di Umberto Minopoli
La copertura dell’aumento dei prezzi dell’energia (+50% nel caso del gas) ha provocato una seria frattura nel governo. Ma la domanda è: trovata una soluzione nell’immediato, il problema è risolto? Assolutamente no.
La volatilità del prezzo del gas, che ormai fa nel mondo il prezzo dell’energia, è destinata a riprodursi in futuro. Dunque i problemi di copertura si riproporranno. E i prezzi alti dell’energia colpiscono i redditi bassi e frenano la ripresa.
Una componente strutturale del prezzo del gas e della sua volatilità (ma verso l’alto) dipende, a detta degli analisti, dalla forbice crescente tra domanda e offerta di gas: la prima si alza con la ripresa economica, la seconda si è abbassata con le politiche “ecologiche” (che hanno scoraggiato gli investimenti in nuove estrazioni di gas e hanno irrigidito i prezzi con le carbon tax).
In Europa, la Germania e la Francia hanno due “storiche” valvole di sfogo per fronteggiare l’aumento del prezzo del gas: rispettivamente il carbone e il nucleare. Grazie ad esse (ovviamente, molto più problematico è il futuro tedesco che “dovrebbe” eliminare il carbone), Germania e Francia godono di fonti stabili e di base dell’energia (ben oltre solare ed eolico) che hanno prezzi stabili di generazione e più bassi di quelli del gas.
L’Italia, senza il nucleare (che pero’ importa abbondantemente dalla Francia) compone oltre il 40% del suo mix energetico dall’importazione di gas. Il ricorso, negli anni, al solare e all’eolico non ha scalfito questo dato. Che è lo zoccolo duro del nostro mix energetico.
Tra le tre grandi economie europee, siamo quelli destinati a subire di più la volatilità (verso l’alto) del prezzo del gas. Che va stabilizzato, pena il soffocamento della ripresa economica. Come?
Usa ed Europa hanno individuato la medesima risposta: rivedere la politica del “tutto rinnovabili” (eolico e solare). Biden punta sul nucleare e fa appello alla ripresa delle estrazioni e degli investimenti nel gas. L’Europa, con la tassonomia, fa la stessa cosa.
Nucleare e ricorso al gas, meno inquinante del carbone, rappresentano la modalità di una decarbonizzazione soft. Che è ormai la via dei paesi industrializzati. In Italia, però (che ha i prezzi dell’energia più alti) c’è ancora chi si ostina a parlare di “tutto rinnovabili”.