.   

Il riscaldamento globale è solo uno dei quattro indicatori chiave del cambiamento climatico ad aver toccato livelli record lo scorso anno assieme alla concentrazione di gas serra, l’innalzamento del livello del mare e l’acidificazione degli oceani.

Concentrazioni gas serra e innalzamento dei mari

Nonostante la pandemia di Covid-19, nel 2020 le concentrazioni di gas serra erano già molto alte e, sulla base di dati relativi ad alcuni siti, la loro progressione è continuata nel 2021.  

Il livello medio del mare su scala mondiale indica un tasso due volte superiore rispetto a quello registrato tra il 1993 e il 2002: tra il 2013 e il 2021 si è innalzato in media di 4,5 mm l’anno. Un fenomeno causato principalmente dall’accelerarsi della perdita della massa delle calotte di ghiaccio, con conseguenze molto tangibili per centinaia di milioni di residenti nelle zone costiere a rischio allagamento oltre alla maggiore vulnerabilità a cicloni tropicali.  

Acidificazione oceani

Gli oceani assorbono circa il 23% delle emissione atmosferiche annue di CO2, con una reazione chimica che provoca la loro acidificazione, minaccia diretta agli organismi e agli ecosistemi, compromettendo di conseguenza la sicurezza alimentare, il turismo e la protezione del litorale. In altri termini, più il pH diminuisce meno l’oceano riesce ad assorbire il diossido di carbonio dell’atmosfera. Il recente rapporto del Giec (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) aveva confermato che il livello attuale del pH è il più basso degli ultimi 26 mila anni e che i tassi di variazione hanno raggiunto livelli senza precedenti da almeno 26 millenari.  

Buco dell’ozono

ùIl buco nell’ozono sopra l’Antartide segna una dimensione e una profondità eccezionali. La sua superficie massima raggiunge 24,8 millioni di km2, l’equivalente di tutta l’Africa, a causa di un vortice circumpolare forte e stabile e delle condizioni più fredde della media nella bassa stratosfera.

Ecosistemi sempre più danneggiati

Gli ecosistemi terrestri, d’acqua dolce, costieri e marini e i servizi che forniscono sono soggetti agli effetti dei cambiamenti climatici, anche se il loro livello di vulnerabilità non è sempre lo stesso. Alcuni ecosistemi si stanno degradando a un ritmo senza precedenti; ad esempio gli ecosistemi montani – le torri d’acqua del mondo – sono tra quelli più disturbati.

L’aumento delle temperature aumenta il rischio di perdita irreversibile degli ecosistemi marini e costieri, compresi i prati di fanerogame e le foreste di alghe. Le barriere coralline sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Si prevede che la copertura corallina diminuirà del 70-90% per un riscaldamento di 1,5°C e di oltre il 99% se la temperatura media dovesse aumentare di 2°C.

Entro la fine del secolo, a seconda del tasso di innalzamento del livello del mare, è probabile che il 20-90% delle zone umide costiere scompaia, con ulteriori impatti sulla produzione alimentare, sul turismo e sulla protezione del litorale, tra gli altri servizi ecosistemici.  

Criosfera

Sebbene lo scioglimento dei ghiacciai sia stato meno marcato nell’anno 2020-2021 rispetto agli anni precedenti, la tendenza è chiaramente verso un’accelerazione della perdita di massa su scale temporali multidecennali.

In media, i ghiacciai di riferimento del pianeta hanno perso 33,5 metri di spessore – equivalente di ghiaccio – dal 1950, con il 76% di tale scioglimento avvenuto dal 1980 in poi. Il 2021 è stato un anno particolarmente drastico per i ghiacciai canadesi e degli Stati Uniti nord-occidentali, con una massa glaciale che ha registrato un record di perdite dovute a ondate di calore e incendi nei mesi di giugno e luglio.

La Groenlandia ha sperimentato un eccezionale evento di scioglimento a metà agosto e per la prima volta sono state registrate precipitazioni alla Summit Station, il punto più alto della calotta glaciale, a 3.216 metri. 

Il costo delle condizioni meteorologiche estreme

Il rapporto della WMO evidenzia che le condizioni meteorologiche estreme, che sono l’espressione quotidiana del cambiamento climatico, hanno causato danni economici per diverse centinaia di miliardi di dollari, con un bilancio umano molto pesante e un impatto importante sulla qualità della vita di moltissime persone. Le loro ripercussioni sulla sicurezza alimentare e idrica e sugli sfollamenti della popolazione si stanno accentuando nel 2022.

A causa di ondate di caldo eccezionali, sono stati stabiliti nuovi record nel Nord America occidentale e nel Mediterraneo. Nella Death Valley, in California, il 9 luglio 2021 è stata registrata una temperatura di 54,4 gradi, livello già raggiunto nel 2020 e che resta il più alto mai registrato del pianeta almeno dagli anni ’30.

A Siracusa, in Sicilia, il mercurio ha raggiunto i 48,8 gradi. Le temperature hanno toccato i 49,6°C nella Columbia Britannica, in Canada, il 29 giugno, causando più di 500 morti e alimentando devastanti incendi. La siccità ha colpito molte parti del mondo, tra cui il Corno d’Africa, il Canada, gli Stati Uniti occidentali, l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan e la Turchia. Nel Sudamerica subtropicale questo fenomeno ha causato gravi perdite agricole, ha interrotto la produzione di energia e il trasporto fluviale.

La siccità nel Corno d’Africa continua ad aumentare nel 2022. L’Africa orientale affronta la possibilità molto reale che non ci siano piogge per la quarta stagione consecutiva, con Etiopia, Kenya e Somalia che subiscono l’episodio di siccità più lungo degli ultimi 40 anni, con effetti devastanti sulle popolazioni della regione e sui loro mezzi di sussistenza. 

D’altra parte le inondazioni hanno causato danni economici per 17,7 miliardi di dollari nella provincia cinese di Henan e l’Europa occidentale ha subito alcune delle inondazioni più gravi mai registrate a metà luglio, con perdite di oltre 20 miliardi di dollari in Germania. Anche il bilancio umano è stato molto pesante. L’uragano Ida è stato il più distruttivo della stagione del Nord Atlantico, approdando in Louisiana il 29 agosto e causando perdite economiche stimate in 75 miliardi di dollari negli Stati Uniti.

Insicurezza alimentare

Gli effetti combinati di conflitti, eventi meteorologici estremi e shock economici, esacerbati dalla pandemia di Covid-19, stanno minando decenni di progressi globali nella sicurezza alimentare. A causa dell’aggravarsi delle crisi umanitarie nel 2021, un numero crescente di Paesi è a rischio di carestia.

Nel 2020 più della metà delle persone denutrite nel mondo viveva in Asia (418 milioni) e un terzo di loro risiedeva in Africa (282 milioni). Inoltre i rischi idrometeorologici hanno continuato a causare spostamenti interni della popolazione. Secondo le statistiche a ottobre 2021, la Cina aveva il maggior numero di sfollati (oltre 1,4 milioni), seguita dal Vietnam (oltre 664 mila) e dalle Filippine (oltre 386 mila). 

Il duro monito dell’Onu

Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale tutti questi dati dimostrano ancora una volta la realtà dei cambiamenti causati dalle attività umane su scala planetaria, terrestre, oceanica e nell’atmosfera, cambiamenti che hanno ripercussioni deleterie e durevoli sullo sviluppo sostenibile e ecosistemi. 

Criticando “la deplorevole e ricorrente incapacità dell’umanità di affrontare il cambiamento climatico”, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha approfittato della pubblicazione del rapporto faro della WMO per chiedere l’attuazione urgente della “soluzione ovvia” costituita dalla trasformazione dei sistemi energetici per rompere il “vicolo cieco” dei combustibili fossili. 

“È solo questione di tempo prima che un altro anno diventi il ​​più caldo mai registrato”, ha affermato Petteri Taalas, segretario generale della WMO. “Il clima sta cambiando proprio davanti ai nostri occhi” ha insistito Taalas, elencando tutte le conseguenze tangibili del riscaldamento globale. Il calore intrappolato dai gas serra di origine antropica riscalderà il pianeta per generazioni.

L’innalzamento del livello del mare, il riscaldamento degli oceani e l’acidificazione continueranno per centinaia di anni a meno che non vengano inventati modi per rimuovere il carbonio dall’atmosfera. Alcuni ghiacciai hanno raggiunto un punto di non ritorno, che avrà ripercussioni a lungo termine in un mondo in cui più di due miliardi di persone sono già sotto stress idrico. Gli eventi meteorologici estremi hanno l’impatto più diretto sulla nostra vita quotidiana.

Soluzioni immediate: puntare su energie verdi

In un videomessaggio, Guterres ha proposto cinque provvedimenti essenziali per dare un vero slancio alla transizione verso le energie rinnovabili. Questi includono il miglioramento dell’accesso alle tecnologie e alle relative apparecchiature, la triplicazione degli investimenti privati ​​e pubblici in questo settore e la fine dei sussidi ai combustibili fossili, che ammontano a circa 11 milioni di dollari statunitensi al minuto. 

Le energie rinnovabili sono l’unica soluzione per raggiungere una vera sicurezza energetica, garantire prezzi stabili dell’elettricità e creare posti di lavoro sostenibili. Se agiamo insieme, la transizione verso le energie rinnovabili può essere un fattore importante nella promozione della pace nel mondo nel 21° secolo”, ha affermato Guterres.

“Il mondo deve agire in questo decennio per prevenire il peggioramento degli effetti del cambiamento climatico e per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali”, ha aggiunto il Segretario generale dell’Onu.  

“Essenziali per adattarsi ai cambiamenti climatici, i sistemi di allerta precoce sono disponibili solo in meno della metà degli 191 Stati  e territori membri dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Siamo determinati a fare di tutto affinché entro 5 anni il mondo intero possa beneficiare di tali sistemi, in conformità con la richiesta avanzata da Guterres”, ha concluso Taalas.

Attraverso anni di investimenti nella preparazione alle catastrofi, la nostra capacità di sostenere la vita umana è migliorata, anche se le perdite economiche crescono in modo esponenziale. Tuttavia, molto resta da fare, come dimostrano l’attuale siccità nel Corno d’Africa, le recenti inondazioni mortali in Sud Africa e il caldo estremo sperimentato da India e Pakistan.

Source: agi


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