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“Ho smontato il mito dei Florio per raccontare i veri Leoni di Sicilia”

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AGI – Nel giorno in cui esce “il libro più atteso dell’anno” – come lo hanno definito i librai che sperano in un bestseller per risollevare le sorti del mercato – lei è a scuola. Per una giornata qualunque, con gli studenti della scuola Paolo Borsellino di Palermo, dove non ha smesso di insegnare nemmeno per un giorno, dove continua a dedicarsi ai ragazzi con la stessa passione con cui per più di cinque anni ha ricostruito la saga della famiglia Florio.

Una passione e una famiglia che le hanno portato fortuna, rendendola un’autrice da 650 mila copie con ‘I leoni di Sicilia’ e dalle grandissime aspettative per il seguito: ‘L’inverno dei leoni’ (editrice Nord, 688 pagine, 19 euro) che arriva nelle librerie oggi, già forte di migliaia di prenotazioni. AGI l’ha intervistata durante la ricreazione, tra una lezione e l’altra, per farsi raccontare come sono i Florio che questo secondo capitolo racconta al lettore.

Il primo capitolo era segnato dai sentimenti e dalle passioni che animavano i personaggi e determinavano le loro mosse e anche questa seconda e ultima parte si concentra sugli aspetti più intimi degli straordinari protagonisti di un’epoca che va dal 1865 al 1935: Ignazio Florio e Giovanna D’Ondes Trigona prima e Ignazio Jr. e Donna Franca poi. Che Florio racconta questo volume?

“Ho cercato di restituire loro verosimiglianza e verità chi vuole un saggio di natura economica deve rivolgersi altrove perché nel mio, che è un romanzo, troverà dei Florio vitali, che hanno dalla loro una società che finalmente li ha accolti pienamente e che riesce a riconoscerli come gli alfieri di un nuovo modo di vivere e di essere. Sono i portabandiera di una nuova vita, di una nuova era, ma allo stesso tempo sono segnati dalle passioni, dalla capacità che hanno di un vivere un mondo che cambia. La prima generazione (quella di Ignazio e Donna Giovanna), è molto presente a se stessa e completamente calata nel mondo in vui vive, mentre la generazione che segue, (quella di Ignazieddu e Donna Franca) comincia ad avere una sorta di sfasamento e scollamento che poi porterà alla dissoluzione dell’impero familiare”.

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La copertina de L’inverno dei Leoni

Nel secolo che è passato dall’apice della loro magnificenza, i Florio – specie Ignazio Jr e Franca – sono stati oggetto di un’opera di mitizzazione che ha rasentato il folclore. Una patina che ‘L’inverno dei leoni’ cerca di grattare via?

“Franca e Ignazio sono due personaggi mitici e io smonto un po’ questo mito. So già che ci sarà qualcuno che storcerà il naso, ma non volevo un ‘effetto santino’. Nel caso di Franca, ad esempio, mi sono resa conto che era una donna profondamente vera, profondamente sola e alla fine, come tutti noi, indossava delle maschere che servivano a proteggere la sua grandissima fragilità. Era una donna a suo modo straordinaria, ma nel contempo profondamente umana, che ha finito per diventare vittima di se stessa”.

Si è a lungo dibattuto sul repentino declino della fortuna dei Florio, indagandone le ragioni e l’ineluttabilità. Poteva finire atrimenti? 

“Sarebbe potuta finire in modo meno rovinoso, ma sarebbe comunque finita. Probabilmente qualcosa sarebbe stata diversa se Ignazio Sr fosse vissuto più a lungo: la casa commerciale avrebbe avuto maggiore solidità, sarebbe stato in grado di leggere con maggiore acume i tempi e i grandi cambiamenti politici che si stavano verificando, cosa che invece il figlio non era del tutto in grado di fare e che forse non aveva nemmeno la voglia di fare. Ma è la Storia a dettare i tempi e a creare il mito e a far sì che grandi figure finiscano in modo ignominioso”.

Il successo della saga dei leoni va di pari passo con la riscoperta di una famiglia che per decenni, in particolare nella coscienza dei siciliani, è stata oggetto di una sorta di rimozione, nonostante i saggi – economici e di costume – che le sono stati dedicati.

“Se da una parte si parlava dei Florio solo per raccontare della ‘collana dei tradimenti’ di Donna Franca o del suo ritratto fatto da Giovanni Boldini nel 1924, o della Targa che porta il loro nome (elementi quasi folcloristici) e l’unico interesse degli studiosi era legato alla parte economica, dall’altra c’era la voglia di conoscere che persone fossero queste figure davvero straordinarie. La damnatio memoriae di cui fu vittima la famiglia era il frutto del tracollo economico: la città, soprattutto Palermo, ma anche Marsala e Favignana, hanno vissuto il violento contraccolpo della perdita del potere della famiglia. Ci furono un depauperamento del tessuto produttivo e una drastica caduta dell’occupazione. È ovvio che se da una parte veniva cristallizzata la memoria di una Palermo felicissima, dall’altra c’era la consapevolezza che questa Palermo non fosse poi così felicissima. C’erano troppe luci e ombre e solo mettendo una certa distanza si poteva guardare oggettivamente a quelle che sono state le conseguenze di questo disastro finanziario. Credo che oggi abbiamo la lucidità per poter cominciare a capire e per restituire a questa famiglia il rango e le responsabilità che le spettano. Se il mio romanzo servirà a creare una spinta per una forte storiografia scientifica, ben venga. Oggi si oscilla tra due modi di considerare i Florio: degli sciagurati che dissiparono una fortuna o delle vittime degli industriali del nord e del governo di Roma. La verità, come sempre, sta nel mezzo. Spero che il mio romanzo possa portare a una maggiore attenzione e soprattutto un maggiore equilibrio nei confronti della loro storia”.