AGI “Felicità: è la parola giusta. Davide e Fabiano erano felici prima di morire. Può suonare paradossale ma si sentivano come dei campioni del mondo perché avevano raggiunto il loro obbiettivo che non era morire ma essere liberi di scegliere.”.
Avy Candeli dell’associazione ‘Luca Coscioni’ era in Svizzera accanto a Marco Cappato quando Davide Trentini e Fabiano Antoniani, due figure diventate simbolo nella campagna referendaria sul fine vita, scelsero di mettere un punto al loro dolore.
Era alla clinica Dignitas di Zurigo il 27 febbraio del 2017 quando vide Dj Fabo “diventare felice”: “L’avevo conosciuto qualche mese prima. Era arrabbiato, sofferente. Poi, da quando ha saputo che avrebbe potuto morire, è come se il tono della sua voce, il suo sorriso, fossero quelli di chi è tornato a governare la propria vita. La sera prima abbiamo mangiato una pizza con Valeria, la sua fidanzata, e alcuni suoi amici. Abbiamo riso e scherzato. Fabiano era una delle quattro persone al mondo, in quel momento, ad avere la sfortuna di essere sia cieco che tetraplegico”.
Avy Candeli, una vita precedente come pubblicitario per un’agenzia, ha abbracciato la battaglia del suo amico Cappato diventando direttore creativo dell’associazione Coscioni. È suo il video diventato un manifesto per la campagna ‘Liberi fino alla fine’ in cui Fabo, l’ex dj che faceva ballare i ragazzi in tutto il mondo, implora di poter uscire dal “buio” a cui lo aveva condannato un incidente stradale.
C’era anche quando, il 13 aprile 2017, Davide Trentini fece una domanda alla clinica Life Circle: “Faticava a muovere le mani per la sclerosi multipla e avrebbe avuto difficoltà a portarsi il bicchiere alla bocca, così gli iniettarono una flebo. Ma doveva essere lui a girare la manovella e allora si domandò e si rispose da solo, sicuro e sereno: “’Vado?’. E andò. Davide aveva voluto che restassimo fino all’ultimo”.
“Una cosa che mi è rimasta impressa nel suo caso e anche negli altri è che, nonostante espressioni come ‘suicidio del consenziente’ o eutanasia possano far pensare a qualcosa di brutale, in realtà c’è una delicatezza estrema in quei momenti. Ci sono la musica, una candela accesa, una tenda appena scostata da una finestra. C’è molta dolcezza, è come addormentarsi tra le braccia delle persone amate, mentre chi non può fare questa scelta spesso muore tra le sofferenze e in un contesto livido”.
“Quello che non è chiaro”, spiega Candeli che è alla Consulta per seguire l’udienza sul referendum, “è che noi non siamo a favore dell’eutanasia ma per la legalità dell’eutanasia. Ogni giorno 4 malati in Italia si suicidano nei modi più terribili. Non tutti possono permettersi per le loro condizioni o perché non hanno abbastanza soldi di andare in Svizzera”.
“Vogliamo che sia sancito il principio che la vita appartiene ai cittadini. Se la Consulta decide in modo sfavorevole, non è un problema per noi che non ci arrenderemo ma per le persone che stanno aspettando di poter andarsene con dignità. Mi si stringe il cuore al pensiero perché i tempi della nostra battaglia potrebbero non essere compatibili con l’evolvere della loro malattia e il loro desiderio. Queste persone non hanno paura di morire, come noi che stiamo bene, ma paura di vivere”.
A Candeli resta un rammarico: “Con Fabo scherzavamo molto. Gli avevo promesso che la sua storia avrebbe fatto il giro del mondo e avrebbero parlato di lui anche in Giappone. Lui non ci credeva. Dopo che è morto, un giornale giapponese lo ha messo davvero in prima pagina. La sua storia appartiene a tutti”.
Source: agi