AGI – Il patto Socialisti e democratici (S&d) e popolari (Ppe) sull’alternanza alla presidenza del Parlamento europeo si è rotto. Non è ufficiale ma le manovre in corso lasciano poco spazio all’interpretazione.
L’accordo, siglato due anni fa, prevedeva che la presidenza dell’emiciclo sarebbe stata affidata ai socialisti per la prima metà della legislatura e ai popolari per la seconda.
Sembra però che il patto sia destinato a rimanere incompiuto: la linea dei socialisti è di esprimere un candidato proprio perché i tempi sono cambiati.
Inizialmente la motivazione era che il patto verteva sul presidente del gruppo del Ppe Manfred Weber e non su altri. Weber ha fatto un passo indietro perché preferisce correre la presidenza del partito. Ma lui stesso ha più volte precisato che nell’accordo non c’era il nome suo ma del gruppo.
I socialisti inoltre accusano i popolari di essere stati i primi a non mantenere la promessa affidando la presidenza dell’eurogruppo all’irlandese Paschal Donohoe (partito Fin Gael del gruppo Ppe) anziché alla socialista spagnola Nadia Calvino. Ma soprattutto in questi due anni sono cambiate tante cose, maggioranza politica in Germania in primis.
I socialisti, che godono di un vento migliore rispetto ai popolari, senza guida del Pe sarebbero esclusi da tutte le principali cariche dell’Ue (la Commissione è in mano a Ursula von der Leyen, Cdu/Ppe; il Consiglio è guidato da Charles Michel, liberali/Renew).
Il risultato è che mercoledì il Ppe sceglierà il proprio candidato, quasi certamente la maltese Roberta Metsola (anche per contare sul pieno appoggio degli italiani di Forza Italia, chiamati a sacrificare un connazionale).
I socialisti, che non hanno ancora aperto la partita delle candidature, molto probabilmente si affideranno nuovamente a Sassoli, deciso a correre per tenersi lo scranno più alto a Strasburgo.
Il confronto interno al gruppo S&d è già avviato: si è tenuta una prima riunione in cui Sassoli ha dettato la linea. “Non siamo qui a parlare di me. Sono al servizio del mio gruppo. Ma non possiamo permetterci di portare questa casa alle elezioni con una coalizione a trazione conservatrice”, ha rivendicato.
“Sarebbe un errore politico in un momento in cui in Europa siamo in vantaggio come famiglia politica. Non è accettabile farci portare alle elezioni europee da un circolo di conservatori”, ha aggiunto Sassoli.
Anche il vice presidente della Commissione, Frans Timmermans, non vede “nessun motivo per cui un patto fatto due anni fa sia da ostacolo”. “Dobbiamo essere più sicuri del nostro ruolo politico. Noi siamo in crescita e i conservatori stanno perdendo terreno”, ha esortato l’esponente socialista olandese.
“I primi a trasgredire l’accordo sono stati i popolari con il cambio all’Eurogruppo. E oggi è un altro mondo rispetto a due anni fa”, ha accusato l’eurodeputata del Pd, Patrizia Toia. “Il Parlamento è stato protagonista grazie al presidente Sassoli. Ora non possiamo permetterci di spostare equilibri politici in favore dei conservatori”, ha confermato la vice presidente del gruppo, l’eurodeputata del Pd, Simona Bonafè.
Ovviamente non è una partita che si gioca solo tra Ppe e S&d. Ma molti, al momento, restano a guardare.
A partire dal gruppo Renew (che faceva parte del primo accordo) ma che ancora non si sbilancia, fiducioso – secondo il neo capogruppo Stephane Sejourne – si possa raggiungere un accordo a tre. In realtà, secondo le fonti di Strasburgo, i liberali sono propensi a sostenere chi, in cambio, garantirà loro di mantenere la poltrona del presidente del Consiglio europeo.
Gli altri, Sinistra ed Ecr avranno i propri candidati. I Verdi valuteranno in base ai nomi che saranno proposti (con una maggiore inclinazione verso un nome femminile). Id resta in disparte, nella speranza (o in attesa) che qualcuno bussi alla porta chiedendo voti.
Source: agi