AGI – L’arresto, oggi a Parigi dello zio, tra i principali indiziati del presunto omicidio, mette un punto ferma nell’indagine sulla scomparsa di Saman Abbas, la 18enne pachistana scomparsa nel nulla il 1 maggio scorso. Più volte si è sembrati vicini a una soluzione, quantomeno con il ritrovamento del corpo a lungo cercato nelle campagna dell’Emiliano, e altrettanti sono stati gli ‘stop’ all’indagine che però non si è mai fermata in ambito italiano, europeo e internazionale.
Le ricerche della vittima sono state sospese lo scorso 12 luglio, dopo 67 giorni col fiato sospeso, a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, nell’area rurale dove si presume possa essere stato sepolto il corpo. Gli inquirenti ipotizzano che la ragazza possa essere stata uccisa dopo aver rifiutato un matrimonio combinato e che il corpo sia stato sotterrato nelle campagne vicino all’azienda agricola dove lavorano i parenti.
Si è scavato in vari punti del terreno, cercato in serre, pozzi e porcilaie, anche con l’aiuto dei cani più addestrati messi a disposizione dalla polizia tedesca del land della Baviera: sono state usate tutte le ultime tecnologie, compresi due archeologi volontari.
Ora invece le indagini dei militari dell’Arma sono diventate più ‘tecniche’ mentre si attendono risposte delle autorità del Pakistan dopo la richiesta di estradizione inoltrata per poter consegnare alla giustizia italiana i familiari latitanti. Il ministero della Giustizia ha disposto l’inserimento dei nomi del padre e della madre di Saman nella banca dati Interpol, cosa che equivale a una richiesta di arresto, ovunque siano.
Una volta che i due saranno localizzati o arrestati dalle autorità di polizia locali, il ministero inoltrerà la domanda di estradizione. Figura centrale è sempre stata però quella dello zio e di due cugini di cui uno arrestato e in carcere a Reggio Emilia. Testimone coraggioso contro la famiglia, il fratello 16enne di Saman, che ha confermato la sua testimonianza anche nel corso dell’incidente probatorio del 18 giugno scorso.
Il ragazzo ha confermato davanti al gip quanto aveva già riferito agli inquirenti in precedenza: ovvero che a uccidere la sorella sarebbe stato lo zio Danish Hasnain. Il fratello della ragazza scomparsa è stato affidato a una struttura protetta per il pericolo di ritorsioni.
Recentemente, la Regione Emilia Romagna, tramite la Fondazione Vittime dei Reati, ha deciso di sostenerlo economicamente visto il difficile futuro che dovrà affrontare senza l’appoggio dei familiari. “Un ragazzo – ha sottolineato la Regione – che ha reso una testimonianza fondamentale per le indagini, ribellandosi all’omertà familiare”.
Estradato il 9 giugno scorso dalla Francia dove è stato arrestato, il cugino invece di Saman Abbaas, Ikram Ijaz, già interrogato due volte dagli inquirenti: nell’interrogatorio di garanzia, davanti al gip Luca Ramponi, presente anche un interprete di lingua ‘punjabi’- si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ha rilasciato solo dichiarazioni spontanee negando il suo coinvolgimento nella scomparsa della ragazza e dicendosi pronto a chiarire i fatti, e a fornire indicazioni sui suoi propri spostamenti.
Nei giorni precedenti l’interrogatorio era emerso un filmato che mostrava il giovane assieme ad altri parenti mentre si dirigeva con una pala verso i campi dove – sospettano gli inquirenti – potrebbe essere nascosto il cadavere di Saman. A non voler credere alla morte della giovane, resta solo il fidanzato: “Ho ancora la speranza che Saman sia viva“, ha detto prima di essere sentito come teste in tribunale il 23 luglio scorso. “Secondo me è sequestrata da qualche parte. Bisogna continuare a cercarla”, aveva detto uscendo dal tribunale. “Non ho paura. Ora non mi interessa neanche della mia vita perché è importante solo Saman”.
Source: agi