AGI – Il caso è aperto. Non è più una provocazione trumpiana. Le indagini sono serie. Le agenzie di intelligence americane hanno aperto il file sull’origine del Covid-19: un coronavirus di pipistrello modificato nel laboratorio di Wuhan che potrebbe essere alla base della pandemia. Lo fanno trapelare funzionari del governo di Washington, mentre l’ipotesi di un’origine non naturale del Covid-19 prende slancio, con tanto di mea culpa da parte della stampa mainstream americana che l’avrebbe scartata a priori solo perché cavalcata da The Donald.
“È vero, penso che molta gente avesse gli occhi foderati di prosciutto”, ammette Jonathan Karl del network Abc durante il programma della domenica “This Week”, “questa è stata un’ipotesi avanzata prima da Mike Pompeo, segretario di Stato, e Donald Trump. Ebbene, alcune cose possono essere vere anche se è Donald Trump a dirle. Solo che Trump diceva anche molto altro, fuori controllo, con connotazioni razziste, parlando di ‘Kung Flu’ e ‘China virus’”. È un’indagine ad alta tensione. L’ex capo dei Cdc (Centers for Disease Control and prevention) Robert Redfield ha rivelato nei giorni scorsi di aver subito minacce di morte per aver sostenuto che il Covid proviene dal laboratorio di Wuhan.
Il virus al vaglio degli 007 statunitensi, denominato RaTG13, sarebbe stato citato per la prima volta a gennaio in un report del dipartimento di Stato. Lo stesso mese, il virologo Steven Quay (che ha partecipato a uno studio sul virus del Dipartimento di Stato) ha pubblicato una ricerca intitolata: “Un’analisi bayesiana conclude al di là di ogni ragionevole dubbio che il Sar-Cov-2 non è una zoonosi naturale, ma piuttosto derivata in laboratorio”). Quay descrive l’RaTG13 come “un’entità non puramente biologica, ma che mostra evidenze di manipolazioni genetiche in laboratorio”. Attenzione al calendario. Il 24 maggio Quay viene ascoltato al Congresso. Il 26 maggio Joe Biden annuncia un’indagine da completare entro 90 giorni sulle origini del coronavirus.
Domanda, perché ha aspettato fino a maggio? Ecco la risposta della portavoce della Casa Bianca Jen Psaki: “Il presidente ha in realtà chiesto alla comunità di intelligence di fare una valutazione, di avviare un’inchiesta interna, che gli è stata presentata a marzo. Quando è stata completata, diverse settimane fa, ha chiesto di renderla pubblica, di desecretare le informazioni. Questo è un processo che richiede tempo. Una volta ottenuto il risultato dell’indagine, ci sono state presentate una serie di opzioni per una comunicazione pubblica, e il presidente ha deciso di voler fare un esame ancora più approfondito, con i nostri scienziati di laboratorio e esperti, coinvolgendo più membri del nostro team di sicurezza nazionale, per vedere se si può scoprire qualcosa di più in questi 90 giorni. È questo il timeline giusto”. Psaki esclude categoricamente che questa ipotesi non sia stata tempestivamente vagliata: “Chiaramente il presidente ha ordinato indagini interne, come avviene in continuazione. Raramente ne parliamo in pubblico. Ci siamo attivati per desecretarle ed è avvenuto all’inizio della sua amministrazione”.
Le nubi sul laboratorio cinese si fanno sempre più dense dopo il report dei servizi americani, (inizialmente secretato) pubblicato dal Wall Street Journal, sui “tre ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan che si sono ammalati a novembre del 2019”, un mese prima della divulgazione ufficiale dei primi casi di Covid-19 nella città dove tutto è partito. Sospetti accreditati nelle ultime ore da Anthony Fauci. Il virologo più noto e ascoltato del pianeta, direttore dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive (Niaid) chiede alla Cina di poter vedere 9 cartelle cliniche, quelle dei 3 ricercatori di Wuhan che si sono ammalati nel 2019 e quelle dei sei minatori (di cui 3 morti) che si sono ammalati dopo essere stati in una caverna di pipistrelli nel 2012, successivamente esplorata da scienziati del laboratorio cinese per prelevare dei campioni. “Cosa dicono le cartelle cliniche di queste persone? Erano portatori del virus?
È del tutto plausibile – dice Fauci al Financial Times – sia che l’origine del Sars-CoV-2 sia nella caverna e che abbia iniziato a diffondersi in modo naturale e sia che sia che abbia fatto un passaggio in laboratorio”.
Un virologo americano che preferisce non essere citato, spiega all’AGI che l’RaTG13 non rappresenta necessariamente un immediato precursore del Sar-CoV-2 ma questo non ne riduce la rilevanza perché potrebbe fornire informazioni importanti su come possa essere stato modificato o replicato. Indiscrezioni, sospetti. Il Sunday Times di Londra, scrive di spie britanniche che inizialmente avevano escluso l’ipotesi di un’origine in laboratorio del coronavirus e che ora la considerano possibile. “Potrebbero esserci prove che ci portano in una direzione o nell’altra, ma i cinesi mentiranno in ogni caso, non credo che sapremo mai la verità”, dice al quotidiano della City uno degli 007 britannici che ora lavorano con l’intelligence americana per verificare l’ipotesi di un origine in provetta del Covid. Le indagini sono molto serie. E a Pechino hanno capito l’impatto del cambio di guida alla Casa Bianca, non c’è più Trump e con Biden ora c’è il consenso globale che prima mancava per far decollare l’inchiesta. Il caso è aperto.
Source: agi