AGI – Sono solo due, tra le decine di potenziali contendenti, i candidati che lo scorso 3 maggio hanno avuto il via libera della Corte costituzionale siriana per sfidare Bashar al-Assad alle presidenziali di mercoledì 26 maggio. Si tratta del vicecapo di gabinetto, Abdallah Sallum Abdallah, e di Mahmoud Ahmed Marei, un avvocato che guida il Fronte Oppositore Democratico, una coalizione di sei partiti formata nel 2018 e tollerata dal regime.
Al potere da 21 anni, Assad si prepara al suo quarto settennato. La guerra civile che strazia il Paese da dieci anni non si è ancora conclusa ma il contesto non è certo lo stesso della precedente consultazione. Grazie al sostegno di Russia e Iran, Assad è riuscito a riprendere il controllo di gran parte del Paese, con quel che resta dell’Isis ridotto alla guerriglia nel deserto e le altre formazioni ribelli sunnite, dai jihadisti salafiti del Fronte Al-Nusra al Libero Esercito Siriano oggi fedele ad Ankara, confinate per lo più nella provincia settentrionale di Idlib.
Se, per quanto riguarda la sicurezza, la situazione è tornata a una relativa normalità in diverse aree del Paese, le condizioni economiche dei siriani rimangono assai deteriorate, soprattutto a causa del crollo della lira siriana. Assad è intervenuto aumentando gli stipendi dei dipendenti pubblici, perseguendo gli speculatori e portando il tasso di cambio ufficiale in linea con quello del mercato nero. Gli oppositori sostengono però che da queste misure beneficeranno solo gli alawiti, ovvero la setta sciita alla quale appartiene la famiglia Assad, minoranza nel Paese.
Martedì è stata una giornata di riflessione: le manifestazioni e gli eventi elettorali che hanno inondato le strade di Damasco nei giorni scorsi sono stati sostituiti dal silenzio e dalla tranquillità prima del voto, le prime presidenziali da quando il governo ha ripreso il controllo dalla maggior parte delle province dopo anni di conflitto armato. Più di 18 milioni di siriani (all’interno e all’esterno del paese) sono chiamati a votare in un’elezione in cui Assad parte favorito.
Un membro della Commissione giudiziaria suprema per le elezioni, Heba Seif al Din, ha spiegato a Efe che i responsabili di ogni seggio elettorale apriranno le urne alla presenza dei rappresentanti dei candidati per “assicurarsi che siano vuote” prima dell’apertura dei seggi; da parte loro, gli elettori dovranno presentare la loro carta d’identità o un documento militare per ricevere una busta “firmata e sigillata” e procedere al deposito della scheda elettorale.
Il presidente siriano, salito alla guida del Paese dopo la morte di suo padre nel 2000, dovrebbe essere rieletto con facilità: alle elezioni del 2014, quando per la prima volta in mezzo secolo si presentò più di un candidato dopo le modifiche alla Costituzione varate in seguito alle proteste iniziate nel 2011, Assad conquisto’ l’88,7% dei suffragi.
Per accattivarsi le fasce della popolazione che lo guardano con freddezza, Assad ha comunque varato alcune amnistie, prima per i renitenti alla leva e per i responsabili di piccoli crimini, poi, lo scorso 11 maggio, a favore di centinaia di funzionari pubblici, giudici, avvocati e giornalisti che erano stati arrestati nei mesi scorsi per violazione della nuove legge sulla sicurezza informatica che punisce le critiche al governo espresse tramite le reti sociali.
Sono misure che non bastano sicuramente a convincere la comunità internazionale, che ritiene le elezioni illegittime, soprattutto perché è stato impedito di presentarsi a chi è lontano dalla Siria da 10 anni, ovvero era fuggito dal Paese all’inizio della guerra civile che ha causato centinaia di migliaia di morti e ha sfollato, sia all’interno che all’esterno, oltre metà della popolazione. Le Nazioni Unite hanno fatto sapere che il voto non rispetta le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che chiedono un processo politico per porre fine al conflitto, una nuova costituzione e libere elezioni sotto la supervisione dell’Onu.
Un portavoce del dipartimento di Stato ha dichiarato lo scorso 21 aprile ad al Jazeera che il voto “non sarà né libero né equo” e che pertanto la consultazione “non può essere ritenuta credibile”. Anche Parigi ha espresso forte scetticismo. Il ministero degli Esteri francese ha sottolineato in una nota che le elezioni presidenziali non saranno “né libere né legittime” e ha accusato Assad di servirsene per aggirare la “soluzione politica” chiesta da Onu e Unione Europea, ovvero una trattativa che metta intorno a un tavolo il regime con i diversi settori dell’opposizione, con l’esclusione di terroristi, jihadisti e altri gruppi armati.
Molti siriani che vivono all’estero hanno già potuto votare nei giorni scorsi presso le ambasciate di Damasco dei Paesi dove risiedono. Non sono mancate tensioni. Dal Libano, dove vivono un milione di rifugiati siriani, sono giunte testimonianze video di scontri tra gli oppositori di Assad e i suoi sostenitori, portati a votare a bordo di autobus messi a disposizione da organizzazioni sciite.
Source: agi