L’artista: alle nostre assemblee femministe Giorgio origliava
Corriere della Sera
4 aprile 2021
di Mario Luzzatto Fegiz
Madre, attrice, autrice, scrittrice, cantante, femminista, parlamentare, moglie, bella, intelligente, teatrante, politica, sexy. Non necessariamente in quest’ordine. Sipario. È di scena Ombretta Colli. Non occorre accendere i riflettori. Lei ha sempre brillato di luce propria. C’è da perdersi in un curriculum denso di «anni affollati».
Cosa ricorda della sua in vita da bambina in Svizzera? E dell’infanzia genovese?
«Ricordo la precarietà economica della mia famiglia e il disagio collettivo del Dopoguerra. Ma anche tanta voglia di ricostruire. Ricordo il senso di protezione e quindi di sicurezza che ho ricevuto da mia madre. Se ho un carattere forte lo devo a lei: “nonna Franca”, che si è sempre presa cura della nostra figlia Dalia».
È vero che in Italia c’era più solidarietà nel Dopoguerra?
«C’era di tutto. Come sempre accade in situazioni estreme, l’individuo dava il peggio e il meglio di sé. Prevalsero solidarietà, complicità e appartenenza. E rinacque una grande nazione…».
Il primo bacio a Gaber lo dette per denaro…
«Studiavo. E per guadagnare qualcosa facevo la modella. Fui chiamata precipitosamente per delle pose che riguardavano la copertina di un disco in sostituzione di una collega indisposta. Dovevo posare con Giorgio, già allora piuttosto famoso, ma molto nervoso e molto poco disponibile. Già allora certe incombenze professionali lo disturbavano. Fu un approccio tutt’altro che facile e non riuscivamo a trovare feeling. Suggerii un bacio per l’immagine di copertina. La tensione si allentò, ma ci congedammo molto professionalmente convinti che mai più ci saremmo rincontrati».
E invece?
«Ci incontrammo una seconda volta a Roma. Lui rintracciò con fatica il mio albergo e mi chiamò in piena notte dopo una festa in un attico molto elegante. Fui svegliata con grande disappunto nel cuore della notte, ma anche ammirata e intrigata. Tempo dopo primo appuntamento.