Type to search

13 maggio 1909. Parte da Piazzale Loreto il primo Giro d’Italia

Share

 

di Lorenzo Lavacca

Era il lontano 1909. L’Italia giolittiana si preparava, seppur inconsciamente, allo scoppio della Grande guerra e la sua popolazione, intorno ai 33 milioni, cominciava lentamente a trarre beneficio dall’ondata di innovazione tecnologica giunta d’oltralpe e che i francesi stessi definivano Belle Epoque. I suoi operai guadagnavano 2 lire al giorno, il costo medio di un chilo di pane, e in una situazione di analfabetismo diffuso il voto era ancora un lusso per pochi. Eppure fu un periodo radioso per la storia italiana che culminò con importanti eventi storici di quell’anno: a febbraio Filippo Tommaso Marinetti pubblica il Manifesto del futurismo e qualche mese dopo Guglielmo Marconi avrebbe vinto il Nobel per la Fisica, ma soprattutto nel maggio 1909 la Gazzetta dello Sport organizza il primo Giro d’Italia.

In quel periodo in Italia il calcio era ancora poca roba e anche se non esistevano i miti su Coppi e Bartali la gente seguiva con interesse la scherma, il pugilato, il canottaggio e, appunto, il ciclismo. Le gare nei velodromi erano seguitissime, ma le gare su strada stavano diventando una piacevole novità. Nel 1870 si era corsa una Firenze-Pistoia, nel 1876 la prima Milano-Torino. Il Tour de France si correva dal 1903, organizzato da L’Auto, il quotidiano che sarebbe poi diventato L’Equipe. E così La Gazzetta dello Sport, nata nel 1896 dalla fusione dei periodici Il Ciclista e La Tripletta, prendendo spunto dalla competizione francese, organizzò un percorso di 2448 chilometri che si sarebbero percorsi in otto tappe e un montepremi complessivo di 25mila lire, l’equivalente di un centinaio di migliaia di euro oggi.

Già nel 1908 la Gazzetta aveva pensato di organizzare un Giro ciclistico d’Italia ma se la stava prendendo con calma, visti i dubbi su chi avrebbe pagato le spese. Nell’agosto di quell’anno Gatti, fondatore della ditta di biciclette Atala, era però venuto a sapere che il Corriere della Sera, coadiuvato dalla ditta concorrente Bianchi e il Touring Club Italiano avevano avuto la stessa idea e se la stavano prendendo con meno calma. Corriere e Gazzetta non erano ancora dello stesso editore e Gatti, saputa la cosa, lo disse a Tullo Morgagni, caporedattore della Gazzetta. Il 5 agosto Morgagni scrisse quindi un telegramma a Eugenio Camillo Costamagna e Armando Cougnet, direttore e direttore amministrativo della Gazzetta, entrambi fuori città: «Improrogabili necessità obbligano Gazzetta a lanciare subito Giro d’Italia. Ritorna a Milano. Tullio». Tornarono lestamente e il 24 agosto la Gazzetta annunciò con titolone in prima pagina che nel 1909 avrebbe organizzato insieme all’Atala di Gatti il primo Giro d’Italia.

Trovati i soldi, Cougnet – che aveva già fatto esperienza pianificando la Milano-Sanremo – divenne il vero organizzatore del Giro. Perfezionò il percorso e definì i dettagli: otto tappe con partenza e arrivo finale a Milano, da corrersi tra il 13 e il 30 maggio, con passaggi a Bologna, Roma, Napoli, Firenze, Genova e Torino. Chiese anche al pilota Felice Nazzaro di fare una ricognizione del percorso. Cougnet dovette poi pensare al regolamento: la classifica finale sarebbe stata a punti e non a tempo, perché così faceva il Tour e perché così sarebbe stato tutto molto più semplice. Il primo di ogni tappa avrebbe preso un punto, il secondo due, il terzo tre; e così via fino alla metà dei corridori al traguardo. Tutti quelli nella seconda metà avrebbero preso cinquanta punti. Vinceva chi alla fine aveva meno punti. La maglia rosa ancora non c’era: sarebbe arrivata nel 1933.

Il primo Giro d’Italia partì nella notte tra il 12 e il 13 marzo da rondò Loreto di Milano, che ancora non si chiamava piazzale, e vide la presenza di 127 ciclisti su 166 iscritti. Si partì di notte per due motivi: per dare il tempo ai corridori di finire la corsa prima del tramonto del giorno successivo, e perché una partenza fatta di giorno, magari in un’area più centrale di Milano, avrebbe creato problemi per via dei troppi tifosi. Il ciclismo era infatti seguitissimo e quel primo Giro era molto atteso. Il più anziano tra i 127 era Enrico Nanni, 44 anni. Molti avevano tra i venti e i trent’anni, quasi tutti erano poveri o comunque non ricchi.

A spuntarla fu un certo Luigi Ganna: 25 anni, nono figlio di due contadini, abitava a Induno (VA) ed ogni giorno andava a Milano in bici per fare il muratore. Cougnet lo definì «quadrato e dolce negli occhi, in una superba sicurezza di sé». Era arrivato quinto al Tour del 1908 e pochi mesi prima del Giro aveva vinto la Milano-Sanremo: un predestinato alla vittoria, per intenderci.

Dopo quell’edizione, il Giro d’Italia si tenne per altre 5 volte prima di essere interrotto dal 1915-1918 per lo scoppio della guerra. Sospeso anche in occasione della seconda guerra mondiale, la passione per questo sport e per questo torneo in particolare è stata una costante di tutti questi anni, ciò che ha reso grandi ciclisti come Girardengo, Binda, Coppi e Bartali delle intramontabili icone italiane di sport e i simboli di una competizione sana e virtuosa che oggi forse non c’è più.