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Dal campo alla tavola, la nuova strategia europea

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Gli obiettivi della strategia “Farm to Fork” (dalla fattoria alla tavola) saranno fondamentali per la definizione dei nuovi Regolamenti della PAC, in attuazione del Recovery Plan, per la redazione del Piano Strategico di conversione ecosostenibile della Politica agricola comunitaria (Pac) il cui processo si è interrotto in Italia a causa dell’emergenza Coronavirus

di Antonino Gulisano

Il cibo europeo è famoso per essere sicuro, nutriente e di alta qualità e potrebbe diventare lo standard globale per la sostenibilità.

Tuttavia i cittadini europei sono sempre più preoccupati per il cibo che mangiano, per l’impatto dell’alimentazione sulla salute e si aspettano trasparenza riguardo ai metodi di produzione alimentare, alla sua origine, al valore nutrizionale e qualità di ciò che hanno nei loro piatti.

Secondo la Commissione Europea le nuove tecnologie, le scoperte scientifiche, unite alla crescente consapevolezza del pubblico in tema di sicurezza alimentare e la crescente domanda di alimenti sostenibili, porteranno benefici a tutte le parti interessate.

La strategia Farm to Fork (dalla fattoria alla tavola) ha l’obiettivo di rafforzerà gli sforzi degli agricoltori e degli operatori della pesca, per combattere e mitigare i cambiamenti climatici, per proteggere l’ambiente e per preservare la biodiversità.

La strategia ha l’ambizione di ridurre significativamente l’uso e il rischio da pesticidi chimici, nonché l’uso di fertilizzanti e antibiotici.

Altro obiettivo della strategia dalla fattoria alla tavola è di favorire soluzioni innovative atte a creare sistemi di economia circolare, al fine di ridurre l’impatto ambientale del settore della trasformazione e della vendita al dettaglio favorendo nuovi approcci sui trasporti, lo stoccaggio, l’imballaggio e i rifiuti alimentari.

Infine, la strategia Farm to Fork stimolerà il consumo alimentare sostenibile e promuoverà alimenti sani a prezzi accessibili per tutti.

La Commissione intende aiutare i consumatori a scegliere diete sane e sostenibili e a ridurre gli sprechi alimentari.

La strategia “dal produttore al consumatore” propone obiettivi ambiziosi in termini di riduzione dell’uso di pesticidi, fertilizzanti chimici e antimicrobici, nonché l’obiettivo di raggiungere il 25 % dei terreni agricoli in agricoltura biologica per promuovere la transizione verso sistemi alimentari sostenibili.

La superficie destinata all’agricoltura biologica nell’Unione europea era di 13,8 milioni di ettari nel 2019, corrispondente all’8,5% della superficie agricola totale. Si tratta di un incremento del 46% se viene considerato il periodo compreso dal 2012 al 2019. Tra gli Stati membri con le maggiori quote di superficie troviamo l’Austria (25,3% della superficie agricola utilizzata totale), Estonia (22,3%) e Svezia (20,4%), seguiti da Repubblica Ceca e Italia (entrambi 15,2 %), Lettonia (14,8%) e Finlandia (13,5%).

La riduzione delle emissioni di carbonio provenienti dall’agricoltura è certamente la priorità. Non dobbiamo tuttavia trascurare l’impatto climatico di tutti gli altri settori della produzione alimentare, come il confezionamento, la trasformazione e la distribuzione dei prodotti. È pertanto essenziale che la strategia “dal produttore al consumatore” proponga obiettivi ambiziosi per la riduzione delle sostanze inquinanti.

Dobbiamo soprattutto continuare a finanziare lo sviluppo rurale per assicurare una transizione sostenibile.

La politica agricola comune (PAC) è uno strumento fondamentale per l’attuazione sia della strategia “dal produttore al consumatore” che della strategia sulla biodiversità. La PAC mira a garantire protezione economica ai produttori e a facilitare un accesso sicuro ai terreni agricoli, in particolare per i piccoli e medi produttori più vulnerabili. La PAC dovrebbe inoltre fornire adeguati sistemi di incentivi per motivare gli agricoltori a orientarsi verso pratiche più ecocompatibili.

In che modo le amministrazioni locali e regionali possono contribuire alla creazione di sistemi alimentari più sostenibili?

Il livello di “governance” degli enti locali e regionali è un campo di sperimentazione molto fertile. Gli enti territoriali hanno tradizionalmente anticipato le strategie a livello europeo e meritano ora di essere maggiormente coinvolti. Da decenni gli enti locali e regionali di tutta l’UE e a livello internazionale si adoperano per attuare le politiche alimentari locali, istituendo consigli per la politica alimentare o persino bioregioni. Gli Stati membri e l’UE dovrebbero seguire il loro esempio e collaborare con le città e le regioni per diffondere le buone pratiche nate a livello locale. La comunicazione, il sostegno e l’apprendimento reciproco tra tutti i livelli di governo sono più che mai necessari.

Ci chiediamo: gli attuali modelli di consumo alimentare sono insostenibili, dal punto di vista sia sanitario che ambientale? Come si può rimediare?

È tuttavia importante superare una logica di nicchia e fare in modo che le scelte alimentari sane e culturalmente appropriate siano accessibili a tutti.

Dobbiamo difendere il diritto di ciascuno di avere accesso a un’alimentazione sana e sostenibile. I consumatori, comprese le generazioni più vulnerabili e più giovani, hanno bisogno del nostro sostegno, sotto forma di istruzione e di informazioni accurate e trasparenti, nonché di incentivi per cambiare i modelli di consumo.

In che modo la pandemia incide sui sistemi alimentari locali e regionali? Quali iniziative e misure chiave sono state messe in atto per rafforzare i sistemi alimentari locali e regionali in risposta a questa crisi pandemica?

La pandemia ha certamente provocato fratture e cambiamenti. Tra le conseguenze più rilevanti vanno ricordate le maggiori disuguaglianze in termini di accesso ai prodotti alimentari, nonché l’aumento esponenziale dei cittadini alle prese con la povertà economica.

Gli enti locali hanno testimoniato come molti cittadini abbiano riscoperto il valore delle filiere corte e del cibo sano, e durante il lockdown (la chiusura di molte attività a causa della pandemia da Covid 19) abbiano dedicato più tempo a cucinare e preparare il cibo a partire da prodotti sani e ingredienti autentici dei nostri territori.

Tutte le Associazioni ed Enti italiani che hanno partecipato alla consultazione sulla strategia “Farm to Fork” sono concordi invece sulla necessità di una forte coerenza tra le diverse politiche dell’Unione e la necessità di aumentare la conoscenza e la consapevolezza di tutti gli attori delle filiere agroalimentari, dall’agricoltore al consumatore, attraverso programmi di educazione al cibo e con etichettature chiare e trasparenti.

Gli obiettivi della strategia “Farm to Fork” saranno fondamentali per la definizione dei nuovi Regolamenti della PAC, ancora in attuazione del Recovery Plan approvato dal Parlamento e dal Consiglio EU, per la redazione del Piano Strategico di conversione ecosostenibile della PAC, il cui processo di condivisione con tutti gli Stakeholder (portatori di interessi) si è interrotto in Italia a causa dell’emergenza coronavirus.

È urgente intervenire subito sul settore della produzione primaria, non per imporre nuove regole, ma per rilanciare e riformare un sistema agroalimentare che proprio in questa crisi sanitaria sta mostrando tutti i suoi punti di debolezza. Ci auguriamo che la presentazione ufficiale della strategia “Farm to Fork” insieme alla nuova strategia UE per la Biodiversità 2030, sia almeno di buon auspicio e rappresenti davvero l’avvio di una transizione ecologica della filiera del cibo in Europa e nel mondo, in coerenza con il Green New Deal della UE e i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 delle Nazioni Unite (SDGs 2030).

Al primo forum nazionale di Legambiente sull’Agroecologia Circolare si sono confrontati agricoltori e aziende del settore agroalimentare delle diverse filiere e comparti, dalla coltivazione, alla trasformazione fino alla vendita, insieme a tecnici, studiosi e istituzioni per stringere un patto che possa rispondere alle crescenti richieste dei consumatori per avere prodotti più sani e per fermare la febbre del pianeta.

Oltre a contribuire fortemente alla crisi climatica, l’agricoltura intensiva, l’eccessivo utilizzo della chimica e la corsa alle rese piuttosto che alla qualità causano anche la perdita di biodiversità, mentre aumentano, in particolare nelle acque, i livelli di sostanze dannose per gli esseri umani.

Ribaltare tutto questo è possibile, ma servono provvedimenti concreti, liberando l’agricoltura dalla dipendenza dalla chimica e puntando con vigore sul biologico che già oggi in Italia ha numeri considerevoli: 2 milioni di ettari coltivati, il 15% della superficie agricola complessiva, 72.000 operatori coinvolti per un fatturato di 3 miliardi di euro l’anno. Per sostenere questo processo è necessario investire sempre più in politiche di ricerca e innovazione per consentire all’agroecologia di affermarsi come punto di riferimento strategico in modo tale che sia presidio sociale dei territori rurali cooperando alle politiche di disinquinamento e di difesa della biodiversità l’obiettivo deve essere quello del raggiungimento del 40% di coltivazioni biologiche rispetto alla superficie agricola entro il 2030, ma anche tempi rapidi per la riduzione dell’utilizzo di pesticidi, il rafforzamento del sistema dei controlli e l’incremento di metodi di coltivazione più sostenibili. Per tutelare la salute dei cittadini, inoltre, occorre stabilire distanze minime di 15 metri rispetto ai trattamenti di pesticidi dalle aree antropizzate (case, scuole aree sportive) per i trattamenti di fitofarmaci, vietandoli nel verde urbano.

Dobbiamo passare da un Cigno Nero a un Cigno Verde. La sfida per la Politica Agricola Comune deve essere l’abbandono della logica dei finanziamenti a pioggia e per ettaro che ha caratterizzato la programmazione precedente e divenire sempre di più un punto di riferimento per chi pratica agricoltura sostenibile, biologica e diminuisce fortemente i carichi emissivi.

Ridurre l’uso di sostanze inquinamenti e dannose significa anche combattere le sacche di illegalità ancora presenti nel comparto agricolo. È molto importante dare sostegno alle iniziative volte al contrasto del caporalato: dove non c’è rispetto del lavoro e della legalità è assai difficile che ci sia rispetto della salute dei cittadini e dell’ambiente.