AGI – Il risultato del primo turno delle presidenziali è la conferma di una ricomposizione politica in corso in Francia da qualche anno, che vede lo storico scontro tra destra e sinistra progressivamente sostituito da quello tra due blocchi sociologici e culturali. è questa la lettura dei risultati del voto cruciale fatta a Le Figaro da Jèrome Fourquet, direttore del dipartimento Opinione dell’Ifop.
Come 5 anni fa si ripropone lo stesso scenario elettorale delle presidenziali del 2017, con un ballottaggio tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, un risultato ampiamente previsto dai sondaggi che, secondo Fourquet, indica il proseguirsi di “un movimento profondo di placche tettoniche, una decomposizione-ricomposizione del paesaggio politico ancora in corso con di fatto due blocchi sociologici e culturali messi a confronto”.
Da un lato Macron seduce man mano che si sale nella scala sociale e dei redditi nonchè tra i pensionati in passato elettori della destra classica, tra i quali ha guadagnato consensi dal 2017 per il fatto di essere presidente uscente, per il contesto internazionale di crisi che hanno spinto alla sua riconferma per mantenere la stabilità ed evitare il caos economico.
Dall’altro, Le Pen ha i suoi maggiori sostegni tra i redditi più modesti e nella popolazione attiva, ma fatica a ottenere quelli delle categorie più abbienti e dei pensionati. Per l’analista Ifop, il verdetto delle urne è indicativo della “spaccatura che continua ad accentuarsi tra la Francia dei piani alti e la Francia dei piani bassi, sostituendosi al vecchio clivaggio destra-sinistra”.
In questo processo di decomposizione politica in atto in Francia rientrano, inoltre, i risultati molto scarsi ottenuti dalla destra e dalla sinistra classica, di cui in parte le ultime presidenziali avevano già dato un’avvisaglia. Nel 2017, ricorda Fourquet, il Partito socialista e il suo candidato Benoit Hamon hanno dato il via alla prima stagione della fase di decomposizione della sinistra di governo, la cui dislocazione è stata ora portata a termine da Anne Hidalgo, che ha ottenuto meno del 2%.
Cinque anni fa, la destra gollista di Les Rèpublicains aveva resistito con il suo candidato Francois Fillon, ma oggi Valèrie Pècresse ha diviso per quattro quel risultato, trascinando il suo partito nella tempesta della seconda stagione della decomposizione. “La destra di governo, secondo pilastro del vecchio mondo politico, è scoppiata con un doppio movimento centrifugo: un quarto degli elettori di Fillon è passato con Macron, un quarto con Eric Zemmour e Le Pen” sottolinea il responsabile dell’Istituto francese del sondaggio di opinione.
In pratica quello che era successo nel 2017 all’elettorato di sinistra – diviso tra Macron e Jean-Luc Mèlenchon – si è verificato adesso nella destra gollista. Per timore di vedere vincere Le Pen o Mèlenchon, l’elettorato dei Republicains si è voltato verso Macron, motivo per cui Pècresse ha avuto un risultato così basso, al 4,8%. Per Fourquet, anche se ci sono stati errori e debolezze nella campagna di Pècresse, anche con un altro candidato LR ne sarebbe uscito destabilizzato. “Sommando i risultati del Partito socialista e di Les Republicains, il duo che per circa 40 anni ha dominato la scena politica francese, si arriva neanche al 10%. Chiaramente siamo scivolati in un tutt’altro universo” prospetta lo statistico.
Invece sul flop del polemista di estrema destra candidato di Reconquete Eric Zemmour – non oltre il 7% mentre i sondaggi lo davano al quarto posto, anche al 15% – valuta che la sua “offensiva non ha resistito alla realtà di terreno: se per un periodo è riuscito a mettere il tema dell’identità al centro dello spazio politico e mediatico, la sua argomentazione è stata progressivamente scavalcata dal tema centrale di questa campagna: il potere d’acquisto e la paura per l’impennata dei prezzi”.
A questo fattore si aggiunge il fatto che l’inizio della guerra in Ucraina è coincisa con la fase discendente di Zemmour, per la sua prossimità ideologica con Vladimir Putin e il suo errore di visione che identificava nel presidente russo un visionario sul piano storico e geopolitico.
Oltretutto l’ex giornalista si è detto contrario all’accoglienza di rifugiati ucraini, aggravando ulteriormente la sua posizione agli occhi dei francesi. Per quanto riguarda Jean-Luc Mèlenchon, è riuscito a riconfermare il suo risultato del 2017, a quota 20%, in terza posizione, come conseguenza di una sinistra divisa in troppe candidature e anche grazie alla presa di posizione di Sègolène Royal sul “voto utile”.
Sull’astensionismo in aumento, al 26,2%, Fourquet fa notare che la partecipazione alle presidenziali rimane importante. Un dato che fa invidia ad alcune grandi democrazie, tra cui gli Stati Uniti, dove nel 2020 è stato toccato il record di affluenza del 66,9%, il che significa un astensionismo del 33,1%. Secondo l’analista il carattere presidenzialista della Repubblica francese si è ulteriormente accentuato durante il mandato di Macron, per il modo in cui ha esercitato il potere e per il succedersi delle crisi – gilets jaunes, Covid-19 e Ucraina – che hanno accentuato la centralizzazione del potere.
Guardando alla scadenza del 24 aprile, Fourquet prevede che andrà di scena uno shock tra due fronti, quello repubblicano e quello anti-Macron, uno shock tra due Francia. “Le Pen punterà sul filone anti-Macron che è stato anestetizzato dalle ultime crisi, attaccando il presidente uscente sulle pensioni a 65 anni, le condizioni per il reddito di solidarietà e il rifiuto di dibattere con gli altri candidati. Cercherà così di ottenere nuovi voti e di recuperarne alcuni nell’elettorato di tutta la sinistra” anticipa l’analista Ifop. Macron, invece, farà leva sul fronte comune per ostacolare l’estrema destra – come fece a suo tempo Jacques Chirac contro Jean-Marie Le Pen – ma il rapporto di forza con la sua avversaria è ben diverso rispetto al 2017.
Cinque anni fa, nella migliore delle ipotesi, tra i due turni i sondaggi davano Le Pen al 41% mentre oggi si spingono fino al 47-48%. “Il 50% dei francesi dicono che ora ha la statura di un presidente e per i due terzi è vicina alle preoccupazioni della gente. Merito di Zemmour, è persino riuscita a cancellare il ricordo di quel disastroso dibattito elettorale. Macron ha l’esperienza di cinque anni di potere, ma ha anche alimentato un anti macronismo che all’epoca era embrionale” conclude Fourquet.
Source: agi