Type to search

Cambiamenti climatici. L’allarme dell’Onu: “non c’è più tempo da perdere”

Share

Il report Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability lancia “un terribile avvertimento”. Se non si agisce subito è a rischio la vita di animali e piante, ma anche dell’uomo

di redazione

È stato pubblicato il rapporto ‘Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability’, approvato da 195 Stati membri dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu), un testo alla cui stesura hanno lavorato 270 esperti provenienti da 67 Paesi. “Questo rapporto – afferma il presidente dell’Ipcc, Hoesung Lee – è un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione e sottolinea l’urgenza di un’azione immediata e più ambiziosa per affrontare i rischi climatici. Le mezze misure non sono più una possibilità.

Un docmento dai toni drammatici, dal quale si evince che con un riscaldamento globale di 1,5°C, nei prossimi vent’anni il mondo è destinato in modo inevitabile ad affrontare enormi rischi. Le crescenti ondate di calore, la siccità e le inondazioni hanno raggiunto un livello non più tollerabile da parte del mondo animale e vegetale, causando l’estinzione di alcune specie tra alberi e coralli. Ed anche la vita dell’uomo è messa a rischio dagli eventi estremi che hanno provocato per milioni di persone gravi carenze alimentari e idriche, soprattutto in Africa, Asia, America centrale e meridionale, nelle piccole isole e nell’Artico. L’allarme del rapporto è preciso: il tempo disponibile per porre rimedio a queste situazioni sta per finire.

Seppure il livello di surriscaldamento superasse gli 1,5°C solo temporaneamente, ciò provocherebbe egualmente conseguenza gravi e, in certi casi, irreversibili.

Il report Ipcc analizza i diversi livelli di riscaldamento ed il loro impatto nel tempo, avanzando proposte per incrementare la capacità di resilienza verso i cambiamenti climatici, per contrastare le disuguaglianze, la povertà e la fame.

Vengono analizzati rischi e le possibili contromisure per quel che riguarda gli insediamenti urbani sulle coste, le foreste tropicali, le aree montane, le zone aride e i deserti, il Mar Mediterraneo e le regioni polari. L’aumento di ondate di calore, siccità e inondazioni.

Ecosistemi in salute – spiega il co-presidente del scondo gruppo di lavoro dell’Ipcc, Hans-Otto Pörtner – sono più resilienti di fronte ai cambiamenti climatici e forniscono servizi essenziali per la vita, come cibo e acqua. Ripristinando gli ecosistemi degradati e conservando efficacemente ed equamente il 30-50% degli habitat terrestri, d’acqua dolce e marini le società umane possono trarre beneficio dalla capacità della natura di assorbire e immagazzinare carbonio. In questo modo possiamo accelerare il progresso verso lo sviluppo sostenibile”. Obiettivi chiari, per centrare i quali, tuttavia, sono indispensabili il sostegno politico ed adeguati finanziamenti.

Per evitare una crescente perdita di vite umane, biodiversità e infrastrutture – si legge nel report – è necessaria un’azione ambiziosa e accelerata per adattarsi al cambiamento climatico e, allo stesso tempo, ridurre rapidamente e profondamente le emissioni di gas serra”. Il divario tra le misure effettivamente messe in campo e le oggettive necessità prospettate dagli scienziati per fronteggiare i cambiamenti climatici cresce ogni giorno di più e realizzare un modello di sviluppo resiliente ai cambiamenti del clima è una sfida oltremodo difficile e complessauna, soprattutto per i Paesi più poveri.

Il rapporto avverte che “in alcune regioni realizzare uno sviluppo resiliente ai cambiamenti climatici sarà una cosa impossibile se il riscaldamento globale dovesse superare i 2°C”. Occorrono pertanto “finanziamenti adeguati, trasferimento di tecnologia, impegno politico e partnership ci conducono a un più efficace adattamento ai cambiamenti climatici e alla riduzione delle emissioni”.

Un’attenzione particolare è riservata dagli esperti dell’Ipcc al ruolo delle città, dove vive più della metà della popolazione mondiale, sempre più colpita dai rischi provocati da ondate di calore, tempeste, siccità e inondazioni, mentre sulle coste avanzano i cosiddetti slow-onset changes, cioè i cambiamenti a insorgenza lenta, come l’innalzamento del livello del mare.

(Nella foto: “Climate-Collage-Diagonal-Design”. Foto NOAA Communications)