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"Con l’uscita della Russia dall’Iss finisce un’era", dice Guidoni

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AGI – Mentre gli astronauti a bordo della Space X si installano nella Stazione spaziale internazionale (Iss), in molti sulla Terra si chiedono quale sia il destino di questa importante infrastruttura ingegneristica, scientifica e politica che ha tenuto insieme, per diversi anni, le ex potenze protagoniste della Guerra Fredda. Tra loro, Umberto Guidoni, astrofisico, divulgatore e scrittore italiano, nonché primo astronauta europeo a visitare la Stazione spaziale internazionale.

Guidoni commenta all’AGI la situazione che caratterizza la stazione orbitante e il recente annuncio della Russia, che ha manifestato l’intenzione di allontanarsi definitivamente dal progetto e di realizzare una stazione orbitante esclusivamente sovietica entro il prossimo decennio. “La notizia della separazione della Russia dal progetto della Stazione spaziale internazionale rappresenta il segnale della fine di un’era di collaborazione iniziata molto tempo fa“.

Dopo oltre 20 anni di operazioni, missioni e spedizioni, la Iss potrebbe infatti a breve trovarsi sul punto di un “cambio di rotta” radicale. Esiste anche il piano statunitense di privatizzare l’Iss, che potrebbe quindi divenire meta turistica e allo stesso tempo proseguire le attività di ricerca, anche se in ambito privato.

Sviluppata con lo scopo di testare tecnologie per l’esplorazione spaziale e di fornire un ambiente di ricerca ad hoc, la Iss nasce da un sogno di collaborazione, condivisione e ricerca, a cui attualmente partecipano gli Stati Uniti con la Nasa, la Russia con la Roscosmos, o RKA, l’Europa con l’Esa e le sue divisioni, il Giappone con la Jaxa e il Canada con la CSA-ASC.

Da quando il 2 novembre 2000 il primo equipaggio si è insediato sulla stazione orbitante, gli ambienti che costituiscono le sue sezioni non sono mai stati abbandonati. Negli anni, moltissimi astronauti provenienti da diversi paesi si sono susseguiti a bordo, decollando dalle piattaforme di lancio, principalmente sovietiche e americane, e raggiungendo l’orbita bassa compresa tra i 330 e 410 chilometri dal livello del mare in cui si trova la stazione.

Secondo la Nasa, sono 243 i visitatori totali della stazione spaziale. Gli equipaggi conducono esperimenti di biologia, chimica, medicina, fisiologia e fisica, ma si occupano anche di eseguire osservazioni astronomiche e meteorologiche. Fin dagli albori del progetto,il contributo delle varie nazioni partecipanti è stato fondamentale non solo per l’assemblaggio della stazione orbitante, che ha richiesto diversi anni, ma anche per il raggiungimento dei vari obiettivi delle missioni eseguite a bordo.

È proprio di questa settimana l’annuncio della Russia in cui la nazione ha esplicitato l’intenzione di ritirarsi dal progetto Iss entro il 2025.

“Anche per il futuro dell’esplorazione spaziale – sostiene Guidoni – sembra che ci saranno degli spostamenti negli equilibri internazionali, con le agenzie spaziali russa e cinese da un lato e la Nasa con i partner europei, giapponesi e canadesi che si dedicheranno a progetti differenziati”.

L’idea, spiega l’astronauta, è quella di costruire una piccola stazione orbitante, la Lunar Gateway, in cui saranno coinvolti gli stessi attori della Iss originale, meno la parte sovietica, che, insieme alla Cina, è orientata verso la costruzione di un’altra stazione spaziale e verso la (ri)conquista della Luna.

La collaborazione internazionale che da sempre ha caratterizzato il progetto Iss potrebbe venir meno anche in vista della privatizzazione di diversi settori di esplorazione spaziale. Oltre a SpaceX, l’agenzia fondata dall’imprenditore Elon Musk, già a capo di Tesla, sempre più aziende private si stanno cimentando nella destinazione di fondi a progetti in ambito spaziale.

La stessa sostituzione dei moduli più vecchi della stazione orbitante è gestita dalla società privata americana Axiom, che mira a possedere e gestire la prima stazione spaziale commerciale al mondo, con l’obiettivo di realizzare un’infrastruttura commerciale per rendere reale per quante più persone possibili il sogno dello spazio.

L’esplorazione spaziale si sta effettivamente spostando verso una Space economy sempre più orientata al turismo spaziale, che muove verso la creazione e l’impiego di beni, risorse e servizi nell’ambito dello spazio extra-atmosferico.

“È evidente che ci troviamo in una nuova ‘corsa allo spazio’ – afferma l’astronauta – ma questa volta sono coinvolti anche molti soggetti privati che spesso realizzano successi e traguardi in brevissimo tempo, basti pensare alle conquiste di SpaceX o di Boeing in ambito spaziale”.

La capsula Crew Dragon, della compagnia di Musk, ha portato a bordo della Iss quattro astronauti, due americani, un giapponese e un francese. Non da meno, la Boeing sta invece ultimando i test per un altro veicolo, lo Starliner, in grado di portare a destinazione i prossimi avventori dello spazio.

La compagnia Axiom ha poi annunciato che nei prossimi mesi porterà un equipaggio di civili in orbita, a conoscere il cosmo un po’ piu’ da vicino”, continua Guidoni. “l prezzo del biglietto è ovviamente ancora esorbitante, e in pochissimi hanno potuto permettersi quelle cifre, ma ci avviciniamo a un’era in cui non sarà necessario essere astronauti per poter raggiungere lo spazio”.

“C’è il progetto di girare pellicole cinematografiche e quello di costruire un albergo per turisti, tutto ben al di sopra della superficie terrestre – osserva – ma gli investimenti sono ancora molto ingenti e credo che sia opportuno attendere qualche decennio prima di una vera e propria Space economy. I fondi necessari a questi ambiti sono davvero proibitivi, i rischi e i ritardi sono ancora all’ordine del giorno”.

Dunque i tempi non sono immediati: “La navetta di Elon Musk doveva essere realizzata circa cinque anni fa, per cui è davvero prematuro pensare a un futuro in cui sarà possibile viaggiare tranquillamente verso le stelle pagando il biglietto, sebbene le tecnologie e le innovazioni siano sempre più scientificamente avanzate”, prosegue Guidoni.

Le difficoltà di realizzazione, i rischi, le incognite, i dubbi, le paure e le complicazioni dello spazio, d’altro canto, rappresentano gli aspetti più intriganti dell’avventura umana nel cosmo, insieme alle possibili applicazioni dei concetti scientifici sviluppati in ambito di ricerca spaziale.

La conquista dello spazio, in effetti, può essere considerata fin dalla “corsa alla Luna” in gran parte come esibizione di potenza economica, dimostrazione di prestigio e di innovazione, per cui le tecnologie e i successi raggiunti dalle varie parti in gioco non possono prescindere dal ritorno economico, militare e sociale che la ricerca spaziale può portare.

I dispositivi e le conoscenze derivanti dalle missioni verso la Luna hanno portato a una drastica accelerazione nello sviluppo tecnologico – commenta ancora Guidoni – e questo forte legame tra l’innovazione e la ricerca spaziale, che secondo me rappresenta la punta di diamante della ricerca scientifica, è ancora oggi molto forte e significativo. Molti dei dispositivi che utilizziamo nella nostra vita quotidiana derivano proprio dagli studi in ambito spaziale e sono disponibili proprio per via del lavoro svolto in questi anni”.

In un ambiente ostile e complicato come lo spazio, precisa l’astronauta, è fondamentale poter contare sulle migliori tecnologie. Le ricerche e gli esperimenti condotti sulla Stazione spaziale internazionale, inoltre, hanno spesso applicazioni anche per il modo in cui affrontiamo gli ostacoli quotidiani.

“L’obiettivo finale è molto importante – aggiunge Guidoni – e una volta che la tecnologia sperimentata è matura è più facile adattarne l’uso per la vita sulla Terra. Per fare un solo esempio, allo scopo di rendere agevole il lavaggio di indumenti sulla Iss, che attualmente vengono spediti puliti dalla superficie del pianeta, si parlava di realizzare una lavatrice in grado di effettuare i cicli di lavaggio consumando solo cinque litri, invece dei 50 e oltre necessari attualmente. Con la crisi energetica in atto, è ovvio pensare all’importanza di un’innovazione del genere”.

“Anche Marte rappresenta un obiettivo importantissimo – conclude Guidoni – le tecnologie che svilupperemo per rendere utilizzabile il suolo del Pianeta rosso potrebbero rivelarsi fondamentali anche in molte zone della Terra, dove non sempre vengono destinati i fondi, le risorse e gli sforzi necessari. I dispositivi, le tecniche e gli accorgimenti che saranno indispensabili per la vita sulla Luna o su Marte saranno un giorno disponibili anche in molte zone ‘difficili’ della Terra, specialmente se non impariamo a prenderci cura della nostra casa. In generale possiamo affermare che guardare alle stelle può essere un modo per osservare con occhi diversi anche il nostro pianeta”.

Source: agi


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