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Le interviste degli altri (IL RIFORMISTA – Emma Bonino «LA MADRE DI TUTTE LE RIFORME? NON HO DUBBI: È LA GIUSTIZIA»)

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Umberto De Giovannangeli · apr 17, 2021

Azzardo Afghanistan «Spero di essere smentita, ma temo che con il ritiro delle forze dall’Afghanistan, incluse le nostre, possa succedere il peggio. Siamo sicuri che, dopo vent’anni, non stiamo riconsegnando quel povero paese a forze estremiste, integraliste, talebane? Io no»
«Non so cosa succederà, temo il peggio ma mi auguro di essere smentita, con il ritiro delle forze dall’Afghanistan. Non sono così sicura che non stiamo riconsegnando il povero Afghanistan, dopo vent’anni, a forze estremiste, integraliste, talebane». Ad affermarlo in una lunga intervista al Riformista è la senatrice Emma Bonino. L’uscita di Draghi su Erdogan “dittatore”? C’è un «grande dilemma tra promozione dei diritti umani e interdipendenze economiche. A meno che tu decida che commerci solo con la Svizzera, ma il petrolio non lo si trova lì». Con la storica leader radicale abbiamo parlato anche di diritti: «Immigrazione, eutanasia, cannabis: c’è tutta un’agenda che il Parlamento può portare avanti senza tirare in ballo il governo». E della giustizia dice: «Quella penale è la madre di tutte le riforme».
«Tocca il rapporto fiduciario tra Stato e cittadini, non è un mezzo di lotta politica né di moralizzazione». I diritti civili? «Il parlamento ha i cassetti pieni di leggi popolari: immigrazione, eutanasia, cannabis. Non c’è bisogno di tirare in ballo il governo»
Idiritti non vanno in quarantena. La loro tutela è un compito che spetta non solo al governo ma che investe in prima battuta il Parlamento. A sostenerlo è Emma Bonino, già ministra degli Esteri e Commissaria europea per le emergenze umanitarie, leader storica dei Radicali e oggi senatrice.
In tempi di pandemia, nell’agenda politica il tema della tutela dei diritti sembra essere stato bandito, in nome di quello che lei ha definito il “benaltrismo”. Ma una democrazia che fa questo non è una democrazia gravemente malata?
Non so se è malata la democrazia, mi sembra forse un po’ malato il sistema dei partiti. Un po’ tanto. Draghi è stato molto netto e molto chiaro su questo: la mia priorità, a parte la scena mondiale e quindi Europa e Stati Uniti, è il vaccino. Perché solo riuscendo a fare questa campagna possiamo pensare alla ripresa economica. In tutto questo, tra pochi giorni dovrà consegnare il Recovery plan italiano, che peraltro prevede, su mandato dell’Unione europea, tre mega riforme che fanno tremare i polsi anche solo a elencarle. Lui ha chiarito molto bene quale siano le priorità del Governo. Questo non toglie che c’è tutta un’agenda che può fare il Parlamento senza tirare in ballo il Governo.
Per esempio?
Per esempio tirando fuori dai cassetti tutte le leggi di iniziativa popolare che là giacciono a prendere polvere. Parlo di “Ero straniero” (per la riforma delle politiche sull’immigrazione ndr), parlo di eutanasia, parlo della cannabis… Non è che l’attività del Governo esaurisca tutti i temi. C’è un’agibilità e un dovere parlamentare che si può e si deve praticare, a meno che non si dica che adesso abbiamo altri pensieri…
Il “benaltrismo”, per l’appunto…
Sui temi dei diritti civili c’è sempre un’altra priorità, normalmente. Bisogna trovare il modo, di solito lungo e tortuoso, per cui possano e debbano diventare una priorità. Magari lo sono per i cittadini e non lo sono per i partiti, ma questa è una storia antica. Insisto su questo punto: l’attività governativa non esaurisce l’attività politica, specialmente dei cittadini e del Parlamento.
Questa crisi pandemica ha acuito e moltiplicato le disuguaglianze sociali. Ma i diritti sociali sembrano essere altra cosa, nel dibattito politico, rispetto ai diritti umani e civili. Non è tempo che i diritti umani tengano dentro anche quelli sociali?
Perché no? Peraltro, anche i diritti civili sono sempre stati, checché ne abbiano detto il Pci e la Dc, diritti sociali. La legalizzazione dell’aborto non è che interessava tanto le signore ricche, che potevano andare a Londra. Pesava invece su quelle meno abbienti che dovevano arrangiarsi come potevano, anche a rischio della loro vita. Questa concezione per cui i diritti civili sarebbero contrapposti ai diritti sociali, è una concezione che io non ho mai accettato. Un caso di specie è quello della giustizia. Questa è stata la differenza culturale tra noi Radicali e la sinistra tradizionale, con eccezioni spesso dei socialisti.
A proposito di ciò che si muove nel tormentato campo della sinistra. È un destino fatale che in quel campo ci si divida sempre, arrivando anche alla scissione dell’atomo?
Senza andare troppo indietro nella storia. Guardiamo all’oggi: Covid, gestione della crisi pandemica, arrivo del governo Draghi: un combinato disposto che ha squassato tutti i partiti dall’interno, per una ragione o per l’altra. Anche la destra, che sembra così monolitica in effetti non lo è. Lo vedo in Parlamento, tra una posizione scomoda ma comunque accettata da Salvini di far parte della maggioranza, e la posizione di Fratelli d’Italia che mostra una lacerazione profonda, in Italia e in Europa, del centrodestra. A sinistra la crisi arriva anche da prima. Nel Pd, il neo segretario Enrico Letta sta al momento prendendo le misure di tutte le forze politiche. Ma prima o poi questa “misurazione” dovrà sfociare in una linea più chiara e comprensibile a tutti. Per ora non è così.
A proposito di chiarezza rispetto ad alcuni importanti passaggi politici e istituzionali. In una intervista a questo giornale, Goffredo Bettini, personalità importante e autorevole del Partito democratico, ha argomentato la tesi per cui il governo Conte II sia caduto vittima di un complotto dei “salotti buoni” della borghesia. Lei che a suo tempo negò la fiducia al Conte II, si sente parte di questo complotto?
Si sarebbe trattato di un complotto mondiale, perché il Covid ha toccato tutti i Paesi. Non ho capito molto bene questa storia del complotto. Quello che ho capito è che Letta era arrivato tentando, e spero che ci riesca, di sciogliere le correnti. Peccato che non solo stanno ancora tutte lì ma Bettini ne sta creando un’altra. Quanto poi alla narrazione, perché tale è, di un Governo guidato da un “tecnico”, dando peraltro a questo termine un’accezione negativa, mi permetto di ricordare che anche da presidente della Banca centrale europea, Draghi ha fatto scelte politiche e su temi di rilevanza vitale per l’Europa e per l’Italia. Il suo è a tutti gli effetti un Governo tutto politico, che è cosa diversa da tutto partitico. A distanza di poco più di due mesi dalla sua nascita, resto convinta ancor di più che il governo Draghi sia una grande opportunità per il Paese. E penso anche che nel sostegno convinto a questo Governo possa anche definirsi un comune progetto politico-elettorale tra forze liberal-democratiche, europeiste, riformatrici ed ecologiste.
Andando oltre l’orizzonte nazionale. Cosa ne pensa dell’uscita del presidente Draghi sul “dittatore” Erdogan? C’è chi ha storto il naso definendo inopportuna, quella uscita, per gli interessi nazionale. Lei cosa ne dice?
Dico che questo è il dilemma, sempre, nel rapporto tra promozione dei diritti e interdipendenze economiche. È così. A meno che tu decida che commerci solo con la Svizzera, ma il petrolio non lo si trova lì, né in Svezia. Da qui il grande dilemma, che non nasce certo oggi, della politica estera tra la promozione dei diritti umani e la salvaguardia di interdipendenze economiche, e quindi sociali e di posti di lavoro. Tutte le volte bisogna trovare, caso per caso, a parte le dichiarazioni di principio e l’enunciazione dei valori, delle soluzioni che consentano di fare qualche passetto in avanti. Ma non è che ci possiamo mettere a bombardare il mondo. Qui risiede l’importanza della diplomazia e questo è il grande problema, da sempre, per chi si occupa di politica estera. Pensiamo all’oggi: io non so cosa succederà, temo il peggio ma mi auguro di essere smentita, con il ritiro delle forze dall’Afghanistan, comprese le nostre. Io non sono così sicura che non stiamo riconsegnando il povero Afghanistan, dopo vent’anni, a forze estremiste, integraliste, talebane. Capisco che dopo vent’anni, oltre duemila marines morti e quant’altro, nostri anche, ci sia questa decisione di uscita. Non so valutarne le conseguenze.
Tornando all’Italia. In precedenza lei ha fatto riferimento alle 3 mega riforme che fanno tremare i polsi soltanto a pensarle. Dal suo punto di vista, quale dovrebbe essere la priorità delle priorità?
Per come la vedo io, è la riforma della giustizia e in particolare della giustizia penale. Non sottovaluto ovviamente la riforma dell’amministrazione pubblica, della burocrazia, anzi mi sembra molto importante anche per il rilancio economico. Mi pare si stia dimostrando, giorno dopo giorno, come nodi, strozzamenti, carichi burocratici rallentino qualunque cosa. Ma dal mio punto di vista, la riforma della giustizia penale, e quindi delle carceri, è altrettanto se non di più importante, perché tocca un tema fondamentale che è il rapporto fiduciario tra Stato e cittadini. Io, ma per fortuna non sono da sola a sostenerlo, penso che la giustizia sia un’istituzione di garanzia dei diritti dei cittadini, imputati e condannati compresi, non un mezzo di lotta politica, di rivoluzione sociale, né tantomeno di moralizzazione civile. E non credo che la logica dell’emergenza e dell’eccezione ai principi dello stato di diritto possa meritare il nome di giustizia. E non mi rassegno all’idea che la giustizia sia semplicemente la pretesa punitiva dello Stato e che qualunque mezzo possa essere giustificato al servizio di questo fine. Per la tenuta di una democrazia liberale, per la salvaguardia stessa di uno Stato di diritto, a riforma della giustizia mi sembra molto, molto importante. La madre di tutte le riforme.