AGI – È una questione matematica: l’immunità di gregge non potrà essere raggiunta in Italia entro agosto e neanche a settembre, in quanto sebbene il numero dei vaccini stia volando, mancano all’appello gli under 18, per i quali non è in corso alcun tipo di vaccinazione anti Covid. A chiarirlo è il professor Fabrizio Pregliasco, virologo e docente dell’Università Statale di Milano, contattato dall’AGI.
Dunque, sebbene le vaccinazioni abbiano superato quota 15 mila e con le dosi in arrivo nei prossimi mesi, entro luglio si potrebbe arrivare a vaccinare il 70% degli adulti, manca comunque all’appello la fascia da 1 a 18 anni. A ipotizzare che nell’arco di un paio di mesi, tra agosto e settembre, avremmo potuto raggiungere l’immunità di gregge era stata Maria Stella Gelmini, ministro per gli affari regionali.
Ma come spiega Pregliasco “l’immunità di gregge a settembre non riusciremo a raggiungerla in senso stretto perché i vaccini non si stanno facendo a tutti: solo dai maggiorenni in su. Per i più giovani gli studi sono ancora in corso. E abbiamo visto che i piccoli sono dei veri untori della malattia”. “E comunque, anche quando questi studi saranno pronti, credo presto, poi ci vorranno le dosi di vaccino, e magari ci vorrà anche la voglia di vaccinarsi”.
Dunque “l’obiettivo è un aspetto tendenziale ‘verso’ l’immunità di gregge e di risultato e di normalizzazione”. “Il primo giro di questa campagna vaccinale – precisa il virologo – servirà per abbassare in modo molto evidente l’incidenza della malattia e ci permetterà di vivere meglio”.
Questo virus non se ne andrà tanto facilmente “di fatto, resterà con noi almeno per altri due anni”, quindi fino all’estate del 2023, questa la previsione di Pregliasco “e dovremo fare delle dosi di richiamo come per l’influenza, con dei vaccini aggiornati con le varianti che ci saranno”.
Accorciare i tempi sta anche alla nostra responsabilità: “potremo aprire davvero se non esagereremo in questa fase iniziale”. “Il rischio calcolato” di cui ha parlato il presidente del Consiglio Mario Draghi “ha comunque un prezzo da pagare, vuol dire casi. Dobbiamo capire che non è un ‘liberi tutti’ come avvenuto l’anno scorso. Ma mi rendo conto che la misura era necessaria. Alcuni colleghi sono stati più ‘severi’ nel commentare le decisioni di Draghi. Penso siano decisioni politiche, con la ‘P’ maiuscola, nel senso di una scelta di sintesi e di mediazione tra esigenze di sanità pubblica in senso stringente e di vita“.
Tra pochi giorni si celebrerà la giornata nazionale della lotta alla trombosi, e molti esperti dicono che si rischia di più con il covid che a farsi vaccinare, quale che sia il vaccino utilizzato. “Sono assolutamente d’accordo. Il solo fumare, al di là degli altri guai che causa, determina un rischio di trombosi 500 volte maggiore. E noi accettiamo questo rischio sul fumo, in modo anche più stupido, in quanto non ci da alcun vantaggio”, e magari rifiutiamo un vaccino che ci può salvare la vita.
Source: agi