“Piena consonanza di vedute” sulla situazione in Tunisia è stata espressa in una telefonata tra il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio ed il collega francese, Yves Le Drian. Secondo quanto riferisce la Farnesina in un tweet, i due ministri hanno “auspicato il rispetto dello stato di diritto e il ritorno al normale funzionamento delle istituzioni per rispondere alla crisi sanitaria, economica e sociale“.
Di Maio e Le Drian hanno quindi espresso “impegno comune a sostegno della stabilità”.
A Tunisi Ennahda, obiettivo dello scontro istituzionale aperto dal presidente tunisino, Kais Saied, rinuncia a chiamare la piazza e apre al dialogo. Il partito islamista moderato finisce però nel mirino della magistratura, che lo sta indagando per finanziamenti illeciti.
I tafferugli di lunedì scorso davanti al Parlamento tra simpatizzanti di Saied e sostenitori di Ennahda sono rimasti un episodio isolato.
Gli islamisti moderati hanno abbassato i toni e la loro portavoce, Sana Mersni, ha ribadito la disponibilità a considerare la crisi chiusa se verranno convocate elezioni parlamentari e presidenziali anticipate.
Non sono però ancora chiare le intenzioni di Saied, che domenica scorsa ha assunto il potere esecutivo, sospeso per 30 giorni l’attività del Parlamento ed esautorato il premier Hichem Mechichi e il presidente dell’emiciclo, Rached Ghannouchi, leader di Ennahda.
Martedì Ghannouchi si era detto pronto a mobilitare la sua fazione ma la minaccia di Saied di reagire con una “pioggia di proiettili” a eventuali tumulti sembra essere stata recepita.
Il presidente non ha ancora nominato il nuovo premier che dovrebbe assisterlo nell’attività di governo ma ha continuato a far fuori i funzionari che considera un ostacolo. Dopo i ministri di Giustizia e Difesa, Saied ha rimosso per decreto una ventina di alte cariche tra le quali spiccano il procuratore generale Tawfiq al Ayouni, il segretario generale del governo Walid al Dhahabi, il capo di gabinetto Al Muizz e numerosi consiglieri di Mechichi.
A Tunisi la situazione appare tranquilla. Il coprifuoco dalle 19 alle 6, che avrebbe dovuto scadere oggi, non è stato ancora revocato. Mezzi dell’esercito presidiano la centrale Avenue Bourghiba, sulla quale affacciano alcuni dei principali edifici istituzionali, pronti a sedare possibili disordini.
L’atteggiamento conciliante di Ennahda dà la misura di quanto debole si percepisca il partito che è stato il maggiore obiettivo delle manifestazioni che, domenica scorsa, hanno preceduto il colpo di mano del presidente.
Un ritorno alle urne potrebbe riservare brutte sorprese agli islamisti, che al momento controllano circa un quarto dei seggi ma sono additati come i principali colpevoli della paralisi politica che ha impedito al governo di rispondere in maniera adeguata all’epidemia di Covid-19, che ha causato 18 mila morti in un Paese di 11 milioni di abitanti, e alle sue conseguenze economiche, con la chiusura dei flussi turistici che ha fatto esplodere la disoccupazione, in particolare tra i giovani.
Per questo Saied, oltre all’appoggio dell’esercito, può anche contare sul sostegno dei sindacati, che hanno canalizzato la rabbia delle migliaia di cittadini senza lavoro.
Oltre al malcontento popolare, Ennahda deve affrontare ora l’inchiesta per finanziamenti illeciti dall’estero aperta dal tribunale di primo grado di Tunisi, che ha coinvolto anche Qalb Tounes, formazione laica sua alleata in Parlamento, e Ayich Tounes, partito fondato nel 2018 dall’imprenditrice filantropa Olfa Terras. Il portavoce del tribunale, Mohsen Dali, ha assicurato che le indagini, che riguardano alcuni contratti con “lobby e gruppi di pressione”, erano state aperte lo scorso 14 luglio e ha ribadito l’indipendenza della magistratura.
Saida Ounissi, una parlamentare di Ennahda, ha confermato che la conclusione dell’inchiesta è stata notificata giorni fa ma ha affermato che la notizia è stata diffusa per inscenare un processo mediatico.
Per quanto Ennahda abbia formalmente reciso gli antichi legami con i Fratelli Musulmani, Ghannouchi è sempre rimasto molto vicino ai grandi sponsor di questa organizzazione, ovvero la Turchia e il Qatar.
L’evacuazione, lunedì scorso, della sede tunisina della televisione qatariota Al Jazeera appare, da questo punto di vista, come più di un indizio.
L’attività degli inquirenti non appare destinata a fermarsi qua. Nabil Karoui, il magnate della televisione a capo di Qalb Tounes, ha diversi procedimenti aperti per reati finanziari, alcuni dei quali gli sono costati più volte detenzioni cautelari.
Nelle scorse ore è stata inoltre perquisita l’abitazione di Rached Kiari, un parlamentare membro del movimento islamista Karama che sostiene di essere in possesso di documenti che proverebbero finanziamenti illeciti ricevuti, a sua volta, da Saied. Con la sospensione dell’immunità parlamentare decisa dal presidente, che si è detto deciso a sradicare la corruzione che affligge la politica tunisina, i giudici hanno un grande spazio di manovra.
Saied sembra quindi avere un alleato che gli potrebbe consentire di far piazza pulita dei suoi avversari senza ricorrere alla forza.
Source: agiestero