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La Torre di Pisa è un maestoso strumento musicale mai completato

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AGI – Un maestoso strumento musicale. Anche questo sarebbe dovuto essere il campanile più famoso del mondo, la Torre di Pisa. La suggestiva e affascinante ‘ricostruzione’ del progetto iniziale della Torre – iniziato nel 1173 da Bonanno Pisano e poi ripreso nel 1275 da Giovanni di Simone e concluso da Giovanni di Nicola Pisano -, è di Piero Pierotti, già professore di Storia dell’architettura medievale dell’Università di Pisa, che anticipa all’AGI uno degli studi di prossima uscita nel volume ‘I veri miracoli di Piazza dei Miracoli’, in cui presenta una serie di elementi sconosciuti o meno noti sui monumenti di una delle piazze più visitate e conosciute al mondo.

Meravigliosi concerti

Meravigliosi concerti, secondo quanto emerso dalle ricerche dello studioso, avrebbero dovuto risuonare dalla cella della Torre pendente, provvista di dodici alloggiamenti per le campane, ciascuna delle quali corrispondente a note e semitoni.

“Sotto le maestranze di Giovanni di Simone e, dopo la sua morte, del figlio Guido, la Torre aveva raggiunto quella che forse si considerava una sommità non superabile, oltre la quale poteva essere rischioso continuare”, così lo storico dell’architettura ripercorre l’inizio dei lavori alla Torre.

“Gli alloggiamenti per le campane”, spiega lo storico, “erano sei, aperti e pronti, ricavati nel perimetro circolare del sodo murario. La costruzione era in apparenza completata ma non aveva raggiunto l’altezza di progetto. Giovanni Pisano, mettendo a frutto la sua consolidata esperienza di architetto estremo, mise da parte i timori e concluse l’edificio all’altezza di progetto: cento braccia”.

“Per bilanciare il carico costruì una seconda cella campanaria, rientrata e poggiata sul perimetro murario interno della Torre, in modo da accentrare il baricentro. In sommità lasciò un’apertura circolare, che consentiva di guardare il cielo dal fondo del cilindro, come probabilmente era previsto, e anche questo servì ad alleggerire la nuova aggiunta. La forma finale che essa assunse faceva della Torre un enorme puntatore celeste e forse, essendo chiuse tutte le entrate di luce lungo la parete, creava un effetto cannocchiale che rendeva possibile osservare le stelle anche in condizioni d’illuminazione diurna”.

Dodici campane per le festività solenni

Pierotti evidenzia la prima novità: Giovanni Pisano cambia la tradizione del castello di campane. “Giovanni – spiega – sviluppò un’altra caratteristica importante. Di solito il castello delle campane era costituito da una struttura in legno, sospesa internamente alla sommità del campanile. Sfruttava il vuoto sottostante come cassa di risonanza ma presentava due limitazioni: non consentiva di osservare il cielo e il numero delle campane era ridotto. Distribuendole invece lungo il perimetro circolare della Torre esso ne poteva contenere di più e a piacimento. Giovanni di Simone aveva già creato sei alloggiamenti perimetrali per le campane, tutti uguali (vi sono tuttora, al penultimo livello). Giovanni di Nicola ne creò altri dodici, sei grandi e sei piccoli, ma questa volta il ricorso insistito al numero sei aveva una valenza ulteriore”. Erano difatti dodici come le note musicali. Perché? Cosa lo ispirò? “Due secoli e mezzo prima – ricostruisce il professor Pierotti -, Guido d’Arezzo, monaco benedettino, aveva scritto il testo che riformava il modo di scrivere la musica ideando e adottando un metodo facile da imparare e applicare. La sua scala musicale si basava su sei tonalità (l’esacordo)”.

Tornando a Pisa, perché dodici campane?

“Per le festività solenni – afferma lo studioso -; forse anche in altre occasioni si realizzavano veri concerti, di solito con le campane suonate a martello. Sei alloggiamenti piccoli più sei alloggiamenti grandi potevano corrispondere a due esacordi con due diverse scale di tonalità”. Secondo il docente, una così vasta articolazione e precisione, concessa alla sonorità delle campane, aveva una ragione. “A Pisa esisteva una scuola importante di maestri campanari – spiega -. Conosciamo i nomi di Bartolomeo, Lotteringio, Guidotto, Andreotto, Giovanni e Bencivenni di Gherardo, Iacopo, un secondo Bartolomeo, Marco (sicuramente attivi fra il 1215 e il 1280) e Nanni. Anch’essi aggiungevano l’aggettivo ‘pisano’ al loro nome, per indicare che a questa scuola prestigiosa appartenevano”. Sulla base di questi elementi lo storico ipotizza il progetto della torre anche come una sorta strumento musicale.
Source: agi


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