Che l’ultimo anno sia stato un annus horribilis, non è un mistero.
Il genitore obbligato al mantenimento dei figli e dell’ex coniuge potrebbe dunque trovarsi nell’impossibilità concreta di corrispondere con puntualità e integralmente l’assegno di mantenimento e le spese straordinarie. In tale ipotesi, è necessario adottare iniziative idonee a evitare conseguenze sanzionatorie.
Innanzitutto, il genitore obbligato non potrà sospendere o ridurre in automatico il mantenimento, ma dovrà ricorrere al Tribunale per chiedere la riduzione dell’obbligo impostogli. Il Giudice valuterà quindi la fondatezza dei motivi e l’impossibilità incolpevole a soddisfare le esigenze minime di vita dei soggetti beneficiari, necessaria anche per escludere la responsabilità penale.
Ma la prova dell’impossibilità deve essere data in maniera rigorosa o la pandemia da Covid-19 è di per sé elemento sufficiente?
L’emergenza sanitaria ancora in corso e la crisi economica che ne è derivata integrano sicuramente gli estremi del cosiddetto ‘fatto notorio’, ovvero la “nozione di fatto che rientra nella comune esperienza”, che riguarda cioè fatti acquisiti dalla collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile. Ammissibile dunque in via astratta la richiesta di riduzione dell’assegno a favore dell’ex coniuge o dei figli. Ma di fronte alle tante richieste di riduzione che hanno investito i Tribunali italiani, come si sono espressi i Giudici?
Le decisioni sono state le più varie perché non c’è una normativa nazionale che regolamenti questa situazione di eccezionalità per le famiglie separate. E in mancanza di fondi di solidarietà previsti per i genitori separati/divorziati che versano in seria difficoltà economica, non resta che affidarsi all’Autorità Giudiziaria.
Alcuni Tribunali hanno ridimensionato gli assegni di mantenimento appellandosi al principio del ‘fatto notorio’.
In Umbria, il Tribunale di Terni, con una decisione balzata all’onore della cronaca, ha accolto l’istanza di un marito – libero professionista, consulente di piccole imprese – riducendo l’assegno di mantenimento per i figli da 700 a 400 euro al mese a causa della “presumibile riduzione della attività lavorativa a causa dei riflessi della pandemia sulle attività libero professionali”. Decisione assunta anche in considerazione del fatto che la Signora non aveva contestato la circostanza e che, essendo ella dipendente pubblico, non sarebbe stata suscettibile di alcuna riduzione di stipendio.
In Lombardia, il Tribunale di Milano ha ridotto il mantenimento per l’ex moglie e i figli per un segmento di tempo seguendo quell’orientamento della Cassazione in base al quale, con riferimento a crisi conclamate di aree produttive o settori, è stata ritenuta ammissibile la richiesta di riduzione del mantenimento pur non essendo stata depositata documentazione a conforto della riduzione reddituale, in ragione della crisi che investe il settore specifico.
Analoga posizione è stata assunta in Emilia-Romagna, ove il Tribunale di Rimini ha ribassato l’assegno di mantenimento per una figlia appellandosi al ‘fatto notorio’, ma solo per il periodo più acuto dell’emergenza sanitaria (marzo-giugno 2020) perché la stagione estiva a Rimini si è svolta quasi regolarmente e il marito non ha dimostrato che il lavoro non è ripreso dopo il lockdown.
Altri Tribunali hanno adottato invece soluzioni più rigide, che hanno privilegiato la prova rigorosa dei fatti rispetto al ‘fatto notorio’.
In Lombardia, ad esempio, il Tribunale di Monza non ha fatto sconti a un marito che aveva invocato la riduzione dell’assegno per l’ex moglie adducendo il peggioramento dell’andamento economico dell’azienda nella quale egli lavorava, perché il suo reddito, in concreto, non si era ridotto in maniera significativa.
A Torino, rigettata la richiesta di riduzione di un assegno di divorzio fatta da una moglie – più benestante del marito e titolare di un negozio – per essere stata costretta a chiudere bottega per alcuni mesi: il Giudice ha stabilito che le perdite potevano considerarsi contenute in quanto l’attività, in un settore esclusivo e di nicchia, era proseguita on line. E sempre a Torino, non è stata accolta la richiesta di un marito licenziato in periodo di pandemia, sulla base del presupposto che i suoi redditi erano rimasti stabili nel periodo emergenziale e che il licenziamento era avvenuto per (altra) giusta causa, non risultando peraltro provato se fosse stato poi assunto altrove.
Anche l’esser stato in cassa integrazione non è stato motivo sufficiente, per i Giudici veneti. Il Tribunale di Vicenza ha sentenziato infatti che la CIG è un ammortizzatore sociale che compensa il reddito mensile. Dunque, confermato l’assegno alla ex moglie.
Nelle Marche, il Tribunale di Ancona, dinnanzi ai documenti di un agente di commercio che comprovavano un significativo calo del fatturato lordo nel primo semestre 2020 rispetto a quello del 2019, una contrazione degli ordini del 70% e una riduzione delle provvigioni dipesa dai forti sconti imposti dai fornitori, ha stabilito che “allo stato non si riesce a comprendere quanto la situazione connessa al Covid-19 abbia inciso sul reddito del ricorrente”, e siccome l’assegno per l’ex coniuge era già molto basso (300 euro a fronte di un reddito medio del marito di 2.000 euro mensili), la richiesta di riduzione andava rigettata anche perché l’ex moglie aveva concordato col marito di lasciare il lavoro dopo la nascita del figlio.
Del pari rigettata la richiesta di un marito pugliese – dipendente assunto a contratto – che aveva chiesto la riduzione del mantenimento per l’ex moglie invocando il deterioramento delle sue condizioni economiche connesso alla pandemia: il Tribunale di Bari lo ha ritenuto pienamente capace di lavorare e ha valutato il deterioramento solo temporaneo e contingente.
Pluralità di soluzioni, dunque, dall’esame delle quali emerge che non esiste un automatismo covid=diritto alla diminuzione dell’assegno. La prova della crisi resta quindi di fondamentale importanza.
Source: agi