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Nel Pd è confronto sull'agenda Draghi. Letta: "Avanti con la nostra identità"

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AGI – Il sostegno al governo Draghi è leale, ma il Pd rimarca la necessità di mantenere una propria identità, per rafforzarsi senza mettere a repentaglio la maggioranza. La posizione di Letta ribadita anche venerdì mattina è nota. L’apprezzamento per il lavoro del premier è totale, “penso – ha sostenuto – sia un’esperienza governo molto positiva, le vaccinazioni stanno andando molto bene, l’Italia ha presentato un grande e importante piano a Bruxelles per le riforme. Adesso bisogna che queste riforme si facciano: le più importanti sono la riforma della giustizia, quella del fisco e le semplificazioni”.

Ma nel Pd il confronto è aperto perché una parte del partito vorrebbe una maggiore caratterizzazione dem sull’agenda del presidente del Consiglio. Insomma una linea ‘senza se e senza ma’. Ieri, secondo quanto si apprende, durante l’assemblea i senatori hanno discusso su un sondaggio commissionato dal gruppo su come viene percepito dagli elettori il lavoro del Pd, soprattutto in riferimento alle categorie Istat.

Più fifucia in Draghi che in Conte

I dati parlano di una maggiore fiducia in Draghi rispetto che in Conte, di un partito che – spiega una fonte parlamentare che ha letto il sondaggio – viene ancora considerato distante da alcune categorie, che registra un calo di consensi tra le donne e una connotazione positiva per quanto riguarda le mosse dem sul ddl Zan e sulla dote ai diciottenni ma – sottolineano le stesse fonti – è emerso che si tratta comunque di temi divisivi che non aumentano il consenso elettorale.

Il sondaggio sul posizionamento del Pd ha innescato diversi interventi tra i senatori, alcuni come Pinotti e Zanda hanno sottolineato che i quesiti avrebbero dovuto comprendere anche la domanda su quali partiti vengono avvertiti più vicini al presidente del Consiglio. Altri, invece, hanno evidenziato un ‘disallineamento’ con la linea del premier, rimarcando come sia necessario ‘intestarsi’ proprio il lavoro dell’ex numero uno della Bce.

Oggi, tra l’altro, sul ‘Foglio’, il ministro della Difesa Guerini ha argomentato che l’esigenza di questo governo è quella di fare le riforme chieste dal presidente della Repubblica e utili al Paese. “Sono anche convinto – ha ragionato – che in una stagione come quella che stiamo vivendo sia inevitabile per tutti i partiti, per raggiungere obiettivi ambiziosi, cedere a volte qualcosa rispetto alle proprie posizioni di partenza per trovare convergenze alte su obiettivi condivisi in quanto necessari”. “Ha ragione il ministro Guerini. L’agenda del Pd deve coincidere con quella di Draghi, senza se e senza ma. Chi si oppone al governo, si oppone al Pd. Le riforme, la crescita, le semplificazioni, il lavoro, sono da sempre le nostre battaglie”, ha affermato il senatore dem Marcucci.

“Pensare ai giovani”

È il tempo di pensare ai giovani. E chi è più ricco ci pensi di più. Non mi pare un’eresia. Nè una cosa cosi’ rivoluzionaria. Mi pare solo buon senso”, la strategia di Letta, “su questo non mollo”. Del resto secondo un sondaggio commissionato dall’istituto Piepoli il 51% degli italiani è d’accordo con la proposta del segretario del Pd di creare una dote per i 18enni e di finanziarla aumentando la tassa di successione per i patrimoni oltre i 5 milioni di euro. “I prossimi mesi sono quelli della riforma della giustizia e del fisco: un fisco meno punitivo nei confronti dei redditi medio bassi e che avvantaggi la fedeltà fiscale”, ripete il segretario dem.

L’ex presidente del Consiglio ha chiarito anche il suo pensiero sul tema giustizia, ha apprezzato il metodo portato avanti dal ministro Cartabia. L’apertura di Bettini sul referendum di Salvini viene considerato nel Pd come una iniziativa personale, il referendum come uno strumento importante in sè ma che in questo contesto non aiuta, anzi porta il leader della Lega a non assumersi le proprie responsabilità.

Letta venerdì ha lavorato anche sul ‘dossier’ immigrazione, arriverà una proposta del Pd in vista del Consiglio europeo del 25 giugno. La presa di posizione di Berlino e Parigi sul criterio di ricollocamento dei migranti è stata considerata da Salvini e Meloni un assist a chi vedeva solo nel gruppo di Visegrad i ‘nemici’ dell’Italia. Ma sulla necessità di abbracciare in ‘toto’ l’agenda Draghi c’è fibrillazione soprattutto nel Movimento 5 stelle. “No a restare al governo a tutti i costi”, la posizione dei pentastellati. 

Source: agi


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