di Antonino Gulisano
“La giustizia è il primo requisito delle istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero filosofico della conoscenza. Una teoria, per quanto semplice ed elegante, deve essere abbandonata o modificata se non è vera. Allo stesso modo, leggi e istituzioni, non importa quanto efficienti e ben congegnate, devono essere riformate o abolite se sono ingiuste.”
È l’idea enunciata nella prima pagina di “Una teoria della giustizia” di John Rawls.
Il libro-scandalo dell’ex PM Luca Palamara, intitolato «Il sistema», non ha fatto in tempo a uscire dalle classifiche dei saggi più venduti, dopo lunghissima permanenza ai vertici, che correnti, corvi e complotti all’interno della magistratura hanno già trovato un nuovo cantore, l’avvocato Piero Amara, e un nuovo sistema da raccontare. O non raccontare.
Questa però è un’altra storia, riguarda l’estremo garantismo che in Italia, per uno strano paradosso, si applica solo ai grandi inquisitori. Ne parleremo un’altra volta. Perché alla fin fine, in Italia, non importa chi tu sia e cosa tu faccia per vivere, prosperare o tirare avanti: il cantante o il politico, “l’influencer” o il funzionario televisivo, il PM o il PR. Ci sono ancora alcune cose che ci rendono tutti uguali. Tu, io, loro, tutti. Perché, per essere felici, tutti abbiamo bisogno di un sistema da odiare. O dietro cui nascondere le nostre responsabilità.
In origine, il “sistema” oggetto della contestazione di partiti e movimenti della sinistra e contro il quale non mancava di “scagliarsi” anche la gioventù di estrema destra, era il sistema capitalistico. Magari con l’implicito corollario del sistema democratico, la deprecata “democrazia borghese”. E l’espressione, per quanto generica e retorica, aveva se non altro un senso, denotava qualcosa che era possibile definire in modo abbastanza univoco.
Da tempo però quel genere di retorica ci ha preso la mano, e chissà che non ci sia un qualche paradossale legame tra la diffusione incontrollata di un simile modo di esprimersi e il fatto che, al giorno d’oggi, è difficile trovare un giornalista, un cantante, un idraulico che non si batta “eroicamente” contro il sistema? Ma, di fatto, è scomparso ogni serio tentativo di immaginare davvero, in politica, un qualche sistema alternativo. Perlomeno tra i partiti dell’arco parlamentare, da decenni, non risultano più formazioni intenzionate a fuoriuscire dal sistema capitalistico caratterizzato dal liberismo finanziario e, per fortuna visti gli esiti dei precedenti tentativi, nemmeno per scherzo dal sistema democratico.
Ora però che di quel sistema non è rimasta in piedi pietra su pietra e i partiti di oggi, quando non sono il frutto diretto di quell’ispirazione (la Lega prima, il Movimento 5 stelle poi, compreso il PD), sono ridotti a uno stato talmente misero da non poter spaventare nessuno, vediamo come i sistemi, le trame, i complotti si moltiplichino ovunque, a cominciare da quella magistratura che avrebbe dovuto liberarcene definitivamente.
Quello del “sistema” è infatti quasi sempre un alibi, se non proprio una forma di paranoia, dietro cui si nascondono più burattini che burattinai e moventi assai più banali di quel che si creda. E se alla fine si scoprisse che, nove volte su dieci, non c’è alcun sistema, al massimo qualche modesto tentativo di sistemarsi da parte di qualcuno o di qualche gruppo?
Che la maggior parte dei magistrati non c’entri nulla lo dice lo stesso Palamara. Sono persone che al mattino si alzano, vanno in tribunale, fanno le loro inchieste e vivono una vita comune.
Palamara, però, dice che se volevi fare carriera dovevi entrare nel sistema, altrimenti restavi al palo. Parliamo dunque di una casta ristretta, ma è quella che ha condizionato in maniera importante la politica giudiziaria di questo Paese. Non ci restano che due opzioni: o fare piazza pulita dal punto di vista costituzionale, oppure stare alla finestra ad aspettare che, un pezzo dopo l’altro, il sistema crolli da solo finché, come sostengono molti, non verrà realizzata la separazione delle carriere né la riforma del CSM e della Giustizia. E c’è anche la proposta di una commissione sulla magistratura, che vede contrapposte due scuole di pensiero: quella che teme un’invasione di campo della politica nel potere giudiziario e quella che vuole fare chiarezza su come la giustizia abbia condizionato la politica degli ultimi anni.
Il dovere è quello di riscrivere una storia che si scopre essere stata falsa. Qualsiasi strumento utile è il benvenuto. La storia va riscritta se si scopre che è stata scritta male, altrimenti tramandiamo ai posteri qualcosa che non era vero. Anche la commissione sulla P2 non portò a nulla dal punto di vista giudiziario, però contribuì a scrivere una pagina della storia italiana.
Come ho sempre sostenuto, la Storia va indagata, interpretata, mai falsificata.
In conclusione di questa narrazione stanno per venire al pettine i nodi. Tutto ciò ebbe iniziò nell’anno domini 1993 con la delegittimazione della Politica, dei Partiti tradizionali ideologici, con la ricerca di una democrazia partecipativa attraverso il voto diretto e non mediato, per chiudersi con l’ultimo nodo: la delegittimazione della Magistratura. Un “sistema” definito come scontro tra poteri istituzionali. Infine, la nuda realtà si racchiude in questo scontro frontale tra Poteri istituzionali o nella sistemazione di qualche individualità o gruppo dietro il velo del “Sistema”? Il futuro, comunque, è ancora aperto a riveder le Stelle.