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Le emozionanti lettere dei detenuti che rivedono i figli dopo un anno di Covid 

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AGI – “Il 10 luglio alle ore 11:30 ho fatto il mio primo colloquio visivo con mia figlia presso l’area verde, erano nove mesi che non sentivo il profumo e il calore della mia principessa, posso dire di avere provato un’emozione indescrivibile, qualcosa di superlativo”.

C’è un nuovo spazio verde nel carcere di San Vittore, diretto da Giacinto Siciliano, che per i detenuti è diventato simbolo di libertà, se così si può dire in questo luogo. Qui sono ripresi da poco più di un mese i colloqui dopo la lunga sospensione dovuta al Covid, qui alcuni hanno visto “per la prima volta – spiega Francesco Maisto, il Garante dei loro diritti a Milano – figli o nipoti nati durante questo tempo. Sono i primi passi verso la ripresa dell’affettività per la quale mi batto da mesi”.

“Mi scendono le lacrime, quanto è cresciuta”

Tra i padri che hanno riabbracciato i figli in questo ‘giardino’ con le panche di cemento e le sedie rosse di plastica ci sono dei reclusi della Nave, il reparto ‘modello del carcere milanese guidato da Grazia Bertelli, persone che stanno cercando di liberarsi dalle dipendenze.

Carmelo è uno tra questi. “Quel giorno non stavo nella pelle – prosegue il suo racconto nella missiva letta dall’AGI – non vedevo il momento di vederla ed ecco che subito dopo vedo entrare mia moglie con mia figlia per mano, in me scatta subito quell’emozione che a volte chiamiamo ‘Magone’, mi sono scese anche le lacrime ma devo essere forte per mia figlia. Hanno fatto entrare all’interno dell’area verde me e altre tre persone per un totale di cinque famiglie”.

Ed ecco l’attimo dell’incontro: “Appena Giulia mi ha visto mi è corsa subito incontro chiamandomi: ‘Papiiiii”, mi è saltata addosso, dandomi tantissimi baci e abbracciandomi forte forte. Ho visto quanto era cresciuta sia dal peso che dalla sua altezza, sono andato incontro a mia moglie, che mi ha accolto con un abbraccio degno di amore vero”. “Ci hanno dato la libertà di portare qualsiasi cosa, come cibo e bevande. Posso dire che in quell’ora non sembrava nemmeno di stare in carcere”.

“Faccio le scale con la sensazione di volare”

In un’altra testimonianza, Nicolas esprime il suo sentimento negli attimi prima dell’incontro col figlio che non vede da un anno e mezzo.

“Ore 10:00: eccomi qui in piedi davanti alla mia cella, sto aspettando l’assistente che venga a chiamarmi e quando arriva in me si sprigiona tutta una serie di emozioni che erano ormai sepolte da tanto, tanto tempo. Faccio le scale quasi con la sensazione di volare, passo per il lungo corridoio che mi porta in quell’area verde che per me si chiama speranza, quel giardinetto che per molti può sembrare insignificante ma che per me in quel preciso istante che vedo mio figlio significa tutto, significa gioia, speranza, felicità e allo stesso tempo malinconia e dolore, quando, passata l’unica ora che dopo 18 mesi mi è stata concesso per vedere il mio Angelo, mi vedo costretto a guardarlo mentre se ne andava con le lacrime agli occhi e con lui la mia anima…”.

Anche per Giuseppe l’incontro col figlio di 13 anni, dieci mesi dopo il suo arresto, “è stata un’esplosione di pianti e sorrisi con un po’ d’imbarazzo agli occhi della polizia penitenziaria a due passi da noi”.           

Source: agi


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